Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3538 del 13/02/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 3538 Anno 2013
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: BANDINI GIANFRANCO

SENTENZA

sul ricorso 13419-2011 proposlo da:
SUGHERIFICIO GANAU S.P.A. 00398950904, in persona del
legale rappresentante pio tempore elettivamente
domiciliata in ROMA, PIA/Z— MAZZINI 27, presso lo
studio dell’avvocato TElE BO i PARTNERS, rappresentata
e difesa dagli avvocati M 711, t[LA ARTURO, DE LUCA TAMAJO
2013
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RAFFAELE, RESSI ROBERTO, TIFFIRO’ SALVATORE, giusta
delega in atti;

ricorrente

contro

I.N.P.S.

ISTITUTO

NAZIONALE

DELLA

PREVIDENZA

Data pubblicazione: 13/02/2013

SOCIALE, in persona deJ suo Presidente e legale
rappresentante pro tempore,

in proprio e quale

mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di
Cartolarizzazione dei Cred..:tH I.N.P.S., elettivamente
domiciliati in ROMA, VíA DELLA FREZZA 17, presso

difesi dagli avvocati MARITATO LELTO, D’ALOISIO CARLA,
SGROI ANTONINO, giusta ddlega in atti;
controricorrenti non che contro

EQUITALIA SARDEGNA S.P.A. già SARDEGNA RISCOSSIONE
S.P.A. – AGENTE DELLA RISCOSSIONE DELLE PROVINCE DELLA
REGIONE SARDEGNA);

avverso la sentenza n.

2 , H/

DI CAGLIARI SEZ. DIST.

Wr

intimata

IO della CORTE D’APPELLO
SASSARI, depositata il

10/05/2010 r.g.n. 31/09;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/01/2013 da] Consigliere Dott.
GIANFRANCO BANDI NT.;
udito l’Avvocato ZUCCH1NALI 2AOLO per delega TRIFIRO’
SALVATORE;
udito l’Avvocato SORDI ANTONINO;
udito il P.M. in persona ciel Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

l’Avvocatara Centrale dell’Istituto, rappresentati e

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 21.4 – 10.5.2010 la Corte d’Appello di Cagliari,
Sezione distaccata di Sassari, accogliendo il gravame proposto

avverso la cartella esattoriale emessa nei suoi confronti ed avente
ad oggetto il recupero delle agevolazioni contributive fruite, per il
periodo novembre 1995 – maggio 2001, in relazione agli sgravi
riconosciuti dalle leggi italiane per i contratti di formazione e lavoro e,
secondo la decisione della Commissione Europea resa in data
11.5.1999, costituenti aiuti di stato non compatibili con il mercato
comune.
A sostegno del decisum la Corte territoriale, per ciò che ancora qui
specificamente rileva, ritenne fra l’altro quanto segue:

l’onere probatorio sull’applicazione del diritto agli sgravi gravava

sulla parte beneficiaria degli stessi;
– il recupero doveva avvenire secondo quanto previsto dalle
norme di diritto interno, in maniera da assicurarne l’effettività, con
conseguente irrilevanza degli argomenti addotti per bloccare tale
recupero;

anche l’impresa esercitante attività economica solo all’interno

dello Stato era soggetta alla regola del libero mercato, potendo gli
aiuti falsare la concorrenza;
– la pretesa del pagamento integrale della contribuzione, per gli
anni di riferimento e per il numero dei lavoratori risultanti dalla
documentazione inviata dall’impresa, era da ritenersi legittima fino a

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dall’Inps, rigettò l’opposizione proposta dalla Sugherificio Ganau spa

prova contraria e nessun obbligo di accertamento preliminare
all’emissione del titolo esecutivo incombeva sull’Istituto;

non poteva pertanto tenersi conto delle norme riguardanti la

decadenze e della necessità della motivazione, trattandosi di
disposizioni che, per quanto non idonee a consentire il recupero,
dovrebbero essere disapplicate dal giudice nazionale;

peraltro tali vizi, potendo rilevare esclusivamente come vizi

dell’opposizione agli atti esecutivi, avrebbero dovuto essere fatti
valere nei venti giorni successivi alla notifica della cartella; inoltre la
decadenza non avrebbe potuto trovare applicazione trattandosi di
contributi dovuti prima del 2004;

nella fattispecie non poteva trovare applicazione, quale ragione

ostativa al recupero, il principio dell’affidamento, non essendo stata
provata la sussistenza di situazioni eccezionali;

l’eccezione di prescrizione era infondata poiché:

al pari di altre norme puramente interne, avrebbe rappresentato un
ostacolo formale alla inderogabile applicazione delle decisioni della
Commissione ed al principio di effettività;
nel caso di specie la prescrizione non poteva comunque decorrere
prima che il diritto potesse essere fatto valere e, perciò, prima del
2002, quando si era pronunciata la Corte di Giustizia;
doveva trovare applicazione la regolamentazione comunitaria,
prevedente un termine di dieci anni dalla erogazione del contributo

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riscossione tramite ruoli ed i termini da rispettare, come di eventuali

illegittimo, sospeso dall’azione della Commissione e dalla
controversia innanzi alla Corte di Giustizia e con ripartenza da zero;
il decennio operava nei confronti dei soli beneficiari e non si riferiva

la prescrizione era stata interrotta nel 2004 con l’invio da parte
dell’Inps dell’accertamento bonario e nel settembre 2007 con la
notificazione della cartella esattoriale;
a tale data non erano quindi decorsi neppure i cinque anni rilevanti ai
sensi della legge n. 335/95;
– quanto all’applicazione della regola de minimis, erroneamente la
stessa era stata prospettata come un diritto allo sconto della somma
di euro 100.000,00 dal dovuto, poiché le imprese che hanno
beneficiato nel triennio di aiuti di importo superiore a tale cifra sono
tenute al pagamento integrale;
secondo gli accertamenti operati dal CTU, gli sgravi non legittimi
ammontavano ad una somma superiore a quella portata, in capitale,
dalla cartella opposta.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la Sugherificio
Ganau spa ha proposto ricorso per cassazione fondato su undici
motivie illustrato con memoria.
L’Inps, anche quale mandatario della SCCI spa, ha resistito con
controricorso.
L’intimata Equitalia Sardegna spa non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

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allo Stato;

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 2697 e 2033 cc, nonché vizio di motivazione,
deducendo che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che

dovuto piuttosto che in tema di ripetizione di un pagamento non
dovuto, dovendo quindi ritenersi la sussistenza dell’onere probatorio
in capo all’Istituto, anche in considerazione della sua posizione di
attore in senso sostanziale, delle condizioni in presenza delle quali
era necessario il recupero.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cpc, per non essersi la Corte
territoriale pronunciata sull’eccezione inerente alla mancata
contestazione da parte dell’Inps delle circostanze allegate e della
documentazione prodotta.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime norme
di diritto, nonché vizio di motivazione, ribadendo che, in difetto di
specifica contestazione da parte dell’Inps avrebbero dovuto ritenersi
come accertate le circostanze dedotte da essa ricorrente.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime
norme di diritto, nonché vizio di motivazione, assumendo di avere
dedotto e chiesto di provare l’avvenuto svolgimento di attività nel
solo ambito nazionale, nonché richiesto prove, anche testimoniali /
sulla condizione di disoccupazione da oltre un anno dei lavoratori
indicati.

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si vertesse in tema di pagamenti effettuati in misura inferiore al

Con il quinto motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione, ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cpc, deducendo che la Corte
territoriale non aveva statuito sulle argomentazioni svolte in ordine

soggettivi riconosciuti dalla legge e all’applicabilità della normativa
interna, in particolare dovendo ritenersi che lo Stato italiano avrebbe
potuto procedere al recupero solo in forza di una legge e non certo
con un provvedimento amministrativo.
Con il sesto motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime
norme di diritto, nonché vizio di motivazione, deducendo che,
dovendo il recupero avere luogo secondo le norme del diritto interno,
detto recupero poteva essere contrastato anche sulla base delle
eccezioni, sia processuali che sostanziali, previste dal diritto
nazionale; pertanto erano state violate le regole decadenziali di cui
all’art. 25, comma 1, lett. a) e b), dl.vo n.46/99 e le disposizioni
concernente l’obbligo di motivazione ai sensi dell’art. 3 legge n.
241/90.
Con il settimo motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime
norme di diritto, nonché vizio di motivazione, deducendo che il
termine quinquennale di prescrizione previsto dalla legge n. 335/95
doveva essere ritenuto congruo e sufficientemente lungo per
garantire il principio di effettività del diritto comunitario e che, nella
specie, avrebbe dovuto trovare decorrenza già dalla notifica della
decisione della Commissione dell’11.5.1999.

