Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 354 del 10/01/2011

Cassazione civile sez. II, 10/01/2011, (ud. 24/11/2010, dep. 10/01/2011), n.354

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13210-2005 proposto da:

T.G. C.F. (OMISSIS), vedova B. la

quale in proprio, B.A.M. C.F. (OMISSIS), ed

entrambe quali eredi di B.G.C., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE AVEZZANA 51, presso lo studio

dell’avvocato ZOPPIS EUGENIO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato BORI COSTANZO;

– ricorrenti –

contro

G.G.P. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato

ROMANELLI GUIDO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

AIMAR GIOVANNI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2217/2004 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 30/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito l’Avvocato Zoppis Eugenio difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso e della memoria;

udito l’Avv. Romanelli Guido difensore del resistente che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 11-10-1984 G.G. P., proprietario in Comune di (OMISSIS) di una porzione di fabbricato con antistante cortile, censito in catasto al f. 11, mapp. 57/1/A e di un attiguo fondo distinto dal mapp. 56 dello stesso foglio, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Saluzzo i coniugi B.G. e T.G., proprietari del vicino terreno di cui al mapp. 55, per l’accertamento negativo di una servitù di passaggio pedonale e carraio che questi ultimi pretendevano di esercitare lungo uno stretto viottolo insistente sulla sua proprietà, utilizzando un apposito piccolo trattore; in subordine chiedeva accertarsi l’illegittimo ampliamento della servitù quanto al passaggio carraio.

I convenuti costituendosi in giudizio resistevano alla domanda e, in via riconvenzionale, chiedevano accertarsi la costituzione, per immemorabile o comunque per usucapione, di una servitù di passaggio, sia a piedi che con veicoli, di uso pubblico o, in ipotesi, a carattere prediale e volta a collegare il loro fondo con una strada soggetta a pubblico transito.

A seguito della morte del B. il processo era proseguito dalle sue eredi T.G. e B.A.M..

Dopo che l’attore aveva limitato la sua domanda all’accertamento negativo della servitù di passaggio con veicoli, il Tribunale adito con sentenza del 12-4-2002 rigettava la domanda principale e, in accoglimento di quella riconvenzionale, dichiarava che i fondi di parte attrice identificati dal f. 11 e dai mapp. 57/1/A e 56 erano soggetti a pubblico transito, sia pedonale che carraio con mezzi anche meccanici di larghezza non superiore a mt. 1,30.

Proposta impugnazione da parte del G. cui resistevano la T. e la B. la Corte di Appello di Torino con sentenza del 30-12-2004, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato l’inesistenza di servitù di passo carraio sui fondi di proprietà dell’appellante ubicati in Comune di (OMISSIS), distinti dai mapp, 56 e 57 f. 11, in favore del fondo di cui al mapp. 55 stesso foglio, di proprietà delle appellate.

Per la cassazione di tale sentenza la T. e la B. hanno proposto un ricorso basato su tre motivi cui il G. ha resistito con controricorso; le parti hanno successivamente depositato delle memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo le ricorrenti, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver affermato che il viottolo in questione, adoperato dagli abitanti della borgata (OMISSIS) per raggiungere, dalla borgata stessa, gli appezzamenti di terreno situati ad ovest, verso la borgata (OMISSIS), per esercitarvi attività agricole, per le sue caratteristiche (essendo rappresentato, nel tratto iniziale da una porzione di aia privata di ridottissime dimensioni che terminava in un sentiero/mulattiera di scomoda percorribilità), era inidoneo a soddisfare un interesse di ordine generale.

La T. e la B., premesso che la C.T.U. espletata, nel descrivere tale percorso, si era riferita ad un “cortile” e non ad un'”aia”, come invece affermato dal giudice di appello, rilevano che comunque il richiamo al cortile non aveva alcuna corrispondenza con gli elementi emergenti dal giudizio di primo grado, posto che dall’esame della planimetria e delle fotografie allegate alla relazione di C.T.U. non risultava alcun cortile – inteso quest’ultimo come un’area libera scoperta interna a uno o più edifici – ma un’area antistante all’edificio di proprietà del G., in parte destinata alla sede della stradina di cui si tratta, in parte occupata esclusivamente dal proprietario.

Le ricorrenti inoltre sostengono che il richiamo del giudice di appello alle ridotte dimensioni del suddetto viottolo, alla sua scomoda percorribilità ed alla sua forte pendenza sulla falsariga di quanto ritenuto dal C.T.U. ha trascurato la circostanza che tali caratteristiche costituiscono la regola delle stradine di montagna, nelle quali appunto rientrava quella per cui è causa; in tale contesto non è stato tenuto conto che la larghezza minima di metri 1,40 della stradina era del tutto sufficiente in relazione alle dimensioni ben più piccole dei mezzi di trasporto utilizzati in montagna rispetto a quelli adoperati in pianura; del resto dalle prove testimoniali esperite era emerso che gli abitanti della borgata (OMISSIS) esercitavano il passaggio su tale stradina, oltre che a piedi, con bestie da soma cariche di legname e di fieno, con carriole e con slitte e, più avanti nel tempo, con motocoltivatori.

