Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3537 del 11/02/2021
Cassazione civile sez. VI, 11/02/2021, (ud. 15/01/2021, dep. 11/02/2021), n.3537
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28014/2019 R.G., proposto da:
L.F.C., rappresentata e difesa dall’AVV. Salvatore
Cinnera Martino, con domicilio in S. Agata Militello, via San
Giuseppe n. 15.
– RICORRENTE –
contro
COMUNE DI POLLINA, in persona del Sindaco p.t..
COMUNE DI PATTI, in persona del Sindaco p.t..
– INTIMATI –
avverso la sentenza del Tribunale di Patti n. 148/2019, depositata in
data 19.3.2019;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno
15.1.2021 dal Consigliere Fortunato Giuseppe.
Fatto
RAGIONI IN FATTO IN DIRITTO DELLA DECISIONE
L.F.C. ha proposto opposizione dinanzi al Giudice di pace di S. Agata Militello, avverso una cartella.
In contraddittorio con i Comuni di Pollina e di Patti, il Giudice di pace ha annullato il provvedimento, compensando le spese di lite in considerazione della natura della controversia e dati i motivi che avevano portato all’accoglimento della domanda.
La sentenza, impugnata dalla L.F. relativamente alla compensazione delle spese processuali, è stata riformata dal tribunale, con attribuzione in favore dell’appellante di Euro 180,00 per compenso di primo grado e di Euro 221,00 per compenso ed Euro 35,00 per esborsi per il giudizio di secondo grado, il tutto oltre spese generali, iva e c.p.a., in base al valore della causa ed in applicazione dei parametri minimi.
La cassazione della sentenza è chiesta da L.F.C. con ricorso in due motivi.
Il Comune di Patti e quello di Pollina non hanno svolto difese.
Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente fondato, poteva esser definito ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, il Presidente ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.
2. Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c., del D.L. n. 19 del 2012, art. 9, e del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, sostenendo che il tribunale, pur avendo dichiarato di voler applicare i parametri minimi in relazione al valore della causa (Euro 1105,72), abbia liquidato una somma inferiore per lo scaglione di riferimento, senza neppure disporre il rimborso delle spese vive di primo grado.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c., del D.L. n. 19 del 2012 art. 9, del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che il giudice avrebbe dovuto liquidare i valori corrispondenti ai parametri medi, essendo tale criterio quello cui – di norma – deve adeguarsi la liquidazione.
3. Va esaminato con priorità il secondo motivo di ricorso, che va respinto per quanto di ragione.
Non sussiste alcun vincolo per il giudice di liquidare le spese processuali in applicazione dei parametri tabellari medi: in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014, non vigendo l’inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione giudiziale e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica “standard” del valore della prestazione professionale, da cui il giudice si è legittimamente discostato, avendo dato motivatamente rilievo alla semplicità delle questioni affrontante (Cass. 10343/2020; Cass. 30286/2017).
3. Il primo motivo è fondato.
La sentenza, dopo aver indicato il valore della causa preso in considerazione ai fini della liquidazione delle spese processuali (Euro 1105,74) e pur avendo dichiarato di voler applicare i valori minimi, ha attribuito somme inferiori a quelle risultanti dall’applicazione dai criteri enunciati.
Dovendosi individuare il valore della causa in base all’importo della sanzione pecuniaria applicata (Cass. 13598/2014; Cass. 12517/2018), il giudice, in adesione ai principi che pur aveva dichiarato di voler applicare, avrebbe dovuto attribuire una somma non inferiore ai parametri minimi per le cause di valore compreso tra Euro 1101,00 e Euro 5200,00, discutendosi di una sanzione di importo pari ad Euro 1105,72 (cfr. sentenza pag. 4) ed avrebbe dovuto pronunciare anche sulla spettanza del rimborso delle spese vive sostenute per il primo grado di causa, su cui – invece – non si rinviene alcuna statuizione.
E’ quindi accolto il primo motivo, mentre è respinto il secondo.
La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa al tribunale di Patti, in persona di altro Magistrato, anche per la regolazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, respinge il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al tribunale di Patti, in persona di altro Magistrato, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2021