Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3522 del 11/02/2021

Cassazione civile sez. III, 11/02/2021, (ud. 12/10/2020, dep. 11/02/2021), n.3522

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30351/2019 proposto da:

N.W., elettivamente domiciliato presso posta elettronica

certificata dell’avv. ANTONINO NOVELLO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 126/2019 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 26/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/10/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

N.W. è cittadino (OMISSIS).

Risulta che il racconto della sua fuga, del quale il ricorrente non riporta neanche gli elementi essenziali per poterlo ricostruire, quale che sia stato dunque, non è tornato credibile alla Commissione Territoriale, che ha respinto tutte le richieste di protezione avanzate dal ricorrente, inducendolo ad agire davanti al giudice ordinario, che, sia in primo che in secondo grado, ha confermato il rigetto.

Ora N.W. ricorre con due motivi. Non costituzione del Ministero.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile, innanzitutto, in quanto non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto – forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003).

Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.

Poichè il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti è inammissibile. Adde: Cass., Sez. Un. 22575 del 2019.

I motivi se fossero scrutinabili si paleserebbero peraltro inammissibili ed infondati per le seguenti ragioni.

5- Il primo motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 14.

Ritiene il ricorrente che nella valutazione della situazione del Pakistan e segnatamente della esistenza in quel paese di un conflitto armato i giudici di merito hanno fatto ricorso ad una fonte, l’EASO del 2017, del tutto inattendibile, in quanto già ritenuta tale da associazioni straniere.

Aggiunge il ricorrente che la valutazione di pericolosità non va effettuata rispetto alla regione di origine, ma all’intero territorio nazionale, non essendo scontato che il rimpatrio debba avvenire nella limitata area di provenienza anzichè in un’altra della medesima nazione.

Il motivo sarebbe infondato.

Quanto alla area oggetto di valutazione va ribadito che in tema di protezione internazionale, il D.Lgs. n. 251 del 2007, si è avvalso della facoltà prevista dall’art. 8 della direttiva 2004/83/CE di non escludere dalla protezione il richiedente straniero, quando il rischio di persecuzione o di danno grave sia limitato a determinate regioni o aree del Paese di origine e appaia ragionevolmente possibile il trasferimento in altre regioni o aree sicure, sicchè per valutare la sussistenza delle ragioni ostative al rimpatrio, occorre avere riguardo alla zona del Paese in cui il richiedente potrebbe effettivamente fare ritorno, avuto riguardo alla sua origine o ai suoi riferimenti familiari e sociali, (Cass. 8230/2020). Con la conseguenza che l’accertamento della corte di merito è rispettoso di questa regola.

Ciò detto, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. 13858/2018; Cass. 9090/2019).

Il ricorrente richiama, per contro, testimonianze di attacchi terroristici, o di scontri limitati, che non corrispondono ad un conflitto armato generalizzato rilevante ai nostri fini; conflitto invece escluso dalle fonti citate dalla corte di merito.

p..- Il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 288 del 1998, art. 2.

Secondo il ricorrente la corte non ha tenuto conto dei criteri di valutazione della vulnerabilità e di quelli necessari a fondare la protezione umanitaria.

Il motivo sarebbe inammissibile.

La censura è del tutto astratta e generica: descrive le regole che presiedono alla valutazione dei motivi umanitari, ma non dice alcunchè sulla riferibilità, ed in che termini, di tali regole al caso concreto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2021

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