Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3519 del 15/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 15/02/2010, (ud. 12/01/2010, dep. 15/02/2010), n.3519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AMMINISTRAZIONE DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del

ministro pro tempore, e AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del

direttore pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma, via dei

Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

S.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Alessandro

Farnese n. 7, presso lo studio degli avv.ti Claudio Berliri e

Alessandro Cogliati Dezza, che lo rappresentano e difendono;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Veneto, sez. 21, n. 77, depositata il 27 maggio 2002.

Udita la relazione della, causa svolta nella camera di consiglio del

12.1.2010 dal relatore cons. Dott. Aurelio Cappabianca;

udito, per il contribuente, l’avv. Claudio Berliri;

lette le conclusioni scritte dal Procuratore Generale, che ha chiesto

il rigetto del ricorso nelle forme di cui all’art. 375 c.p.c. in

quanto manifestamente infondato.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

– che il contribuente propose ricorso avverso l’avviso di accertamento, con il quale l’ufficio aveva rettificato, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, il reddito dichiarato, per l’anno 1991, da zero a L. 36.527.000;

che l’adita Commissione tributaria respinse il ricorso e che, in esito all’appello dell’Agenzia, la commissione regionale – preso atto della dichiarazione di rinuncia alla pretesa tributaria, fatta in udienza dal rappresentante dell’Ufficio – dichiarò l’estinzione del giudizio per intervenuta cessazione della materia del contendere.

Diritto

RILEVATO IN DIRITTO

– che, avverso la decisione di appello, l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione in unico motivo, censurandola sia sotto il “profilo inerente ai modi ammissibili di disposizione della pretesa fiscale da parte dell’Amministrazione, sia in ragione dell’assoluta carenza di poteri del soggetto rinunciante”;

– che in particolare, sotto il primo profilo, l’Agenzia ha osservato che “… l’Amministrazione finanziaria può, in effetti, rivedere la propria posizione in ordine alla fondatezza della pretesa erariale, ma lo può fare solo in autotutela, provvedendo all’annullamento e/o alla revoca dell’atto impositivo” e, sotto il secondo profilo, che “in ogni caso è senz’altro da escludere la possibilità, per l’Amministrazione finanziaria, di limitarsi, per il tramite di un soggetto sfornito di qualunque potere al riguardo, a riconoscere la fondatezza della tesi del contribuente o, specularmente, l’infondatezza della pretesa erariale”;

– che il contribuente ha resistito con controricorso, deducendo, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso per violazione del termine di cui all’art. 327 c.p.c..

osservato:

– che il ricorso è ammissibile nella prospettiva di cui all’art. 327 c.p.c., in quanto – attesa anche la sospensione dei termini per l’impugnazione di cui alla L. n. 298 del 2002, art. 16, comma 6, – tempestivamente consegnato per la notifica il 26 gennaio 2005, in relazione ad una sentenza depositata il 27 maggio 2005;

– che il ricorso è manifestamente infondato;

– che, infatti, questa Corte ha già avuto modo di affermare che, ancorchè il credito d’imposta, quale espressione del precetto fiscale, non sia nella sua essenza negoziabile, in considerazione del principio di legalità che permea la materia tributaria, ciò non esclude che, nell’esercizio dei suoi poteri di autotutela, l’Amministrazione possa procedere, eventualmente in contraddittorio con il contribuente, ad una rivalutazione qualitativa e quantitativa degli elementi posti, in concreto, a fondamento dell’atto di accertamento, che di quel credito rappresenta la pretesa in proiezione processuale, pervenendo ad una definizione più coerente ai dati oggettivi e tale da evitare un’inutile e defatigante prosecuzione del contenzioso; ciò, in quanto il principio dell’indisponibilità dell’imposizione tributaria non osta a che l’Amministrazione finanziaria riconosca l’illegittimità totale o parziale dell’atto impositivo, e lo ritiri in via di autotutela, determinando così la cessazione della materia del contendere e l’estinzione del processo pendente, o comunque, disponga della lite, decidendo di resistere o non ad un ricorso, di impugnare o non una pronuncia sfavorevole, di coltivare un gravame o rinunciarvi (cfr.

Cass. 18054/08, 305/06);

– che questa Corte ha, altresì, affermato che nel processo tributario, il funzionario autorizzato a rappresentare l’amministrazione finanziaria presso la Commissione tributaria regionale, senza alcuna specificazione limitativa o restrittiva di poteri, ha anche la facoltà di rinunciare all’appello proposto dall’ufficio finanziario” (Cass. 7082/04).

Ritenuto:

che il ricorso va, conseguentemente, respinto, nelle forme di cui agli artt. 375 c.p.c.;

– che, per la soccombenza, l’Agenzia va condannata al pagamento delle spese di causa, liquidate in complessivi Euro 1.100,00 (di cui Euro 900,00 per onorario) oltre spese generali ed accessori di legge.

P.Q.M.

la Corte: respinge il ricorso; condanna il contribuente al pagamento delle spese di causa, liquidate in complessi Euro 1.100,00 (di cui Euro 900,00 per onorario) oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2010

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