Le ricorrenti infine sostengono che la Corte territoriale non ha attribuito il giusto rilievo al fatto che la stradina in questione era indicata nella cartina dell’Istituto Geografico Militare.

Con il secondo motivo le ricorrenti, deducendo violazione dell’art. 825 c.p.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver affermato che, atteso che i testi escussi avevano riferito di una continuativa attività di passaggio esercitata per raggiungere i fondi agricoli privati, e non per collegarsi ad una strada pubblica, il viottolo suddetto soddisfaceva non una esigenza di carattere generale riferibile agli abitanti della borgata in quanto tali, ma un interesse particolare di quelli tra loro che erano proprietari nella zona di terreni agricoli.

Le ricorrenti rilevano che l’assunto del giudice di appello secondo cui la stradina in questione era stata utilizzata dagli abitanti della borgata (OMISSIS) per esercitarvi attività agricole era frutto di una parziale ed incoerente interpretazione delle risultanze della prova testimoniale, dalla quale era emerso che, se l’uso prevalente della stradina era finalizzato al raggiungimento dei terreni agricoli situati ad ovest di (OMISSIS), la strada medesima era utilizzata dagli abitanti di (OMISSIS) per raggiungere la borgata (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS); inoltre la Corte territoriale non ha considerato che l’assoggettamento di una strada ad uso pubblico è collegato all’uso di essa da parte della generalità degli appartenenti ad una data comunità territoriale, che ben può estrinsecarsi prevalentemente in finalità connesse all’utilizzazione in vario modo dei terreni agricoli; d’altra parte neppure è stato tenuto conto del dato di comune esperienza secondo cui gli abitanti delle borgate di montagna e di campagna hanno sempre utilizzato i loro terreni agricoli non solo per la coltivazione e per l’allevamento, ma anche per altre attività non propriamente agricole, quali il procurarsi legna per il riscaldamento delle abitazioni.

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono infondate.

La Corte territoriale ha escluso la sussistenza nella fattispecie di una strada vicinale di uso pubblico per la ritenuta inidoneità del viottolo sul quale le appellate intendevano esercitare il passaggio a soddisfare un interesse di ordine generale.

Sotto un primo profilo il giudice di appello, premesso che le vie vicinali di uso pubblico debbono essere contraddistinte da un vero e proprio tracciato stradale, ha rilevato che il percorso utilizzato per il passaggio era rappresentato, nel tratto iniziale, da una porzione di aia privata di ridottissime dimensioni (appena metri 1,40 nel punto più stretto e metri 2 in quello più ampio) che terminava in un sentiero/mulattiera di scomoda percorribilità, sommariamente contenuto dall’inserimento nel terreno nudo di grosse pietre, appena segnato sulle cartine militari e, soprattutto, in forte pendenza, tanto da non permettere il transito di carichi consistenti e di una certa larghezza; tale percorso, poi, sulla base della planimetria allegata alla relazione del C.T.U., sembrava collegarsi con una strada comunale anch’essa difficile da percorrere a causa della forte pendenza che la rendeva inaccessibile a mezzi motorizzati.

La sentenza impugnata, poi, rilevato che i testi escussi avevano riferito di una continuativa attività di passaggio esercitata per raggiungere fondi agricoli privati, e non già per collegarsi ad una strada pubblica (finalità questa che, secondo il giudice di appello, pur non essendo indefettibile, è comunque indice primario dell’interesse pubblico al mantenimento di una via vicinale), ha concluso che il suddetto viottolo soddisfaceva non una esigenza di carattere generale riferibile agli abitanti della borgata in quanto tali, ma un interesse particolare di coloro che erano proprietari nella zona di terreni agricoli; tale interesse, quindi, strettamente connesso alla proprietà dei fondi che si collegavano direttamente al percorso del viottolo, era omogeneo, semmai, ad una via vicinale agraria privata o poderale, e non ad una via vicinale di uso pubblico.

E’ opportuno premettere che, avendo la sentenza di primo grado affermato l’esistenza di una servitù di uso pubblico sia pedonale che carraio sulla stradina in questione, ed avendo il G. impugnato tale sentenza limitatamente al riconoscimento della detta servitù tramite passaggio carraio, ne consegue che è ormai passata in giudicato la statuizione del Tribunale di Saluzzo relativamente alla sussistenza sulla suddetta stradina di una servitù di passaggio pedonale; in questa sede, quindi, non può più costituire oggetto di discussione il fatto che la stradina stessa sia gravata o meno da una servitù di uso pubblico di passaggio, essendo invece il “tema decidendum” limitato alla questione se tale servitù sia limitata al passaggio pedonale o invece si estenda anche a quello carraio; sotto tale profilo pertanto le considerazioni della Corte territoriale secondo cui il viottolo per cui è causa non risponderebbe ad una esigenza di carattere generale devono essere disattese perchè in contrasto con l’evidenziato passaggio in giudicato della statuizione al riguardo resa dalla sentenza di primo grado.