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alla dedotta impossibilità degli atti dell’Inps ad incidere sui diritti

Con l’ottavo motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime
norme di diritto, assumendo che l’Inps non aveva mai dedotto un
termine di prescrizione diverso da quello quinquennale, onde doveva

Con il nono motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione,
deducendo che, contraddittoriamente, la Corte territoriale aveva
ritenuto, in merito alla tutela dell’affidamento, non assolto l’onere
probatorio a carico di essa ricorrente e, al contempo, non aveva
ammesso le istanze istruttorie formulate sul punto.
Con il decimo motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime
norme di diritto, nonché vizio di motivazione, per avere la Corte
territoriale negato che ricorressero, nel caso di specie, le condizioni
per invocare il legittimo affidamento al fine di opporsi alla domanda
dell’ente previdenziale di recupero degli sgravi contributivi dichiarati
dalla Comunità europea illegittimi in quanto aiuti di Stato; in
particolare la ricorrente rileva che unico destinatario della decisione
della Commissione era lo Stato italiano, che la comunicazione della
Commissione del 1983 non concerneva gli aiuti all’occupazione, che
nessun ulteriore avvertimento specifico era stato pubblicato dalla
Commissione sulla Gazzetta Ufficiale, che la Corte Costituzionale
con la sentenza n. 190 del 1987 aveva ritenuto la legittimità della
disciplina dei contratti di formazione e lavoro, che all’epoca della
concessione degli sgravi non esisteva alcuna definizione vincolante
della categoria dei giovani.

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ravvisarsi il vizio extra/ultra petizione.

Con l’undicesimo motivo la ricorrente denuncia violazione di plurime
norme di diritto, nonché vizio di motivazione, in ordine alla negata
applicazione, nel caso di specie, della regola de minimis, posto che

importi di euro 100.000, per i trienni 1996- 1998 e 1999 -2001 e che
le agevolazioni fruite non superavano tali importi.
2.

Per una miglior comprensione delle vicende antecedenti la

presente controversia, giova ricordare quanto segue.
Il 7 maggio 1997 le Autorità italiane notificarono alla Commissione, ai
sensi dell’art. 93, n. 3, del Trattato, un progetto di legge relativo ad
aiuti di Stato, che, successivamente approvato dal Parlamento,
divenne la legge n. 196/97; tale progetto di legge fu iscritto nel
registro degli aiuti notificati, sotto il numero N 338/97.
Sulla base di informazioni trasmesse dalle Autorità italiane, la
Commissione esaminò altri regimi di aiuti relativi a tale settore, cioè
le leggi nn. 863/84, 407/90, 169/91 e 451/94; queste leggi, poiché
erano già in vigore, vennero iscritte nell’elenco degli aiuti non
notificati sotto il numero NN 164/97.
Con lettera 17 agosto 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle
Comunità Europee (GU C 284, pag. 11), la Commissione informò il
Governo italiano della sua decisione di avviare il procedimento
previsto dall’art. 93, n. 2, del Trattato nei confronti degli aiuti per
l’assunzione mediante contratti formazioni e lavoro a tempo
determinato previsti dalle leggi nn. 863/84, 407/90, 169/91 e 451/94
e concessi dal novembre 1995; con la stessa lettera la Commissione

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dal credito vantato dall’Inps avrebbero dovuto essere detratti gli

informò altresì il Governo italiano della sua decisione di dare corso al
medesimo procedimento nei confronti degli aiuti alla trasformazione
dei contratti di formazione e lavoro in contratti a tempo indeterminato

Acquisite le osservazioni del Governo italiano e le ulteriori
precisazioni e informazioni richieste, la Commissione, al termine del
procedimento, adottò la propria decisione in data 11.5.1999,
notificata alla Repubblica italiana con nota 4 giugno 1999, n. SG(99)
D/4068.
Con la suddetta decisione la Commissione stabilì quanto segue:
“Articolo 1
1. Gli aiuti illegittimamente concessi dall’Italia, a decorrere dal
novembre 1975, per l’assunzione di lavoratori mediante i contratti di
formazione e lavoro previsti dalle leggi 863/84, 407/90, 169/91 e
451/94, sono compatibili con il mercato comune e con l’accordo SEE
a condizione che riguardino:
– la creazione di nuovi posti di lavoro nell’impresa beneficiaria a
favore di lavoratori che non hanno ancora trovato un impiego o che
hanno perso l’impiego precedente, nel senso definito dagli
orientamenti in materia di aiuti all’occupazione;
– l’assunzione di lavoratori che incontrano difficoltà specifiche ad
inserirsi o a reinserirsi nel mercato de/lavoro. Ai fini della presente
decisione, per lavoratori che incontrano difficoltà specifiche ad
inserirsi o a reinserirsi nel mercato de/lavoro s’intendono í giovani
con meno di 25 anni, i laureati fino a 29 anni compresi, i disoccupati

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ex art. 15 legge n. 196/97.

di lunga durata, vale a dire le persone disoccupate da almeno un
anno.
2. Gli aiuti concessi per mezzo di contratti di formazione e lavoro che

incompatibili con il mercato comune.
Articolo 2
1. Gli aiuti concessi dall’Italia in virtù dell’articolo 15 della legge n.
196/97 per la trasformazione di contratti di formazione e lavoro in
contratti a tempo indeterminato sono compatibili con il mercato
comune e con l’accordo SEE purché rispettino la condizione della
creazione netta di posti di lavoro come definita dagli orientamenti
comunitari in materia di aiuti all’occupazione.
Il numero dei dipendenti delle imprese è calcolato al netto dei posti
che beneficiano della trasformazione e dei posti creati per mezzo di
contratti a tempo determinato o che non garantiscono una certa
stabilità dell’impiego.
2. Gli aiuti per la trasformazione di contratti di formazione e lavoro in
contratti a tempo indeterminato che non soddisfano la condizione di
cui al paragrafo 1 sono incompatibili con il mercato comune.
Articolo 3
L’Italia prende tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso í
beneficiari gli aiuti che non soddisfano alle condizioni di cui agli
articoli 1 e 2 già illegittimamente concessi. Il recupero ha luogo
conformemente alle procedure di diritto interno. Le somme da
recuperare producono interessi dalla data in cui sono state messe a

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non soddisfano alle condizioni menzionate al paragrafo 1 sono

disposizione dei beneficiari fino a quella de/loro recupero effettivo.
Gli interessi sono calcolati sulla base del tasso di riferimento
utilizzato per il calcolo dell’equivalente sovvenzione nel quadro degli

Articolo 4
Entro due mesi a decorrere dalla data di notificazione della presente
decisione, l’Italia informa la Commissione delle misure adottate per
conformarvisi.
Articolo 5
La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione”.

