Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3524 del 13/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/02/2020, (ud. 10/10/2019, dep. 13/02/2020), n.3524

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12912-2018 proposto da:

D.G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI,

rappresentato e difeso dagli avvocati WALTER PUTATURO, PAOLO

MAZZOTTA;

– ricorrente –

contro

I.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO

BAIAMONTI 2, presso lo studio dell’avvocato SUSANNA STRANIERI,

rappresentata e difesa dagli avvocati ALFONSO PEZONE, MICHELE

PEZONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 344/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 20/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO

SCODITTI.

Fatto

RILEVATO

che:

I.C. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Chieti l’arch. D.G.G. chiedendo la restituzione dell’importo corrisposto a titolo di compenso ed il risarcimento del danno. Espose la parte attrice che, a causa del mancato adempimento dell’incarico da parte del professionista, non aveva potuto dare inizio ai lavori della progettata costruzione entro il termine di un anno previsto a pena di decadenza dalla concessione edilizia. Il Tribunale adito rigettò la domanda. Disatteso anche l’appello, la lezzi propose ricorso per cassazione e questa Corte con sentenza n. 23342 del 15 ottobre 2013 accolse il secondo motivo.

Affermò in particolare la Corte quanto segue: “quando il contratto d’opera concerne la redazione di un progetto edilizio destinato all’esecuzione, come nella specie risulta pacifico in sentenza, tra gli obblighi del professionista rientra quello di redigere un progetto conforme, oltre che alle regole tecniche, anche alle norme giuridiche che disciplinano le modalità di edificazione su di un dato territorio, in modo da non compromettere il conseguimento del provvedimento amministrativo che abilita all’esecuzione dell’opera, essendo questa qualità del progetto una delle connotazioni essenziali di un tale contratto di opera professionale; onde il mancato perfezionamento dell’iter amministrativo per garantire l’idoneità sotto il profilo sismico dell’edificio progettato, come previsto dalla normativa vigente, compromettendo il positivo esito della procedura amministrativa volta ad assicurare la realizzazione dell’opera, non può che costituire inadempimento caratterizzato da colpa grave e quindi fonte di responsabilità del progettista nei confronti del committente per il danno da questi subito in conseguenza della mancata o comunque ritardata realizzazione dell’opera (v. in tal senso Cass. 27 gennaio 1977 n. 404). Erroneamente, pertanto, la corte di merito, per escludere la colpa del professionista, ha definito gli adempimenti de quibus di ordine burocratico e come tali atti necessariamente riservati alla committente, facendo leva su una lettura formalistica degli obblighi di spettanza del progettista, nella specie nominato anche direttore dei lavori, in difformità rispetto alla natura tecnica degli aspetti in contesa del progetto in questione, per cui non occorreva una espressa delega della committente per l’attivazione della procedura avanti al Genio Civile, dovendo essere considerata attività ricompresa nell’originario mandato perchè rispondente alla normativa edilizia che poi ha portato alla decadenza della rilasciata concessione”.

Riassunto il giudizio da parte della lezzi, con sentenza di data 20 febbraio 2018 la Corte d’appello dell’Aquila accolse parzialmente l’appello, condannando il D.G. al risarcimento del danno nella misura di Euro 3.615,20 oltre rivalutazione ed interessi. Osservò la corte territoriale che doveva essere riconosciuta l’esistenza dell’inadempimento consistito nella mancata richiesta di nulla osta al Genio Civile, la cui acquisizione, nel termine di un anno dal rilascio della concessione, era necessaria per assicurare l’idoneità sotto il profilo sismico dell’edificio progettato e che tale inadempimento aveva determinato il mancato perfezionamento dell’iter amministrativo con decadenza della concessione edilizia.

Ha proposto ricorso per cassazione D.G.G. sulla base di un motivo e resiste con controricorso la parte intimata. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi di manifesta infondatezza del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito. E’ stata presentata memoria dalle parti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 64 del 2017, art. 17, dell’art. 384 c.p.c., dell’art. 111 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva il ricorrente che, essendo stato accolto il ricorso per cassazione per vizio di motivazione, i poteri di indagine del giudice di merito non erano limitati, sicchè doveva essere riesaminata la questione della sussistenza dell’inadempimento colpevole del progettista, mentre nella sentenza si afferma apoditticamente con motivazione apparente come già accertata l’esistenza della colpa grave del professionista. Aggiunge che il nulla osta del Genio Civile doveva essere richiesto dalla stessa committente, posto che a questa spettava l’individuazione della ditta appaltatrice e la stipulazione del contratto di appalto per l’esecuzione dei lavori. Conclude nel senso che sulla scorta delle prove acquisite risultava dimostrata la correttezza del comportamento del professionista.

Il motivo è manifestamente infondato. Ha statuito la Corte di legittimità che “non occorreva una espressa delega della committente per l’attivazione della procedura avanti al Genio Civile, dovendo essere considerata attività ricompresa nell’originario mandato perchè rispondente alla normativa edilizia che poi ha portato alla decadenza della rilasciata concessione”. Alla stregua del principio di diritto enunciato dal giudice di legittimità la richiesta del nulla osta del Genio civile doveva intendersi parte dell’obbligazione del professionista e la sua mancata richiesta inadempimento eziologicamente connesso alla decadenza della rilasciata concessione. Ferma tale delimitazione della questione di diritto, compito del giudice di merito era accertare l’esistenza del presupposto di fatto dell’inadempimento e cioè se vi fosse stata la mancata richiesta del nulla osta. E’ quanto è stato fatto dal giudice di merito che, uniformandosi al principio di diritto, ha accertato che vi era stata la mancata richiesta del nulla osta.

Quanto al resto la censura, riaffermando che era compito della committente richiedere il nulla osta in discorso, si pone in contraddizione al principio di diritto enunciato da questa Corte ed invoca inoltre indagini di merito precluse nella presente sede di legittimità.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2020

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