Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3535 del 11/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2021, (ud. 15/01/2021, dep. 11/02/2021), n.3535

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26065/2019 R.G., proposto da:

B.D. E C.D., rappresentati e difesi dall’avv.

Antonio Cottini, con domicilio in Siena, Viale Pannilunghi n. 4.

– RICORRENTE –

contro

G.G..

– INTIMATO –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Siena, depositata in data

10.7.2019;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno

15.1.2021 dal Consigliere Fortunato Giuseppe.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Gli avv.ti B.D. e C.D. hanno proposto ricorso D.Lgs. n. 150 del 2011 ex art. 14, esponendo di aver svolto attività difensiva nell’interesse di G.G. in un procedimento tenutosi dinanzi al tribunale di Siena, instaurato nei confronti del Comune di Asciano e di 19 condomini dell’edificio di (OMISSIS), per ottenere il risarcimento del danno alla proprietà dell’attuale resistente, provocato da un evento franoso.

Dopo la sentenza di primo grado, i legali avevano tentato di definire la lite, ma il G. aveva revocato il mandato difensivo, senza dare riscontro alle richieste di pagamento avanzate dai difensori. Hanno chiesto la liquidazione del compenso, con attribuzione delle spese processuali.

Il G. si è opposto alla domanda, spiegando riconvenzionale per il risarcimento del danno provocato dal negligente espletamento del mandato difensivo.

Effettuata la chiamata in causa della Unipol s.p.a., impresa assicuratrice dell’avv. B., all’esito il tribunale ha accolto parzialmente la domanda, con condanna del G. al pagamento di Euro 4835,00, oltre accessori.

Per quanto ancora rileva nel presente giudizio, il giudice di merito ha sostenuto:

– che il valore della controversia doveva essere determinato in base all’art. 10 c.p.c., senza sommare il valore della domanda principale e quello della riconvenzionale, potendo quest’ultima, se di valore maggiore di quella principale, comportare solo l’applicazione di uno scaglione superiore;

– che, essendo stata accolta la domanda principale per un importo di Euro 81.000,00, notevolmente inferiore a quello richiesto (Euro 216.000,00) ed essendo stata integralmente respinta la stessa riconvenzionale, il valore della lite, anche nei rapporti tra l’avvocato ed il cliente, doveva essere quantificato in base al decisum e perciò in applicazione dello scaglione per le cause di valore compreso tra Euro 52.000,01 ed Euro 260.000,00;

– che competeva un importo base di Euro 13.430,00, da maggiorare del 40% per il fatto che la domanda era stata proposta verso più parti, dovendosi poi detrarre gli acconti ricevuti.

Per la cassazione dell’ordinanza, gli avv. B. e C. hanno proposto ricorso in due motivi.

G.G. ha depositato controricorso.

Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente inammissibile, poteva esser definito ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, il Presidente ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

2. Il primo motivo deduce la violazione del D.M. n. 55 del 2014, artt. 5 e 6, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che il valore della causa doveva essere determinato, sommando l’importo richiesto con la domanda principale a quello oggetto della riconvenzionale, dovendosi – quindi – applicare i valori tabellari per le cause rientranti nello scaglione compreso tra Euro 520.000,00 ed Euro 1.000.000,00.

Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. e del D.M. n. 55 del 2014, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che anche le spese di lite andavano quantificate in base al reale valore della domanda, determinato in base alla sommatoria degli importi richiesti con la domanda principale e con quella riconvenzionale.

I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1.

Il giudice di merito ha asserito che, per la determinazione del valore della causa, la riconvenzionale non si somma alla domanda principale ai sensi dell’art. 10 c.p.c., precisando che di detta riconvenzionale si deve comunque tener conto poichè, ampliando il tema di giudizio, comporta una maggiore gravosità dell’impegno richiesto ai difensori e dà il diritto ad un maggior compenso.

Il tribunale ha poi sostenuto che, per liquidare il compenso del difensore ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 5, comma 2, può prendersi in considerazione il valore effettivo della causa, ove manifestamente diverso da quello presunto, e tener conto degli interessi perseguiti dalle parti, ritenendo che – nel caso concreto dovesse farsi applicazione dei valori rientranti nello scaglione tra Euro 52.000,01 ed Euro 260.000,00. Difatti, la domanda principale, volta ad ottenere il pagamento di Euro 216.250,00, era stata accolta nei limiti del minor importo di Euro 81.000,00 e solo nei confronti del Comune di Asciano, mentre la riconvenzionale era stata completamente rigettata.

L’ordinanza, nel liquidare l’importo finale spettante ai ricorrenti, ha poi tenuto conto dell’esito della lite e dei vantaggi concretamente conseguiti dal cliente.

Il ricorso, proponendo di determinare il valore della causa mediante una meccanica sommatoria degli importi richiesti con la domanda principale e di quelli oggetto della riconvenzionale, non può essere condiviso.

Il D.M. n. 55 del 2014, art. 5, comma 2, riproduce pressochè testualmente il disposto del D.M. n. 127 del 2004, art. 6, commi 2 e 4 (norma che già prevedeva che, nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, il giudice potesse aver riguardo al valore effettivo della controversia, se manifestamente diverso da quello presunto a norma del c.p.c., tenendo conto dei diversi interessi perseguiti dalle parti), restando invocabili anche nel vigore del D.M. n. 55 del 2014 i principi ripetutamente espressi da questa Corte con riferimento alla previgente disciplina (cfr., in tal senso, Cass. 18942/2020).

Pertanto, nei rapporti tra avvocato e cliente (diversamente che, ai fini della liquidazione delle spese a carico della parte soccombente, nei quali il valore della lite si determina secondo i criteri codicistici, salva l’adozione di quello del decisum, nelle cause di pagamento e di risarcimento di danni), sussiste sempre la possibilità di adeguare gli onorari al valore effettivo e sostanziale della controversia, ove sia ravvisabile una manifesta sproporzione con quello derivante dall’applicazione delle norme del codice di rito, dovendosi assicurare il rispetto di un principio generale di proporzionalità ed adeguatezza del compenso all’opera professionale effettivamente prestata” (Cass. s.u. 19014/2001), tenendo conto degli interessi sostanziali perseguiti, della rilevanza economica della controversia e dell’effettiva importanza della prestazione professionale del difensore (Cass. 7627/2019; Cass. 18507/2018; Cass. 14691/2015; Cass. 7807/2013; Cass. 23809/2012; Cass. 1805/2012; Cass. 3996/2010).

Quanto all’incidenza della riconvenzionale, anche il tribunale ha ammesso che essa può determinare l’applicazione dello scaglione di valore superiore ove superi il valore della domanda principale, fermo il dovere del giudice di valutare l’attività in concreto svolta nella trattazione di tutte le richieste formulate in giudizio, ma senza potersi escludere, in linea di principio, l’utilizzo del parametro correttivo del valore effettivo della controversia (Cass. 14961/2015; Cass. 20302/2014; Cass. 4488/2014).

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, essendo la pronuncia conforme alla giurisprudenza di questa Corte, senza che il ricorso offra spunti per mutare orientamento.

Non luogo a provvedere sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2021

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