Con sentenza del 7.3.2002 in causa C-310199, la Corte di Giustizia
CE ha respinto il ricorso della Repubblica italiana, depositato il
13.8.1999, diretto a far annullare la decisione della Commissione 11
maggio 1999, 2000/128/CE, relativa al regime di aiuti concessi
dall’Italia per interventi a favore dell’occupazione, e, in subordine, a
far annullare tale decisione nella misura in cui prevede il recupero
delle somme che costituiscono un aiuto incompatibile con il mercato
comune.
Con sentenza del 1°.4.2004, in causa C-99/02, la Corte di Giustizia
CE, sul presupposto che “la Commissione aveva fissato un termine
di due mesi a decorrere dalla data di notifica di detta decisione”

(punto 24) e che “…allo scadere di tale termine, il governo italiano
non aveva adottato le misure necessarie per recuperare gli aiuti in
questione” (punto 25), ha statuito che “la Repubblica italiana, non
avendo adottato entro i termini prescritti tutte le misure necessarie

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aiuti a finalità regionale.

per recuperare presso i beneficiari gli aiuti che, ai sensi della
decisione della Commissione 11 maggio 1999, 2000/128/CE, relativa
al regime di aiuti concessi dall’Italia per interventi a favore

mercato comune, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai
sensi degli artt. 3 e 4 della detta decisione”.

3. La Corte territoriale ha escluso, nei termini già indicati nello
storico di lite, la fondatezza dell’eccezione di prescrizione; al riguardo
sono stati formulati il settimo e l’ottavo motivo di ricorso.
3.1 L’Inps ha fatto riferimento all’art. 15 del regolamento (CE) n.
659/1999 il quale, sotto il titolo “Periodo limite”, prevede che:
“1. l poteri della Commissione per quanto riguarda il recupero degli
aiuti sono soggetti ad un periodo limite di 10 anni.
2.

Il periodo limite inizia il giorno in cui l’aiuto illegittimo viene

concesso al beneficiario come aiuto individuale o come aiuto
rientrante in un regime di aiuti. Qualsiasi azione intrapresa dalla
Commissione o da uno Stato membro, che agisca su richiesta della
Commissione, nei confronti dell’aiuto illegittimo interrompe il periodo
limite. Ogni interruzione fa ripartire il periodo da zero. Il periodo limite
viene sospeso per 11 tempo in cui la decisione della Commissione è
oggetto di un procedimento dinanzi alla Corte di giustizia delle
Comunità europee.
3.

Ogni aiuto per il quale è scaduto il periodo limite è considerato

un aiuto esistente”.

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dell’occupazione, sono stati giudicati illegittimi ed incompatibili con il

L’Istituto ha fatto altresì richiamo della sentenza del Tribunale CE del
10.4.2003 in causa T-369/00, laddove si afferma (prg. 83) che
“Riguardo all’argomento della Scott [trattasi della parte privata

Commissione tra il gennaio e l’agosto del 1997 non potevano avere
l’effetto d’interrompere il termine di prescrizione in applicazione
dell’art. 15 del regolamento n. 659/1999, per il motivo che essa non
aveva all’epoca conoscenza di tali misure, si deve osservare che
l’ad. 15 ha introdotto un termine di prescrizione unico per il recupero
di un aiuto che si applica allo stesso modo allo Stato membro
interessato, al beneficiario dell’aiuto e ai terzi”.

Il successivo prg 85 precisa peraltro che “…il solo fatto che la Scott
ignorasse l’esistenza delle richieste di informazioni effettuate dalla
Commissione alle autorità francesi a partire dal 17 gennaio 1997 non
ha come conseguenza di privare le stesse di efficacia giuridica nel
confronti della Scott. Pertanto la lettera 17 gennaio 1997, inviata
dalla Commissione prima dell’avvio del procedimento amministrativo,
con la quale erano richieste informazioni complementari alle autorità
francesi, costituisce, in applicazione dell’ad. 15 del regolamento n.
659/1999, una misura che interrompe il termine di prescrizione
decennale, che nel caso di specie è iniziato a decorrere il 31 agosto
1987, prima della sua scadenza, anche se il ricorrente e la Scott
ignoravano all’epoca l’esistenza di una tale corrispondenza”.

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beneficiaria dell’aiuto] secondo il quale le misure adottate dalla

Il suddetto riferimento non appare tuttavia decisivo, poiché, come del
resto evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 125
del 22.4.2009:
il precedente art. 14 del medesimo Regolamento, sotto il titolo

“Recupero degli aiuti”, si riferisce alle iniziative della Commissione e,
al terzo comma, dispone che “…il recupero va effettuato senza
indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato
membro interessato, a condizione che esse consentano l’esecuzione
immediata ed effettiva della decisione della Commissione. A tal fine
e in caso di procedimento dinanzi ai Tribunali nazionali, gli Stati
membri interessati adottano tutte le misure necessarie disponibili nei
rispettivi ordinamenti giuridici, comprese le misure provvisorie, fatto
salvo il diritto comunitario”, cosicché deve convenirsi che il principio
secondo cui le procedure dirette al recupero dell’aiuto incompatibile
sono disciplinate dal solo diritto nazionale è espresso in forma molto
chiara;

il surricordato art. 15 è parimenti riferito ai poteri della

Commissione e, con il richiamo a “qualsiasi azione intrapresa dalla
Commissione o da uno Stato membro, che agisca su richiesta della
Commissione, nei confronti dell’aiuto illegale”, non ha inteso riferirsi
alle azioni di recupero avviate nell’ambito degli ordinamenti nazionali,
bensì alle iniziative intraprese sempre dalla medesima
Commissione, che ben può chiedere informazioni, chiarimenti,
indagini agli Stati membri per pervenire alle proprie determinazioni;

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-

anche la giurisprudenza comunitaria (cfr, in particolare, Corte di

Giustizia CE del 22.4.2008 in causa C-408/04), nel prendere in
esame il “Periodo limite” ed il termine di prescrizione stabilito dall’art.

cui dispone la Commissione per esercitare la sua funzione di
controllo della compatibilità dell’aiuto e per la conseguente
ingiunzione di recupero allo Stato membro, come chiaramente si
evince nei paragrafi 98, 101 e 103.
3.2 Deve invece trovare applicazione la regola, più volte enunciata
dalla giurisprudenza comunitaria (cfr, ex plurimis, Corte di Giustizia
CE 21.5.1990, C-142/87; Corte di Giustizia CE 20.9.1990, C-5189;
Corte di Giustizia CE 9.2.1999, C-343/96; Corte di Giustizia CE
20.9.2001, C-390/98; Corte di Giustizia CE 5.10.2006, C-368/04),
secondo cui il recupero dell’aiuto deve essere attuato attraverso i
mezzi e le procedure vigenti negli Stati membri, con il rispetto dei
principi:

di equivalenza, tra quanto è previsto dal diritto comunitario e

quanto è previsto per le violazioni del diritto interno;

di effettività del rimedio, nel senso che non deve essere reso

impossibile o eccessivamente difficoltoso l’esercizio dei diritti
garantiti dall’ordinamento comunitario.
3.3 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, sebbene da un
punto di vista funzionale gli sgravi contributivi concessi alle aziende
concretizzino una sovvenzione pubblica, da un punto di vista
giuridico lo strumento adottato è quello della riduzione dell’entità

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15 del Regolamento n. 659/1999, ne tratta a proposito del tempo di

dell’obbligazione contributiva, cosicché, laddove l’ente previdenziale
agisca per il pagamento degli importi corrispondenti agli sgravi
illegittimamente applicati, non si versa in terna di ripetizione di

meno del diritto agli sgravi (cfr, Cass., n. 1756/2001); al contrario di
indebito oggettivo può parlarsi nell’ipotesi speculare – ma affatto
insussistente nel caso di specie – di mancata fruizione del beneficio
concretizzatosi nel pagamento dell’intero importo del debito
contributivo e che, come tale, dà appunto luogo ad un pagamento
indebito per la cifra corrispondente al mancato sgravio (cfr, Cass., n.
7772/1996).
Deve quindi escludersi che il termine di prescrizione per l’esercizio
dell’azione di recupero dell’aiuto di Stato illegittimo possa essere
ricavato nell’ambito previsionale dell’indebito oggettivo di cui all’art.
2033 cc.
3.4 Deve tuttavia del pari escludersi che alla fattispecie all’esame sia
applicabile il termine prescrizionale quinquennale di cui all’art. 3,
commi 9 e 10, legge n. 335/95, siccome espressamente previsto per
il pagamento delle contribuzioni di previdenza e di assistenza
sociale, laddove gli aiuti di Stato costituiscono una categoria giuridica
dotata di una propria autonomia, tale da determinare, in ipotesi di
loro ritenuta contrarietà alla normativa europea, la doverosa reazione
recuperatoria da parte degli Stati membri.
Deve infatti osservarsi che, a mente dell’art. 87 (ex 92), comma 1,
del Trattato CE “…sono incompatibili con il mercato comune, nella

