Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3534 del 11/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/02/2011, (ud. 12/01/2011, dep. 11/02/2011), n.3534

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

LA MANO AMICA S.C.AR.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via XX settembre n. 118,

presso lo studio Plantade, rappresentato e difeso dall’avv. PLANTADE

Francoise Marie;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Sicilia, sez. 14^, n. 105, depositata il 7.3.2008.

Letta la relazione scritta redatta dal Consigliere relatore Dott.

Aurelio Cappabianca;

udito, per la società ricorrente, l’avv. Andrea Colletti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso, in adesione alla relazione per la

declaratoria di inammissibilità del ricorso.

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che la società contribuente propose ricorso avverso atto con cui l’Agenzia delle Entrate aveva provveduto a recuperare credito d’imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 8, indebitamente compensato nel 2003;

che l’adita commissione tributaria accolse il ricorso, con decisione, che, in esito all’appello dell’Agenzia, fu, tuttavia, riformata dalla commissione regionale;

rilevato:

– che, avverso la decisione di appello, la società contribuente propone ricorso in cassazione, in tre motivi;

– che l’Agenzia resiste con controricorso;

osservato:

– che, con il primo motivo di ricorso, la società contribuente deduce, violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 ter e 42 e formula il seguente quesito di diritto se “l’avviso di recupero del credito d’imposta è un atto che sino alla data di emissione e di notifica del provvedimento impugnato non era contemplato dalla legislazione tributaria e pertanto illegittimo in quanto emesso in violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 ter e 42”;

– che, con il secondo motivo di ricorso, la società contribuente deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 138 del 2002, art. 10, convertito in L. n. 178 del 2002 e formula il seguente quesito:

se “l’ordine di acquisto rispetta pienamente tutte le condizioni richieste per essere considerato atto idoneo a dimostrare in modo non equivoco l’impegno assunto dalle parti per l’inizio della realizzazione dell’investimento, cosi come vuole del D.L. n. 138 del 2002, art. 10, comma 1 bis, conv. in L. n. 178 del 2002”;

– che, con il terzo motivo di ricorso, la società contribuente “deduce nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4” e formula il seguente quesito: “…affermare … la nullità della sentenza impugnata per omessa pronunzia relativamente alla questione riproposta dal convenuto nelle controdeduzioni di appello”;

considerato:

che, prioritariamente rispetto ogni altra valutazione, deve considerarsi che i motivi di ricorso proposti dai contribuenti sono inammissibili per violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c.. Ai sensi della disposizione indicata, invero, il quesito inerente ad una censura in diritto – dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non può essere meramente generico e teorico ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile (v. Cass. s.u. 3519/08);

ritenuto:

che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

che, per la soccombenza, il contribuente va condannato al pagamento delle spese di causa, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte: dichiara inammissibile il ricorso; condanna il contribuente al pagamento delle spese di causa, liquidate in complessivi Euro 800,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011

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