Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3539 del 13/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/02/2020, (ud. 10/10/2019, dep. 13/02/2020), n.3539

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27835-2018 proposto da:

F.R., B.M.P., F.N., nella qualità di

eredi di F.P., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato GIOVANNI GRATTACASO;

– ricorrenti –

contro

CATTOLICA DI ASSICURAZIONE SOC.COOP. A RL, in persona del Procuratore

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22,

presso lo studio dell’avvocato SERGIO RUSSO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA, in persona del Procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 28, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE CILIBERTI, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

contro

BE.AL.RA., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

BOCCHERINI 3, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLO GLINNI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO FRANCESCO

GLINNI;

– controricorrente –

contro

L.G.F.M., BE.AL. & C. SAS,

B.V., P.A., UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1040/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 28/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE

GIANNITI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. F.R., B.M.P. e F.N., in proprio e quali eredi del defunto F.P., hanno proposto ricorso avverso la sentenza n. 1040/2017 della Corte di appello di Salerno, che – pronunciando sull’impugnazione proposta, oltre che da loro, anche da F.I. nei confronti di B.V., UnipolSai Assicurazione spa, P.A., la società Cattolica di Assicurazioni coop a r.l., Be.Al.Ra., Generali Italia s.p.a., L.G.F.M. e Be.Al. e C. s.a.s. – ha confermato la sentenza n. 5503/2014 del Tribunale di Salerno, che aveva rigettato la domanda risarcitoria dagli stessi proposta in relazione all’incidente verificatosi in data (OMISSIS), lungo l’autostrada A3 SA-RC, in cui aveva perso la vita il loro congiunto, F.P..

2. Hanno resistito con distinti controricorsi: la Cattolica di Assicurazione soc. coop. a r.l., le Generali Italia s.p.a. e Be.Al.Ra..

3. Essendosi ritenute sussistenti dal relatore designato le condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta proposta ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

4. In vista dell’odierna adunanza parte resistente Cattolica di Assicurazione soc. coop. A r.l. ha depositato memoria a sostegno del controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. I ricorrenti – dopo aver premesso che il 2 settembre 2005 il de cuius si trovava a piedi sulla corsia di emergenza dell’autostrada A3 quando era stato travolto prima dalla Fiat Multipla, condotta da B.V. e, poi, mentre era riverso al suolo, dalla Seat Arosa, condotta da L.G.F., che stava sopraggiungendo, con la conseguenza che al caso di specie era applicabile l’art. 2054 c.c., comma 1; e dopo aver precisato che i sinistri erano stati due (il primo in cui il de cuius aveva perso il controllo dell’auto ed impattato il guardrail ed il secondo in cui egli, sceso dall’auto, fermo sulla corsia d’emergenza, era stato per l’appunto investito) e che l’evento morte era collegabile esclusivamente al secondo evento – censurano la sentenza impugnata per due motivi, entrambi articolati in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con i quali denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 1, nonchè violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 2054 e 2059 c.c., nonchè all’art. 41 c.p., nella parte in cui la Corte territoriale:

a) ha ritenuto superata la presunzione di responsabilità in capo ai conducenti dei veicoli Fiat Multipla e Seat Arosa, che avevano investito il de cuius F.P., nonostante che detti conducenti non avessero provato di aver tenuto una condotta esente da colpa; ed, anzi, essendo risultata dall’espletata attività istruttoria (e in particolare dall’espletata ctu) la responsabilità dei predetti (per aver tenuto una velocità superiore al limite di legge ovvero, diversamente, per non aver intrapreso una manovra di frenata, che avrebbe potuto evitare l’evento e che sarebbe stata possibile se la velocità fosse stata inferiore al limite imposto nel luogo del sinistro);

b) ha ravvisato un collegamento causale tra la morte del de cuius ed il primo sinistro stradale, che invece dell’evento era stato soltanto mera occasione, cioè un antecedente naturalistico, privo di rilevanza giuridica.