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indebito oggettivo, dovendosi invece accertare la sussistenza o

misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi
dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che,
favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di

L’incompatibilità può dunque riguardare qualsiasi tipo di aiuto, non
necessariamente quindi quelli costituiti da sgravi contributivi; la
conseguente azione di recupero degli aiuti incompatibili, anche in
relazione al principio di effettività del rimedio, non può dunque
ritenersi assoggettata a termini di prescrizione variabili, siccome
specificamente previsti dall’ordinamento interno per taluni tipi di
diritti, in base alla natura dell’aiuto che debba essere recuperato.
Più in particolare va osservato che la diversità tra l’azione diretta al
pagamento dei contributi omessi od evasi e l’azione di recupero degli
aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune trova riscontro:

nella differenza della fonte normativa che l’impone,

rispettivamente nazionale e comunitaria;

nella differenza delle finalità, per essere la prima diretta

all’acquisizione della provvista contributiva necessaria per
l’assolvimento delle obbligazioni previdenziali e la seconda diretta al
ripristino dello status quo ante, dovendosi ritenere raggiunto tale
obiettivo quando l’aiuto in parola sia stato restituito dal beneficiario e,
per conseguenza, il medesimo resti privato del vantaggio di cui
aveva fruito sul mercato rispetto ai suoi concorrenti (cfr, Corte di
Giustizia CE 4.4.1995, C-348/93; Corte di Giustizia CE 4.4.1995, C350/93);

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falsare la concorrenza”.

-

nella differenza della disciplina sostanziale, essendo previste

dalla legislazione nazionale, in ipotesi di pagamenti contributivi
omessi od evasi, conseguenze sanzionatorie specifiche, nel mentre

termini stabiliti dalla stessa Commissione.
L’utilizzazione della procedura di iscrizione a ruolo e della successiva
formazione della cartella esattoriale, secondo le previsioni dell’art. 24
legge n. 46/99, discende poi dal fatto che l’attività di recupero ha ad
oggetto sgravi di natura contributiva e non incide quindi sulla
qualificazione giuridica dell’azione.
3.5 La diversità tra azione di recupero dello sgravio (da aiuto di Stato
illegittimo) già applicato e azione di pagamento di contribuzione non
versata impedisce dunque di ricondurre direttamente la prima delle
due fattispecie alla specifica previsione dettata, in tema di termine
prescrizionale, per la seconda, ma, al contempo, neppure facoltizza
l’applicazione analogica di quest’ultima, poiché il ricorso all’analogia
può ritenersi consentito soltanto se una controversia non può essere
decisa con precisa disposizione, in ipotesi cioè di un vuoto normativo
(cfr, ex plurimis, Cass., nn. 2404/1965; 4754/1995; 9852/2002), che,
come tale, impone il ricorso alle disposizioni che regolano casi simili
o materia analoghe; tale ipotesi è nella specie da ritenersi tuttavia
insussistente, stante l’applicabilità – in difetto, appunto, di differenti
peculiari disposizioni -, della disciplina generale di cui all’art. 2946 cc
(estinzione dei diritti per prescrizione, salvi i casi di diversa
disposizione di legge, con il decorso di dieci anni); l’inosservanza di

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sugli aiuti già illegittimamente concessi sono dovuti gli interessi nei

tale disciplina generale, oltre che non consentita dall’ordinamento
interno, comporterebbe altresì, nei suoi riflessi sull’attività di
recupero, la violazione del principio di equivalenza.

3.6 L’identicità del suddetto termine temporale con quello stabilito
dal ricordato art. 15 del regolamento (CE) n. 65911999 (regolamento
a cui l’art. 51 della recente legge n. 234/12, in vigore dal 19.1.2013,
rimanda al fine di individuare il periodo nell’ambito del quale,
indipendentemente dalla forma di concessione dell’aiuto di Stato,
sussiste il diritto alla restituzione dell’aiuto oggetto di una decisione
di recupero) esclude in radice, in relazione alla fattispecie per cui è
causa, eventuali dubbi di compatibilità della legislazione nazionale
con la disciplina comunitaria.
La rilevata differenziazione tra l’azione diretta al pagamento dei
contributi omessi o evasi e quella diretta al recupero degli aiuti di
Stato illegittimamente concessi, esclude poi che possano ravvisarsi
dubbi di legittimità costituzionale in ordine alla corrispondente
diversa durata del termine prescrizionale, dovendosi peraltro rilevare,
anche con riferimento ai correlati diritti dei lavoratori interessati, che
la stessa disciplina di cui all’art. 3, commi 9 e 10, legge n. 335/95
non è legislativamente prevista come di esclusiva applicazione in
tema di pagamento di contributi omessi od evasi, residuando
l’ordinario termine decennale per i contributi relativi a periodi
precedenti la data di entrata in vigore della legge, in caso di atti
interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della
normativa preesistente.

,

20

3.7 II dies a quo della decorrenza della prescrizione non può essere
collocato in data anteriore a quella di notifica alla Repubblica Italiana
(4.6.1999) della decisione della Commissione dell’11.5.1999 che,

sancendo l’incompatibilità con il mercato comune – nei limiti indicati degli sgravi configuranti aiuti di Stato ha imposto l’azione diretta al
loro recupero.
Ciò premesso, tenuto conto della rilevata durata decennale del
termine di prescrizione e della data di notifica della cartella
esattoriale opposta, diviene irrilevante ai fini del decidere ogni
ulteriore valutazione in merito all’incidenza che, sul decorso del
termine, possa essere attribuita al maturare del giudicato sul ricorso
proposto dalla Repubblica Italiana avverso la decisione della
Commissione.
3.8 II settimo motivo di ricorso, previa parziale modifica della
motivazione della sentenza impugnata nei termini anzidetti, è quindi
infondato.
L’ottavo motivo è inammissibile per violazione del principio di
autosufficienza del ricorso per cassazione, non essendo stati ivi
riportati i passi delle difese dell’Istituto in forza dei quali, secondo
l’assunto della ricorrente, l’Inps non avrebbe mai dedotto un termine
di prescrizione diverso da quello quinquennale; deve comunque
rilevarsi, per completezza di motivazione, che, una volta eccepita
l’intervenuta prescrizione da parte del soggetto beneficiano degli
aiuti, la relativa disciplina giuridica deve essere individuata dal
giudice a prescindere dalle deduzioni svolte al riguardo dall’Istituto

21

creditore, vedendosi in materia sottratta alla disponibilità delle parti,
onde è inconferente nella specie il richiamo al principio di
corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato.
La Commissione ha fissato le condizioni in presenza delle quali

può ritenersi che gli sgravi contributivi per contratti di formazione
lavoro già fruiti sono da ritenersi compatibili con il mercato comune e
con l’accordo SEE.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nelle controversie
relative al recupero dei contributi non corrisposti per applicazione di
sgravi contributivi, compete al datore di lavoro opponente l’onere di
provare il possesso dei requisiti richiesti dalla legge per poter
beneficiare della detrazione (cfr, ex plurímis, Cass., nn. 5137/2006;
16351/2007; 499/2009; 21898/2010, quest’ultima specificamente in
tema di benefici che trovano fondamento nell’avvenuta conclusione
di contratti di formazione e lavoro).
La circostanza che, nella specie, le condizioni legittimanti il beneficio
(e la conseguente non recuperabilità del medesimo) siano state
dettate (anche) da disposizioni comunitarie non altera i termini della
questione, spettando pur sempre al beneficiano degli sgravi
dimostrare la sussistenza delle condizioni – stabilite dalla
Commissione o da quest’ultima presupposte siccome già fissate
dalla normativa nazionale – per poter legittimamente usufruire degli
sgravi medesimi.
Tali condizioni, oltre a quelle espressamente fissate dalla
Commissione, riguardano quindi anche quelle già contemplate dalla

