Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3543 del 04/02/2022

Cassazione civile sez. I, 04/02/2022, (ud. 04/06/2021, dep. 04/02/2022), n.3543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12905/2020 proposto da:

M.M., (alias M.), elettivamente domiciliato in Roma Via

Asiago 9, presso lo studio dell’avvocato Spighetti Edoardo,

rappresentato e difeso dall’avvocato Guglielmo Silvana;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 734/2020 del TRIBUNALE di CATANZARO,

depositata il 03/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/06/2021 da Dott. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Catanzaro, con decreto n. cronol. 734/2020, depositato in data 3/3/2020, ha respinto la richiesta di M.M. (alias M.), cittadino del (OMISSIS), di riconoscimento, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria o umanitaria.

In particolare, i giudici di merito, disposta una nuova audizione, hanno sostenuto che: il racconto del richiedente (essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine, dopo avere avuto problemi con il proprio datore di lavoro, che non lo pagava e cui lui aveva sottratto della merce, nonché per sfuggire agli attacchi da parte degli anglofoni contro i francofoni, cui un giorno aveva assistito) non era credibile, perché generico, lacunoso e stereotipato, nonché contraddittorio in alcuni punti essenziali (soprattutto in relazione al comportamento del datore di lavoro ed all’episodio dell’attacco degli anglofoni), con conseguente insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett.) e b); neppure poteva essere accolta la richiesta di protezione sussidiaria, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c), non sussistendo nel Paese di provenienza (il (OMISSIS) e nella regione di provenienza il (OMISSIS)) una situazione di conflitti armati o violenza indiscriminata (con da Report Human Rights Watch 2020, Enciclopedia Treccani, ECOI.net); non ricorrevano neppure le condizioni per la protezione per ragioni umanitarie, non essendo state allegate situazioni di vulnerabilità o altre gravi ragioni, né risultando un effettivo radicamento nel territorio italiano (non essendo sufficiente la sola documentazione lavorativa prodotta ed essendo tutti i suoi famigliari in (OMISSIS)).

Avverso la suddetta pronuncia, M.M. propone ricorso per cassazione, notificato il 3/5/2020, affidato a quattro motivi (erroneamente rubricati in ricorso come cinque), nei confronti del Ministero dell’Interno (che dichiara di costituirsi a solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione e mancata applicazione delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2, in relazione al diniego di protezione sussidiaria, in riferimento alla situazione di violenza indiscriminata presente nel Paese d’origine (come allegata sul richiedente, sulla base delle risultanze del Sito “(OMISSIS)”); b) con il secondo motivo, la violazione del disposto del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), sempre in relazione al diniego di protezione sussidiaria stante la mancata valutazione della situazione giudiziaria e carceraria in (OMISSIS) (essendo il richiedente stato accusato del furto della merce del suo datore di lavoro); c) con il terzo motivo, la violazione ed errata applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, in ordine alla valutazione di non credibilità, malgrado il racconto fosse dettagliato e circostanziato e le situazioni fossero documentate dalle COI; d) con il quarto motivo, la violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32 e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, e art. 2 Cost. e artt. 3 e 8 CEDU, in riferimento al diniego di protezione umanitaria.

2. Preliminarmente, va rilevato che, in data 1/6/2021, è stata pubblicata la sentenza n. 15177 delle Sezioni Unite di questa Corte.

Le Sezioni Unite, componendo un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato i seguenti principi di diritto: a) “il D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 13, nella parte in cui prevede che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima” ha richiesto, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi d) rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso”, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore”; b) “La procura speciale per il ricorso per cassazione per le materie regolate dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 13 e dalle disposizioni di legge successive che ad esse rimandano deve contenere in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente”.

Le Sezioni Unite hanno altresì affermato che: “Il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla mancata presenza, all’interno della procura speciale, della data o della certificazione del difensore della sua posteriorità rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, va posto a carico della parte ricorrente e non del difensore, risultando la procura affetta da nullità e non da inesistenza”, considerato che l’inammissibilità del ricorso è conseguente all’assenza di un elemento – la certificazione della data da parte del difensore – che il legislatore ha ritenuto rilevante, cosicché il negozio unilaterale di conferimento del mandato non è inesistente ma invalido.

Va ricordato, invero, che, in sede di conversione del D.L. n. 13 del 2017, con modificazioni, ad opera della L. 13 aprile 2017, n. 46, per quanto riguarda l’art. 35 bis cit., – avente ad oggetto il regime processuale in sede di impugnazione dei provvedimenti delle Commissioni territoriali relativi al rifugio politico ed alla protezione sussidiaria, vale a dire le controversie disciplinate dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 3 e da quelle che allo stesso hanno successivamente rinviato – rimasto invariato il comma 2, il comma 13 è stato parzialmente sostituito nel senso che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”.

Al paragrafo n. 49 della pronuncia, le Sezioni Unite hanno precisato che “non occorre, infatti, che il difensore operi due autonome attestazioni, l’una relativa all’autentica della firma e l’altra alla certificazione della data, risultando sufficiente che anche solo attraverso un’unica asseverazione il difensore dia espressamente conto, anche senza l’uso di formule sacramentali, del fatto che la procura indichi una data successiva alla comunicazione, occorrendo soltanto che risulti in modo esplicito che detto difensore abbia asseverato l’esistenza di una data di rilascio in epoca successiva alla comunicazione del provvedimento”.

3. Nella specie, facendo applicazione dei principi di diritto qui rassegnati, il ricorso per cassazione proposto dal ricorrente va dichiarato inammissibile, in quanto la procura non contiene alcuna espressione dalla quale risulti che il difensore abbia inteso certificare che la data di conferimento della procura sia stata successiva alla comunicazione provvedimento impugnato – nemmeno risultante dalla procura speciale – recando unicamente l’autenticazione della firma con la seguente formula “La firma è autentica”.

4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile. Non v’e’ luogo a provvedere sulle spese processuali non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2022

 

 

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