2. Il ricorso è tardivo.

2.1. Risulta dagli atti che la sentenza della Corte di Appello di Salerno è stata notificata in data 1/3/2018, ad istanza di Unipolsai e della parte P., alle altre parti processuali.

Ne consegue che da detta data è decorso il termine di 60 giorni per proporre impugnazione.

Tuttavia, il ricorso, come risulta dalla relata di notifica, è stato notificato in data 18/9/2018, quando cioè il termine di legge era da tempo spirato.

Parte ricorrente sostiene in ricorso che gli effetti della notifica sarebbero limitati alle parti tra le quali è intercorsa la notifica e deduce di proporre impugnazione nei confronti delle altre parti (e, in particolare, del proprietario conducente). A sostegno di detto assunto: a) rileva che la sentenza impugnata è stata resa in processo con più parti tra le quali non sussiste alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario e che, poichè la pronuncia regola rapporti tra loro distinti (per quanto oggettivamente connessi), la notificazione della sentenza, ad istanza di una delle parti, fa decorrere, per il notificante e per il notificato, il termine per impugnare nei confronti delle sole parti di quel rapporto; b) richiama giurisprudenza di legittimità, formatasi negli anni 90 del secolo scorso, secondo la quale, nei processi con pluralità di parti, il termine per l’impugnazione decorre nei confronti di tutte le parti dalla notificazione della sentenza da chiunque effettuata esclusivamente nel caso in cui la decisione incida su di un unico rapporto giuridico sostanziale o comunque ricorrano altre ipotesi di litisconsorzio necessario. In definitiva, secondo parte ricorrente, il giudicato sarebbe intervenuto soltanto tra gli attori (odierni ricorrenti), la compagnia Unipolsai Assicurazioni e la sig.ra P.A. (entrambe patrocinate dallo stesso legale notificante).

2.2. I rilievi del ricorrente non tengono conto della più recente evoluzione giurisprudenziale intervenuta al riguardo.

In particolare proprio questa Sezione – sul solco tracciato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 24707 del 4/12/2015, rv. 638109-01 – dapprima, con ordinanza n. 25417 del 26/19/2017, rv. 646454-01, ha precisato che, qualora uno dei presunti responsabili di un incidente stradale, convenuto in giudizio dal danneggiato, chiami in giudizio un terzo, indicandolo quale esclusivo responsabile dell’evento dannoso, tra le due cause tra loro interdipendenti – si instaura un rapporto di litisconsorzio processuale, con la conseguenza che gli effetti dell’appello, proposto da uno dei litisconsorti, si estendono a tutte le altre parti;

– e, poi, con ordinanza n. 14722 del 07/06/2018 (Rv. 649046 – 02), ha aggiunto che: nei processi con pluralità di parti, quando si configuri l’ipotesi di litisconsorzio processuale (cd. litisconsorzio “unitario o quasi necessario”), è applicabile la regola, propria delle cause inscindibili, dell’unitarietà del termine per proporre impugnazione, con la conseguenza che la notifica della sentenza eseguita da una delle parti segna, nei confronti della stessa e della parte destinataria della notificazione, l’inizio del termine breve per impugnare contro tutte le altre parti, sicchè la decadenza dall’impugnazione per scadenza del termine esplica effetto nei confronti di tutte le parti.

Dando continuità a detto orientamento, va qui ribadito che il concetto di causa inscindibile non si riferisce soltanto alle ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, ma anche alle ipotesi (c.d. di litisconsorzio necessario processuale) in cui la domanda è stata posta in primo grado nei confronti di due parti, tra le cui posizioni sussiste una obiettiva relazione, nel senso che almeno una di esse chiede accertarsi l’esclusiva responsabilità dell’altra, con la conseguenza che, se persiste contestazione circa l’individuazione dell’unico responsabile, il giudizio di impugnazione deve svolgersi nei confronti di entrambe le parti.

In altri termini, il rapporto processuale instaurato in primo grado, quand’anche litisconsortile facoltativo, dà luogo ad un litisconsorzio processuale, che diventa necessario nel giudizio di impugnazione, sempre che in detto giudizio siano proposti, come per l’appunto si era verificato nella specie, temi comuni agli obbligati.

Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, gli effetti della notifica della sentenza impugnata non erano limitati alle parti tra le quali era intercorsa la notifica.

Per le ragioni che precedono, il ricorso è in primo luogo inammissibile per tardività.

3. Il ricorso, quand’anche fosse tempestivo, sarebbe comunque inammissibile sotto i profili di seguito indicati.

3.1. In primo luogo, il ricorso non soddisfa il requisito della sommaria esposizione dei fatti, previsto (a pena di inammissibilità per l’appunto) dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1926 del 03/02/2015, Rv. 634266 – 01), il ricorso, per soddisfare detto requisito, deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito.

Orbene, nella specie, parte ricorrente: non indica quali siano state le parti costituite nei giudizi di merito; nulla riferisce su quali siano state le difese e le domande svolte, sullo svolgimento del processo di primo grado e sulle ragioni della sentenza di primo grado (della quale si limita a riprodurre il dispositivo); nulla riferisce sulle ragioni poste a fondamento dell’appello. Così operando, parte ricorrente non ha posto questa corte di legittimità nella condizione di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa.

3.2. Il ricorso è inammissibile anche per mancata osservanza del requisito previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6). Invero, è jus receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio per cui il motivo è inammissibile, ogni qual volta la sua illustrazione si fonda su documenti e/o atti processuali, ma non osserva i contenuti dell’indicazione specifica prescritta dall’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto: a) non ne trascrive direttamente il contenuto per la parte che dovrebbe sorreggere la censura, nè, come sarebbe stato possibile in alternativa, lo riproduce indirettamente indicando la parte del documento o dell’atto, in cui troverebbe rispondenza l’indiretta riproduzione; b) non indica la sede del giudizio di merito in cui il documento venne prodotto o l’atto ebbe a formarsi; c) non indica la sede in cui in questo giudizio di legittimità il documento, in quanto prodotto (ai diversi effetti dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), se nella disponibilità, sarebbe esaminabile dalla Corte, ovvero, sempre in quanto prodotto, sa esaminabile in copia, se trattisi di documento della controparte; d) non indica la sede in cui l’atto processuale sarebbe esaminabile in questo giudizio di legittimità, in quanto non precisa di averlo prodotto in originale (ove possibile) o in copia (ove trattisi di atto della controparte o del fascicolo d’ufficio, come i verbali di causa) e nemmeno fa riferimento alla presenza nel fascicolo d’ufficio (come ammette Cass. sez. un. 22716 del 2011).

Tanto si verifica nel caso di specie nel quale parte ricorrente, nell’illustrazione dei motivi, fa riferimento ad atti e documenti, ma inammissibilmente non riporta il contenuto degli stessi e non li localizza.

3.3. Ai rilievi che precedono, si aggiunge che entrambi i motivi, articolati in relazione all’art. 360, n. 3, sono inammissibili, perchè violano la disposizione di cui all’art. 366, comma 1, n. 4.

Invero, nel ricorso per cassazione, il vizio della violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giusta il disposto di cui all’art, 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto non solo con l’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione” (cfr. tra le tante Sez. VI – 3 Ordinanza, 26106/2013, n. 16038, rv. 626926).

Orbene parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge, ma inammissibilmente non svolge argomentazioni per dimostrare la sussistenza del vizio denunciato.

3.4. Infine, entrambi i motivi formulati finiscono per evocare (peraltro, in modo incomprensibile, proprio per le carenze individuate ai punti che precedono) una valutazione della quaestio facti, che, come è noto, è invece preclusa in sede di legittimità.

4. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali, sostenute dalle controparti, nonchè la declaratoria di sussistenza dei presupposti per il pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, sostenute dalle controparti, spese che liquida: per compensi, in Euro 2700 a favore della compagnia Cattolica e in Euro 2100 in favore delle altre parti resistenti, oltre, per tutte le parti resistenti, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2020

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