27

4.

legge nazionale e che la Commissione stessa ha come tali
considerato nell’ambito della valutazione di compatibilità con il
mercato comune; in particolare vanno perciò dedotte e provate dalla

decisione della Commissione:
“(13) Per beneficiare di tali agevolazioni i datori di lavoro non devono
aver proceduto a riduzioni di personale nei 12 mesi precedenti, salvo
se l’assunzione riguarda lavoratori in possesso di una qualifica
diversa. La possibilità di accedere a tali benefici è inoltre subordinata
al fatto di aver mantenuto in servizio (con un contratto a tempo
indeterminato) almeno il 60 % dei lavoratori il cui CFL è venuto a
termine nei 24 mesi precedenti.
“(71) Gli orientamenti in materia di aiuti all’occupazione precisano
che la Commissione è in linea di massima favorevole agli aiuti:
– riguardanti i disoccupati
e
– destinati alla creazione di nuovi posti di lavoro (creazione netta)
nelle PMI e nelle regioni ammissibili agli aiuti a finalità regionale
o
– volti ad incoraggiare l’assunzione di talune categorie di lavoratori
che incontrano particolari difficoltà di inserimento o di reinserimento
sul mercato del lavoro, e ciò in tutto il territorio; in questo caso è
sufficiente che il posto di lavoro sia divenuto vacante in seguito ad
una partenza spontanea e non ad un licenziamento.

23

parte beneficiaria anche quelle indicate nei seguenti punti della

”(88) Inoltre la condizione imposta dagli orientamenti in materia di
aiuti all’occupazione, che richiede che il posto occupato si sia reso
vacante in seguito ad una partenza naturale e non ad un

espressamente la condizione che non si sia proceduto a
licenziamenti. Di conseguenza, e conformemente a quanto precisato
negli orientamenti, per le categorie svantaggiate non occorre esigere
che vi sia creazione netta di posti di lavoro”.
L’individuazione dell’incombenza dell’onere probatorio, nei termini
testé indicati, discende dall’oggetto, nel caso specifico, dell’azione di
recupero (ossia, come detto, degli sgravi contributivi illegittimamente
fruiti) e prescinde quindi dalla diversa questione inerente alla
qualificazione giuridica dell’azione stessa e al conseguente termine (.14
prescrizionale applicabile.
La portata assorbente delle considerazioni testé svolte conduce
all’inaccoglibilità del primo motivo di ricorso.
Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili per violazione del
principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non essendo
state ivi indicate le circostanze e la documentazione asseritamente
non oggetto di specifica contestazione da parte dell’Inps; per
completezza di motivazione deve peraltro rilevarsi che nella memoria
di costituzione (quale trascritta nel ricorso) l’Istituto aveva
espressamente dedotto che gli elementi probatori depositati,
rappresentando un mero elenco di nomi, non erano idonei a fungere
da parametro di riferimento per il riconoscimento del diritto per cui è

24

licenziamento, è rispettata in quanto la legislazione italiana pone

causa e che la sentenza impugnata, con affermazione neppure
specificamente censurata, ha rilevato che le regole sulla decadenza
non consentono di tener conto se non delle prove proposte con gli

della consulenza svolta in grado di appello.
La censura, svolta con il quarto motivo di ricorso, relativa alla
mancata ammissione delle prove, non è fondata, poiché dette prove,
per quanto esposto in ricorso (ove, in violazione del principio di
autosufficienza, non sono state riportate tutte le circostanze fattuali
su cui era stata domandata la prova testimoniale), non
concernevano tutto il complesso delle condizioni (quali più sopra
dettagliatamente indicate) per poter ritenere la legittimità del
beneficio contributivo e devono quindi ritenersi prive del carattere di
decisività.

5.

Ancora in ordine al quarto motivo, per la parte in cui si riferisce al

dedotto avvenuto svolgimento di attività nel solo ambito nazionale,
deve osservarsi che il medesimo presenta anzitutto palesi profili di
inammissibilità, non essendo state indicate e trascritte, in violazione
del principio di autosufficienza, le circostanze di fatto – in tesi idonee
a sostenere l’assunto – sulle quali era stata richiesta l’ammissione
delle prove testimoniali.

5.1 Le assorbenti considerazioni che precedono non esimono dal
rilevare, per completezza, che il profilo di doglianza è infondato
anche in diritto, posto che, al punto 66 della sua decisione, la
Commissione ha specificamente indicato che, anche se le imprese

25

atti introduttivi, non essendo consentita la loro integrazione all’esito

non esportano, la produzione nazionale è favorita perché l’aiuto
riduce la possibilità da parte delle imprese insediate in altri Stati
membri di esportare i loro prodotti verso il mercato italiano.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte il vizio di motivazione

denunciabile come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360,
comma 1, numero 5, cpc può concernere esclusivamente
l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione
della controversia, non anche l’interpretazione e l’applicazione delle
norme giuridiche (cfr,

ex plurimis,

Cass., SU, nn. 261/2003;

21712/2004; Cass., nn. 4593/2000; 194/2002; 10922/2004).
Il quinto motivo, svolto appunto ai sensi dell’art. 360, comma 1,
numero 5, cpc, è dunque inammissibile, non concernendo
l’accertamento e la valutazione di circostanze fattuali, bensì la
mancata considerazione da parte della Corte territoriale di
argomentazioni in diritto concernenti la validità dell’attività
recuperatoria espletata dall’Inps e la necessità di una specifica
disposizione legislativa al riguardo.

6.1 Per completezza di motivazione deve comunque rilevarsi che,
secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia CE, l’obbligo di
sopprimere un aiuto incompatibile col mercato comune che una
decisione della Commissione abbia posto a carico di uno Stato
membro è inteso al ripristino dello status quo ente e tale obiettivo
deve ritenersi raggiunto quando l’aiuto in parola, eventualmente
maggiorato degli interessi di mora, sia stato restituito dal beneficiario
e di conseguenza questi resti privato del vantaggio di cui aveva fruito

26

6.

sul mercato rispetto ai suoi concorrenti (cfr, Corte di Giustizia CE
4.4.1995, C-348/93; Corte di Giustizia CE 4.4.1995, C-350/93);
facendo applicazioni di tali principi la Corte di Giustizia, nelle testé

degli aiuti dichiarati illegittimi rispettivamente all’IR1 e all’Eni, e non
anche da parte di questi ultimi allo Stato italiano.
Nel caso di specie va quindi a fortiori riconosciuta la legittimità della
restituzione degli sgravi indebiti all’Inps, senza necessità di alcuna
specifica disposizione normativa ad hoc, essendo proprio l’Inps il
soggetto pubblico che, istituzionalmente, é deputato, salve
specifiche diverse ipotesi che qui non ricorrono (l’art. 48 della legge
n. 234/12, cit., affida alla società Equitalia Spa la riscossione degli
importi dovuti per effetto delle decisioni di recupero, a prescindere
dalla forma dell’aiuto e dal soggetto che l’ha concesso, adottate in
data successiva alla data di entrata in vigore della legge stessa), alla
riscossione della contribuzione previdenziale mediante gli strumenti
giuridici ordinariamente previsti a tal fine.
7.