Ciò posto, deve peraltro rilevarsi che le affermazioni della sentenza impugnata sulla inidoneità del viottolo in questione per le sue caratteristiche strutturali a consentire il passaggio da parte di una collettività di persone tramite mezzi agricoli come i trattori costituisce una autonoma “ratio decidendi”, sufficiente a sorreggere fa decisione impugnata.

Invero le sopra evidenziate anguste dimensioni del viottolo suddetto, la sua scomoda percorribilità per la mancanza di un fondo battuto, la sua forte pendenza – circostanze emerse all’esito di un accertamento di fatto effettuato sulla base degli elementi probatori acquisiti – hanno logicamente indotto il giudice di appello ad escludere che esso fosse idoneo ad un transito generalizzato mediante mezzi agricoli, non sussistendo nella fattispecie un regolare tracciato stradale, elemento invero indispensabile per potersi configurare una via vicinale di uso pubblico.

Il diverso assunto prospettato dalle ricorrenti si risolve per un verso in un diverso apprezzamento delle caratteristiche oggettive del viottolo, come tale inammissibile in questa sede; per altro verso, poi, il rilievo che la valutazione sulla idoneità del sentiero in questione a consentire un passaggio generalizzato attraverso mezzi agricoli doveva tener conto del fatto che la stradina in questione era ubicata in località di montagna, dove i tracciati stradali per loro natura sono più ridotti, non comporta il venir meno della necessità di valutarne anche in tal caso la concreta ed effettiva praticabilità di tali tracciati tramite i suddetti mezzi, considerato il principio generale che un’area privata può ritenersi assoggettata a servitù pubblica di passaggio allorchè, oltre ai requisiti dell’uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui considerati “uti cives” in quanto portatori di un interesse generale e di un titolo valido a sostenere l’affermazione del diritto di uso pubblico, sussista l’ulteriore requisito costituito dalla oggettiva idoneità del bene, ovvero della strada, a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l’esercizio della servitù (Cass. 12-7-1991 n. 7718; Cass. 9-7-2003 n. 10772), requisito nella specie escluso dalla sentenza impugnata, quanto al passaggio con mezzi agricoli, all’esito di un accertamento di fatto sorretto da adeguata e congrua motivazione, come tale insindacabile in tale sede.

Con il terzo motivo le ricorrenti, deducendo falsa applicazione dell’art. 1061 c.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, assumono che erroneamente la sentenza impugnata ha rigettato la domanda subordinata rivolta all’accertamento dell’avvenuto acquisto per usucapione della servitù prediale in favore dei propri fondi per la ritenuta insussistenza di segni visibili di opere permanenti oggettivamente destinate al suo esercizio.

La T. e la B. rilevano che in realtà il requisito dell’apparenza del tracciato relativo alla suddetta stradina era emerso inequivocabilmente dalle risultanze sia della C.T.U. sia delle prove testimoniali.

La censura è infondata.

La Corte territoriale ha affermato che la situazione oggettiva dei luoghi come descritta dal C.T.U. anche con planimetria e foto allegate alla relazione difettava di segni idonei esteriori che consentissero di riferire l’esistenza del viottolo interno ai mapp. 56 e 57 di proprietà G. a specifica utilità del mapp. 55; ha poi aggiunto che l’unico dato estrinseco valutabile a tal fine, costituito dai paletti in legno interni al mapp. 56 che delimitavano il passo nel tratto a confine con il mapp. 55, costituiva un elemento equivoco, considerato che tali paletti erano funzionali da un lato a sostenere un rudimentale muro di contenimento e dall’altro a delimitare il passo in un tratto caratterizzato da un netto dislivello del terreno; infine il giudice di appello ha evidenziato che per la restante parte dei due fondi di proprietà G. era insussistente anche la sola apparenza del tracciato, che invero si svolgeva tra le pareti delle costruzioni ivi esistenti, cosicchè il viottolo presentava una netta cesura che rendeva ancora più incerta la sua destinazione al solo servizio de mapp. 55.

Pertanto sulla base di tale scrupoloso accertamento di fatto la sentenza impugnata ha logicamente escluso la ricorrenza del requisito dell’apparenza della servitù necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione, costituito dalla presenza di segni visibili di opere permanenti oggettivamente destinate al suo esercizio e rilevanti in modo non equivoco l’esistenza del peso gravante sul fondo servente.

Orbene a fronte di tale valutazione degli elementi probatori da parte del giudice di appello le ricorrenti con la censura in esame si limitano a richiamare del tutto genericamente le risultanze della C.T.U. e delle prove testimoniali senza trascriverne nel ricorso il contenuto, precludendo così a questa Corte di valutarne la rilevanza e la decisività.

In definitiva il ricorso deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti in solido al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 2500,00 per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA