Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3519 del 14/02/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 3519 Anno 2018
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: GRECO ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso 8069-2012 proposto da:
FORCHIONE NICOLA, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA CESARE MASSINI 69, presso lo studio dell’avvocato
MARCO DE ANGELIS, rappresentato e difeso dagli
avvocati MARCO MASANTE, DANIELE PORENA;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE RPOVINCIALE I TORINO;
– int.imatok-

2017
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nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che 1o rappresenta e difende;

Data pubblicazione: 14/02/2018

- resistenti avverso la sentenza n. 72/2011 della COMM.TRIB.REG. di
TORINO, depositata il 30/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 20/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO

GRECO;

FATTI DI CAUSA

Nicola Forchione propone ricorso per cassazione con tre
motivi nei confronti della sentenza della Commissione tributaria
regionale del Piemonte che, rigettandone l’appello, ha confermato
la fondatezza della pretesa avanzata con l’avviso di accertamento
con il quale aveva determinato con metodo sintetico il reddito
complessivo netto ai fini dell’IRPEF per l’anno 2003.
Secondo il giudice d’appello l’ufficio aveva proceduto alla
forza di circostanze di fatto, indicatori di maggiore capacità
contributiva, quali le spese per incrementi patrimoniali
effettuate dal contribuente in quel periodo d’imposta, che
avevano giustificato il ricorso a quello strumento di
accertamento.

“Ta determinazione del reddito effettuata

attraverso il redditometro – infatti, prosegue la sentenza
impugnata – dispensa l’Ufficio da qualsiasi altra prova, quando
il ricorso alla stessa determinazione analitica sia stato
prodotto da fatti che hanno provato una maggiore capacità
contributiva del contribuente, che sono divenute pretese
tributarie”.
L’Agenzia delle entrate ha prodotto atto di mera
costituzione al fine della partecipazione all’udienza di
discussione.
RAGIONI MILA DECISIONE

Col primo motivo del ricorso, denunciando violazione e
falsa applicazione dell’art. 38 del d.P.R. 600/1973 e del d.m.
10 settembre 1992, assumendo che il redditometro di cui alla
prima normativa in rubrica sarebbe stato applicato al di fuori
dei casi da essa previsti, non essendo nessuno degli elementi dì
spesa riscontrati dall’ufficio riconducibile agli indicatori di
spesa ivi contemplati. E ciò in quanto erroneamente sarebbe stata
considerata spesa per incrementi patrimoniali la somma
corrisposta per l’acquisto di beni (quote di partecipazione)
relativa alla proprietà dell’immobile utilizzato per svolgere
l’attività artigianale, ed erroneamente sarebbero state
ricomprese anche le spese di gestione del veicolo aziendale. I
beni rilevati – incrementi patrimoniali e spese di gestione – non
potrebbero, secondo il ricorrente, “essere considerati beni

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determinazione del reddito complessivo netto induttivamente in

indice, in quanto relativi a beni aziendali tassativamente
esclusi dall’art. 2, coma 2, del d.m. 10 settembre 1992”.
Il motivo è infondato in quanto nella ricostruzione della
disciplina il ricorrente trascura quanto disposto dall’art. 1,
coma 2, del detto d.nt
E’ vero infatti che, secondo l’art. 2, coma 2, del detto
d.m., la disposizione contenuta nel precedente comma / – ossia
che i beni e servizi di cui al coma 1 del precedente art. 1 si
qualsiasi titolo o anche di fatto utilizza o fa utilizzare i beni
o riceve o fa ricevere i servizi ovvero sopporta in tutto o in
parte i relativi costi – non si applica per i beni e i servizi di
cui all’art. 2, secondo coma, numeri 1), 4) e 5) del d.P.R. n.
600 del 1973 (come sostituito dall’art. 1, coma 1, della legge
n. 413 del 1991), se relativi esclusivamente ad attività
d’impresa o all’esercizio

di

arti o professioni e tale

circostanza risulti da idonea docurrentazione,
ma occorre anche considerare che l’art. 1 dello stesso
d.m., dopo aver stabilito in linea generale (coma 1) che la
disponibilità di beni e servizi di cui all’art. 2, secondo coma,
del d.P.R. n. 600 del 1973, n. 600, è valutata, ai fini della
determinazione sintetica del reddito complessivo netto delle
persone fisiche ai sensi del successivo art. 38, quarto coma,
secondo le modalità indicate nel presente decreto,
dispone (al coma 2) che

“resta ferma la facoltà

dell’ufficio di utilizzare per la determinazione sintetica

del

reddito complessivo netto anche elementi e circostanze di fatto
indicativi di capacità contributiva diversi da quelli menzionati
nel coma /”.
Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa
applicazione dell’art. 38 del d.P.R. 600/1973 e del d.m. 10
settembre 1992, assume che l’accertamento sintetico sarebbe
avvenuto in maniera illegittima, senza che l’ufficio ricostruisse
un reddito compatibile con l’effettiva capacità contributiva,
laddove sarebbe “essenziale nell’attività degli uffici
l’identificazione degli elementi e delle circostanze di fatto
certi rilevanti ai fini della deteiminazione sintetica dei
reddito”.

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considerano nella disponibilità della persona fisica che a

Il motivo è infondato, in quanto, come si evince dalla
stessa formulazione, ad opera del ricorrente, della censura che
precede, già rivelatasi infondata, quanto agli elementi e alle
circostanze di tatto certi rilevanti ai tini della determinazione
sintetica del reddito, sono state correttamente indicate la spesa
per incrementi patrimoniali (la somma corrisposta per l’acquisto
di beni, quote di partecipazione, relativa alla proprietà
dell’immobile utilizzato per svolgere l’attività artigianale),
Per il resto la censura si rivela del tutto generica.
Questa Corte ha chiarito come “in tema di accertamento
tributario con metodo sintetico, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R.
n. 600 del 1973 (nel testo vigente “ratione temporis” tra la
legge n. 413 del 1991 ed il d.l. n. 78 del 2010, conv. in legge
n. 122 del 2010), l’Amministrazione finanziaria può presumere il
reddito complessivo netto sulla base di una serie di indici di
capacità contributiva sostanzialmente fondati sui consumi, tra
cui la disponibilità dei beni e servizi descritti nella tabella
allegata al d.m. 10 settembre 1992, ma anche sulla base di
ulteriori circostanze di fatto indicative di una diversa capacità
contributiva, come, ad esempio, le spese per incrementi
patrimoniali, tra cui l’acquisto di un’azienda” (Cass. n. 15289
del 2015).
Col terzo motivo il ricorrente si duole della motivazione
insufficiente in ordine alla valutazione delle prove contrarie
fornite dal ricorrente.
E’ appena il caso di ricordare che “in tema di imposte sui
redditi, l’accertamento del reddito con metodo sintetico, ex art.
38 d.P.R. n. 600 del 1973, non impedisce al contribuente di
dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior
reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito
in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a
ritenute alla fonte a titolo di imposta e, più in generale, che
il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferioreh
(Cass. n. 21142 del 2016).
Nella specie il giudice d’appello, all’esito dell’esame
compiuto, ha ritenuto che il contribuente “non ha dimostrato che
il maggior reddito, sinteticamente determinato, è costituito in

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nonché le spese di gestione del veicolo aziendale.

tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a
ritenuta alla fonte a titolo d’imposta e pertanto non ha così
dato prova dell’infondatezza della pretesa tributaria”.
La censura è infondata, in quanto imperniata soltanto su
una valutazione degli elementi offerti diversa da quella compiuta
del giudice di merito, la quale appare priva di vizi logici.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese, considerato il

Ta

Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma il 20 febbraio 2017.
Il Presidente
(Carlo Piccininni)

mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata.

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