In ordine al sesto motivo di ricorso, deve rilevarsi che l’eccezione

di decadenza dall’iscrizione a ruolo attiene alla regolarità della
cartella esattoriale opposta, costituente un estratto del ruolo, e,
come tale, configura un’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 cpc;
cfr, Cass., nn. 25757/2008; 18207/2003; 9912/2001).
Parimenti, e contrariamente all’avviso della ricorrente, deve ritenersi
che attenga alla regolarità formale della cartella esattoriale anche
l’indicazione nella medesima degli elementi necessari a dar conto

27

ricordate pronunce, ha riconosciuto la legittimità della restituzione

dell’oggetto della pretesa e dei relativi presupposti di fatto, cosicché
l’eccezione svolta al riguardo, sotto il profilo del difetto di
motivazione, configura un’opposizione agli atti esecutivi (cfr, Cass.,

n. 25208/2009).
Secondo il condiviso orientamento interpretativo di questa Corte,
nella disciplina della riscossione mediante iscrizione a ruolo, di cui al
dl.vo n. 46199, l’opposizione agli atti esecutivi è prevista dall’ad. 29,
comma 2, che, per la relativa regolamentazione, rinvia alle “forme
ordinarie”, e non dall’ad. 24 dello stesso dl.vo, che si riferisce,

invece, all’opposizione sul merito della pretesa di riscossione, con la
conseguenza che l’opposizione agli atti esecutivi prima dell’inizio
dell’esecuzione deve proporsi nel termine perentorio (quale previsto
dall’ad. 617 cpc) dalla notificazione del titolo esecutivo, che, ai sensi
dell’ad. 49 dpr n. 602/73, si identifica nella cartella esattoriale;
quest’ultima, infatti, essendo un estratto del ruolo, costituisce titolo
esecutivo ai sensi del suddetto ad. 49 dpr n. 602/73, come
modificato dall’ad. 16 dl.vo n. 46/99 (cfr, Cass., n. 21863/2004).
Inoltre la tempestività dell’opposizione agli atti esecutivi deve essere
controllata pregiudizialmemte d’ufficio, anche in sede di legittimità, in
base alla lettura degli atti (cfr, Cass., nn. 25757/2008; 9912/2001;
11251/1996).
Nella specie la Code territoriale ha rilevato che i vizi inerenti alla
regolarità formale della cartella, rilevando “esclusivamente come vizi
della opposizione agli atti esecutivi’, avrebbero dovuto essere fatti

valere nei venti giorni successivi alla notifica della stessa e tale

28

\
,

affermazione, di per sé idonea a sostenere la decisione sul punto,
non è stata adeguatamente censurata, non avendo la ricorrente
specificamente dedotto l’avvenuta osservanza di tale termine.

precedono, va comunque osservato che, nella specie, non
avrebbero potuto trovare applicazione le disposizioni concernenti i
termini di decadenza per poter procedere all’iscrizione a ruolo (art.
25 dl.vo n. 46/99).
Infatti l’obbligo di versare i contributi corrispondenti agli sgravi
indebitamente fruiti non deriva da un atto di accertamento dell’Inps,
bensì direttamente dall’obbligo di pagamento dei contributi
medesimi, nella misura intera, per conseguenza della statuita
incompatibilità con il mercato comune degli sgravi concessi.
Pertanto, trattandosi di contributi afferenti a periodi anteriori al 1”)
gennaio 2004, le disposizioni del ridetto art. 25 non si applicano in
base alla disposizione transitoria di cui all’art. 36 del medesimo
decreto legislativo, come modificato dall’art. 4 legge n. 350/03.

7.2 Inoltre va considerato che, in ogni caso, l’applicazione di un
termine di decadenza, nella presente fattispecie, nella quale l’obbligo
del recupero degli aiuti incompatibili con il mercato comune è insorto
contestualmente alla decisione della Commissione per tutti gli sgravi
in precedenza illegittimamente concessi, si porrebbe in contrasto con
il ricordato principio di effettività del rimedio, nel senso che tale
termine di decadenza renderebbe eccessivamente difficoltoso
l’esercizio dei diritti garantiti dall’ordinamento comunitario, onde la

29

7.1 Nonostante il carattere assorbente delle osservazioni che

normativa nazionale relativa a tale termine di decadenza dovrebbe
essere disapplicata (cfr, ex plurimis, Cass., n. 26286/2010).
7.3 Per quanto poi concerne la dedotta violazione dell’obbligo di

motivazione, il relativo profilo di doglianza è altresì inammissibile per
violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione,
non essendo stato ivi riportato, se non con riferimento agli importi
richiesti per i vari periodi, il contenuto della cartella esattoriale,
cosicché questa Corte non è stata posta in grado di valutare la
ricorrenza nella specie dei requisiti minimi della cartella esattoriale ai
sensi del dm 3 settembre, n. 321, art. 6, comma 1, (Regolamento
recante norme per la determinazione del contenuto del ruolo e dei
tempi, procedure e modalità della sua formazione e consegna, da
emanare ai sensi degli articoli 4 e 10 del decreto legislativo 26
febbraio 1999, n. 46).
Al riguardo deve comunque osservarsi che questa Corte ha già
avuto modo di rilevare, in controversia di analogo contenuto, che, ai
fini della regolarità della cartella esattoriale opposta, la stessa non
deve contenere anche le indicazioni relative a quali fossero, fra i
contratti di formazione e lavoro stipulati, quelli su cui era stato
operato il recupero, perché ciò equivarrebbe ad una indicazione
analitica che la normativa applicabile non richiede (cfr, Cass., n.
6672/2012).
7.4 Nei distinti profili in cui si articola il sesto motivo di ricorso non
può dunque trovare accoglimento.

30

/

8.

La Commissione ha ritenuto la solo parziale legittimità degli aiuti

concessi dall’Italia per l’assunzione di lavoratori mediante i contratti
di formazione e lavoro previsti dalle leggi 863/84, 407/90, 169191 e

Soltanto con riferimento alla legge n. 196/97 l’Italia aveva
previamente provveduto a notificare il relativo progetto alla
Commissione, ai sensi dell’art. 93, n. 3 del Trattato; la Commissione
ha quindi esaminato altri regimi di aiuti relativi a tale settore, cioè le
leggi nn. 863/84, 407/90, 169/91 e 451/94, iscritte nell’elenco degli
aiuti non notificati.
Deve inoltre considerarsi che con comunicazione pubblicata sulla
Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, la Commissione (GU
1983 C 318, pag. 3) aveva informato i potenziali beneficiari di aiuti
statali della precarietà degli aiuti che fossero stati loro
illegittimamente concessi, nel senso che essi avrebbero potuto
essere tenuti a restituirli.
8.1 La Corte di Giustizia CE ha affermato che uno Stato membro, le
cui autorità abbiano concesso un aiuto in violazione delle norme
procedurali di cui all’art. 88 CE, non può invocare il legittimo
affidamento dei beneficiari per sottrarsi all’obbligo di adottare i
provvedimenti necessari ai fini dell’esecuzione di una decisione della
Commissione con cui quest’ultima ordina la ripetizione dell’aiuto.
Ammettere tale possibilità significherebbe, infatti, privare di effetto
utile le norme di cui agli artt. 87 CE e 88 CE, in quanto le autorità
nazionali potrebbero far valere in tal modo il proprio illegittimo

31

451/94, nonché in virtù dell’articolo 15 della legge n. 196/97.

comportamento, al fine di vanificare l’efficacia delle decisioni
emanate dalla Commissione in virtù di tali disposizioni del Trattato
(Corte di Giustizia CE 7 marzo 2002, C-310/99).

sentenza del 20.9.1990, C-5189) che “Non è in contrasto con il diritto
comunitario una normativa nazionale che garantisca la tutela del
legittimo affidamento e della certezza del diritto in materia di
ripetizione di aiuti contrari al diritto comunitario.
Tuttavia, in considerazione del carattere imperativo della vigilanza
sugli aiuti statali operata dalla Commissione a norma dell’art. 93 del
Trattato, le imprese beneficiarie di un aiuto possono in linea di
principio fare legittimo affidamento sulla regolarità di un aiuto
solamente qualora quest’ultimo sia stato concesso nel rispetto della
procedura prevista da tale articolo.
Non può certamente escludersi la possibilità, per il beneficiario di un
aiuto illegittimamente concesso, di invocare circostanze eccezionali
sulle quali egli abbia potuto fondare il proprio affidamento nella
natura regolare dell’aiuto e di opporsi, conseguentemente, alla sua
ripetizione. In tale ipotesi spetta al giudice nazionale eventualmente
adito valutare, se necessario dopo aver proposto alla Corte delle
questioni pregiudiziali di interpretazione, le circostanze del caso di
specie”.

Ancora, secondo quanto affermato da Corte di Giustizia CE 20
marzo 1997, Causa C-24/95 “(…) sebbene non contrasti con
l’ordinamento giuridico comunitario una legislazione nazionale che

32

Già in precedenza era stato affermato (cfr Corte di Giustizia CE, con

garantisce la tutela del legittimo affidamento e della certezza del
diritto in materia di ripetizione, tuttavia, tenuto conto del carattere
imperativo della vigilanza sugli aiuti statali operata dalla

di un aiuto possono fare legittimo affidamento, in linea di principio,
sulla regolarità dell’aiuto solamente qualora quest’ultimo sia stato
concesso nel rispetto della procedura prevista dal menzionato
articolo. Un operatore economico diligente, infatti, deve normalmente
essere in grado di accertarsi che tale procedura sia stata rispettata,
anche quando l’illegittimità della decisione di concessione dell’aiuto
sia imputabile allo Stato considerato in una misura tale che la sua
revoca appare contraria al principio di buona fede”.
Analogamente, secondo quanto affermato da Corte di Giustizia CE
28 gennaio 2003, C-334199, “Per quanto riguarda le sovvenzioni già
versate al momento della loro comunicazione alla Commissione ed il
legittimo affidamento fatto valere dal governo tedesco, da un lato
occorre ricordare che, tenuto conto del carattere imperativo della
vigilanza sugli aiuti statali operata dalla Commissione ai sensi
dell’art. 88 CE, le imprese beneficiarie di un aiuto possono fare
legittimo affidamento, in linea di principio, sulla regolarità dell’aiuto
solamente qualora quest’ultimo sia stato concesso nel rispetto della
procedura prevista dal menzionato articolo. Un operatore economico
diligente, infatti, deve normalmente essere in grado di accertarsi che
tale procedura sia stata rispettata”.

33

Commissione ai sensi dell’art. 93 del Trattato, le imprese beneficiarie

Con sentenza 23.2.2006, resa nei procedimenti riuniti C-346/03 e C529/03, la Corte di Giustizia Ce ha ribadito che “Quando un aiuto è
stato versato senza previa notifica alla Commissione ed è pertanto

dell’aiuto non può riporre, a quel punto, alcun legittimo affidamento
nella regolarità della concessione dello stesso (…). Di conseguenza,
nella misura in cui la legge n. 44/88 non era stata debitamente
notificata alla Commissione, gli agricoltori sardi interessati non
potevano fare alcun affidamento sulla legittimità degli aiuti loro
concessi e l’asserita lentezza del procedimento non ha potuto far
sorgere un siffatto affidamento”.
Conforme a tale giurisprudenza della Corte di Giustizia è altresì la
decisione del Tribunale di primo grado CE 12.9.2007, nelle cause
riunite T-239/04 e T-323104, secondo la quale “(…) tenuto conto del
carattere imperativo della vigilanza sugli aiuti statali operata dalla
Commissione ai sensi dell’art. 88 CE, le imprese beneficiarie di un
aiuto possono fare legittimo affidamento, in linea di principio, sulla
regolarità dell’aiuto solamente qualora quest’ultimo sia stato
concesso nel rispetto della procedura (…). Infatti, un operatore
economico diligente deve normalmente essere in grado di accertarsi
che tale procedura sia stata rispettata anche quando l’illegittimità
della decisione di concessione dell’aiuto sia imputabile allo Stato
considerato in una misura tale che la sua revoca appare contraria al
principio di buona fede”.

34

illegittimo in forza dell’art. 93, n. 3, del Trattato, il beneficiario

Risultano altresì di rilievo i principi ribaditi dalla Corte di Giustizia CE
(Grande Sezione) con la sentenza 18.7.2007, C-119/05, secondo
cui, in ordine alle competenze dei giudici nazionali in materia di aiuti

pronunciarsi sulla compatibilità di un aiuto di Stato con il mercato
comune. 52 Emerge infatti da una giurisprudenza costante che la
valutazione della compatibilità con il mercato comune di misure di
aiuto o di un regime di aiuti rientra nella competenza esclusiva della
Commissione, che opera sotto il controllo del giudice comunitario”.

8.2 Da tali principi, vincolanti per i giudici degli Stati membri,
discende che:
l’inosservanza delle norme procedurali in ordine ai provvedimenti

legislativi non notificati e la non ancora avvenuta conclusione della
procedura in ordine al progetto di legge poi divenuto legge n. 196/97
non potevano far insorgere nei beneficiari degli aiuti alcun legittimo
affidamento sulla regolarità degli aiuti medesimi;
– l’eventuale non conoscenza delle conseguenze a cui poteva
condurre la valutazione negativa in sede comunitaria della legittimità
degli aiuti e, parimenti, eventuali incertezze sull’ambito degli
orientamenti comunitari in materia di aiuti all’occupazione, non
costituiscono elementi su cui potesse fondarsi il legittimo
affidamento dei beneficiari;

la mera esistenza di una o più disposizioni legislative nazionali

disciplinanti gli aiuti (poi giudicati illegittimi), costituendo il necessario
presupposto per la loro applicazione, non può essere riguardata alla

35

di Stato, “51 (…) i giudici nazionali non sono competenti a

stregua di una circostanza eccezionale tale da far insorgere un
legittimo affidamento;
– né tali circostanze eccezionali potrebbero essere ravvisate in

Costituzionale, in ordine alla conformità degli aiuti de quibus alla
normativa comunitaria, spettando alla competenza esclusiva della
Commissione, e non ai giudici nazionali, la relativa valutazione di
compatibilità con il mercato comune delle misure di aiuto.
8.3 Non ricorre peraltro nella fattispecie l’ipotesi di una decisione
adottata dalla Commissione con eccessivo ritardo, nel qual caso
secondo la sentenza della Corte di Giustizia CE 24.11.1987, C223/85, potrebbe insorgere nel beneficiario della sovvenzione un
legittimo affidamento, posto che, come detto, soltanto con
riferimento alla legge n. 196/97 l’Italia aveva previamente provveduto
a notificare il relativo progetto alla Commissione, ai sensi dell’art. 93,
n. 3 del Trattato.
8.4 Il decimo motivo di ricorso risulta dunque infondato, mentre il
nono è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza e
per genericità, non essendo state indicate le circostanze
(pretesannente) eccezionali in ordine alle quali sarebbero state
formulate le non ammesse istanze istruttorie.
9. La Commissione, nella comunicazione del 1996 relativa agli aiuti
de minimis (GU C 68, pag. 9), ha dichiarato che, se è vero che
qualsiasi intervento finanziario dello Stato accordato ad un’impresa
può falsare la concorrenza, non tutti gli aiuti hanno però un impatto

36

pronunce dei giudici nazionali, ivi compresa la stessa Corte

sensibile sugli scambi e sulla concorrenza tra gli Stati membri e che
questo vale in particolare per gli aiuti di importo limitato che, per lo
più, sono accordati alle piccole e medie imprese. Ai fini di una

imprese, la Commissione ha introdotto una regola detta de minimis,
che fissa una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1, del
Trattato può considerarsi inapplicabile e l’aiuto non più soggetto
all’obbligo di previa notifica.
Con la suddetta comunicazione la regola de minimis è stata quindi
modificata come segue:
“- l’importo massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de
minimis è di 100 000 ECU su un periodo di tre anni a decorrere dal
momento del primo aiuto de minimis;
– tale importo comprende qualsiasi aiuto pubblico accordato quale
aiuto de minimis e non pregiudica la possibilità del beneficiarío di
ottenere altri aiuti in base a regimi autorizzati dalla Commissione;
– tale

importo comprende tutte le categorie di aiuti,

indipendentemente dalla loro forma e obiettivo, ad eccezione degli
aiuti all’esportazione, che sono esclusi dal beneficio della misura.
Gli aiuti pubblici da prendere in considerazione ai fini del rispetto del
massimale di 100 000 ECU sono quelli concessi dalle autorità
nazionali, regionali o locali, a prescindere dal fatto che le risorse
provengano interamente dagli Stati membri o che le misure siano
cofinanziate dalla Comunità tramite i fondi strutturali, in particolare il
Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR).

semplificazione amministrativa e nell’interesse delle piccole e medie

La regola de minimis, benché interessi prioritariamente le PMI, è
applicabile a prescindere dalle dimensioni delle imprese beneficiarie.
Non si applica tuttavia ai settori disciplinati dal trattato CECA, alla

spese relative ad attività dell’agricoltura o della pesca”.

Venne inoltre espressamente previsto che “La Commissione ha il
dovere di accertarsi che gli Stati membri non concedano alle loro
imprese aiuti incompatibili con il mercato comune. Gli Stati membri
sono tenuti a facilitare alla Commissione l’adempimento di questo
compito instaurando modalità di controllo che garantiscano che il
cumulo di diversi aiuti accordati ad uno stesso beneficiario a titolo di
aiuto de minimis non facciano salire l’importo complessivo di questo
tipo di aiuti al di là de/limite di 100 000 ECU su un periodo di tre
anni. In particolare, la concessione di un aiuto de minimis o le
modalità di un regime che preveda la concessione di aiuti di questo
tipo devono comportare espressamente la condizione che qualsiasi
altro aiuto supplementare, concesso alla medesima impresa a titolo
della regola de minimis, non deve far sì che l’importo complessivo
degli aiuti de minimis di cui l’impresa beneficia ecceda il limite di 100
000 ECU su un periodo di tre anni”.

La regola de minimis è stata successivamente oggetto di modifica.
In particolare, con il Regolamento CE n. 69/2001 della Commissione
del 12 gennaio 2001 (in vigore dal ventesimo giorno successivo alla
pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee e fino

38

costruzione navale, al settore dei trasporti e agli aiuti concessi per

al 31 dicembre 2006), è stato previsto, all’art. 2, sotto la rubrica Aiuti
de minimis, che:

“1. Si ritiene che gli aiuti non corrispondano a tutti i criteri per

e che non siano pertanto soggetti all’obbligo di notifica di cui
all’articolo 88, paragrafo 3, qualora essi soddisfino le condizioni di cui
ai paragrafi 2 e 3.
2. L’importo complessivo degli aiuti de minimis accordati ad una
medesima impresa non può superare 100 000 EUR su un periodo di
tre anni. Tale massimale si applica indipendentemente dalla forma
degli aiuti o dall’obiettivo perseguito.
3. Il massimale di cui al paragrafo 2 è espresso in termini di
sovvenzione diretta in denaro. Tutti i valori utilizzati sono al lordo di
qualsiasi imposta diretta. Quando un aiuto è concesso in forma
diversa da una sovvenzione diretta in denaro, l’importo dell’aiuto è
l’equivalente sovvenzione lordo. (…)”

Ulteriori modifiche sono state introdotte con il Regolamento (CE) n.
1998/2006 della Commissione del 15 dicembre 2006, prevedendosi,
in particolare, all’art. 2, punto 2, che “L’importo complessivo degli
aiuti “de minimis” concessi ad una medesima impresa non deve
superare i 200000 EUR nell’arco di tre esercizi finanziari. L’importo
complessivo degli aiuti “de minimis” concessi ad un’impresa attiva
nel settore del trasporto su strada non deve superare i 100000 EUR
nell’arco di tre esercizi finanziari. Tali massimali si applicano

a

prescindere dalla forma dell’aiuto “de minimis” o dall’obiettivo

39

l’applicazione del divieto di cui all’articolo 87, paragrafo 1, del trattato

perseguito ed a prescindere dal fatto che l’aiuto concesso dallo Stato
membro sia finanziato interamente o parzialmente con risorse di
origine comunitaria. Il periodo viene determinato facendo riferimento

interessato. Qualora l’importo complessivo dell’aiuto concesso nel
quadro di una misura d’aiuto superi il suddetto massimale, tale
importo d’aiuto non può beneficiare dell’esenzione prevista dal
presente regolamento, neppure per una parte che non superi detto
massimale. In tal caso, il beneficio del presente regolamento non
può essere invocato per questa misura d’aiuto né al momento della
concessione dell’aiuto né in un momento successivo”.

La Commissione, con la decisione dell’11.5.1999, ha precisato che
“(115) Le misure che rispettano la regola de minimis non rientrano
nel campo di applicazione dell’articolo 87. In applicazione di detta
regola, l’importo complessivo di tutti gli interventi effettuati a favore
delle imprese che hanno assunto lavoratori per mezzo di un contratto
di formazione e lavoro non deve superare il limite di 100000 EUR su
un periodo di tre anni. Come precisato nella comunicazione della
Commissione relativa agli aiuti de minimis, detta regola non si
applica ai settori disciplinati dal trattato CECA, alla costruzione
navale ed al settore dei trasporti, ed agli aiuti concessi per spese
inerenti ad attività dell’agricoltura o della pesca”.

9.1 Dalla ricognizione delle suddette fonti normative comunitarie
emerge con chiarezza che la regola de minimis viene a costituire
un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato,

40

agli esercizi finanziari utilizzati dall’impresa nello Stato membro

stabilendo “una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1, del
Trattato può considerarsi inapplicabile”;

ne

consegue che la

sussistenza delle specifiche condizioni concretizzanti l’applicabilità

della regola de minimis costituisce elemento costitutivo del diritto a
beneficiare dello sgravio contributivo e, come tale, in conformità ai
già ricordati principi in tema di onere probatorio, deve essere provato
dal soggetto beneficiario.
9.2 Deve inoltre essere osservato che per la sussistenza di tali
condizioni non basta che l’importo chiesto in recupero ed oggetto del
singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata dalla
Commissione, dovendo invece la relativa prova riguardare
l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de
minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo
aiuto de minimis, comprendendovi qualsiasi aiuto pubblico accordato
quale aiuto de
La Corte di Giustizia CE, con la sentenza del 7.3.2002, C-310/99, ha
infatti precisato (punti 94 e 95) “(…) che la regola de minimis
risponde ad esigenze di semplificazione amministrativa sia per gli
Stati membri sia per i servizi della Commissione, la quale deve poter
concentrare le sue risorse sui casi di effettiva importanza a livello
comunitario. Se, per applicare la regola de minimis, era necessario
valutare di volta in volta se gli aiuti sono compatibili o no, l’onere di
lavoro per gli Stati membri, tenuti a notificare i progetti di aiuto, e per
la Commissione, tenuta a esaminarli, non verrebbe assolutamente
ridotto.

41

T

Pertanto giustamente la Commissione, in applicazione della regola
de minimis, non ha fatto distinzione tra la parte giudicata compatibile
e la parte giudicata incompatibile del regime di aiuti di cui trattasi”.

essere considerata quale previsione del diritto ad una detrazione da
quanto dovuto.
9.3 In base alle suddette considerazioni deve convenirsi per la
correttezza della decisione assunta al riguardo dalla Corte
territoriale, cosicché deve riconoscersi l’infondatezza dell’undicesimo
motivo di ricorso.
Tale motivo, per come svolto, presenta peraltro anche profili di
inammissibilità, non avendo la ricorrente specificato, in violazione del
principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, le fonti
probatorie, ritualmente acquisite, dalle quali si sarebbe dovuta
desumere l’applicabilità della regola del de minimis, tenuto conto che
tale prova, per le considerazioni sopra esposte, non poteva essere
limitata ai soli sgravi oggetto del recupero, ma doveva invece
concernere tutti gli aiuti percepiti dall’impresa nei distinti limiti
temporale.
10. In definitiva il ricorso deve essere rigettato.
La complessità delle questioni trattate e la mancanza, al momento di
proposizione del ricorso, di precedenti specifici di legittimità
consigliano la compensazione delle spese fra le parti costituite.
Non è invece luogo a provvedere al riguardo quanto all’intimata
Equitalia Sardegna spa, che non ha svolto attività difensiva.

42

Tanto meno, dunque, può ritenersi che la regola de minimis possa

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese fra le parti costituite;
nulla sulle spese quanto all’intimata Equitalia Sardegna spa.

Così deciso in Roma il 10 gennaio 2013.

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