Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3519 del 11/02/2021

Cassazione civile sez. III, 11/02/2021, (ud. 12/10/2020, dep. 11/02/2021), n.3519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29816/2019 proposto da:

B.Z.S., elettivamente domiciliato in Caltanissetta, via

Sicilia, N. 105, presso l’avv. ANTONELLA MACALUSO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura dello Stato, da cui è

rappresentato e difeso;

– intimato –

avverso la sentenza n. 101/2019 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 18/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/10/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.Z.S. è cittadino (OMISSIS).

Ha raccontato di essere musulmano sunnita e di avere sposato una ragazza sciita, ma che il matrimonio è stato avversato dalla famiglia di lei, in particolare dai fratelli, che, contrari alla unione, ha no minacciato di morte il ricorrente, costringendolo a trasferirsi, insieme alla moglie, in un’altra città, dalla quale, poi, da solo è fuggito in Italia, lasciando in Pakistan la consorte ed una figlia piccola.

Giunto in Italia, ha chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria o comunque quella umanitaria.

La Commissione territoriale ha rigettato le richieste, ritenendo trattarsi di una vicenda di natura privata, comunque poco credibile.

Avverso tale decisione B.Z.S. ha proposto ricorso all’autorità giudiziaria che però lo ha rigettato, con le medesime motivazioni.

In particolare, la corte di appello ha ribadito l’assenza di elementi per poter ritenere il ricorrente vittima di una persecuzione, avendo egli narrato una vicenda di carattere privato, esulante da quelle riferibili alla normativa sui rifugiati; ha escluso la protezione sussidiaria ritenendo che non vi sia nella regione del Punjab un conflitto armato generalizzato; ed infine ha escluso la protezione umanitaria in quanto l’inverosimiglianza del racconto del ricorrente fa propendere per l’assenza di vulnerabilità.

B. ricorre con tre motivi.

Non v’è controricorso del Ministero.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

In via preliminare va osservato che il ricorso non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di Cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata. Poichè il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti è inammissibile. Adde: Cass., Sez. Un. 22575 del 2019.

I motivi, se fossero stati scrutinabili, sarebbero stati comunque inammissibili.

p..- Il primo motivo denuncia violazione della Convenzione di Ginevra e della L. n. 251 del 2007, artt. 2, 5, 6, 7.

Secondo il ricorrente la corte avrebbe ritenuto poco credibile il racconto della sua fuga, e comunque avrebbe escluso la persecuzione nei suoi confronti, senza però fare il dovuto approfondimento istruttorio, venendo meno al dovere di collaborazione nei confronti di una parte così debole come lo straniero fuggito dal suo paese, su cui incombe un onere della prova attenuato.

Il motivo è inammissibile.

Invero, contravvenendo a quanto prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 6, omette di riferire il contenuto dell’interrogatorio del ricorrente in primo grado, di indicare che cosa si era dedotto con l’appello sull’esercizio del potere istruttorio da parte del primo giudice e che cosa si era chiesto di fare sotto tale profilo alla corte territoriale.

Inoltre, la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera opinione del giudice ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi ma alla stregua dei criteri indicati del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, tenendo conto “della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente” di cui al comma 3 dello stesso articolo, senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto. Detta valutazione, se effettuata secondo i criteri previsti dà luogo ad un apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito, essendo altrimenti censurabile in sede di legittimità per la violazione delle relative disposizioni (Cass. 14674/ 2020).

La corte di merito ha ritenuto inverosimile il racconto in base sia alla sua intrinseca struttura (la vicenda viene narrata in modo vago e generico, e con contraddizioni), sia alla assenza di riscontri.

p.- Il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 14.

Ritiene il ricorrente che nella valutazione della situazione del Pakistan e segnatamente della esistenza in quel paese di un conflitto armato giudici di merito hanno fatto ricorso ad una fonte, l’EASO del 2017, del tutto inattendibile, in quanto già ritenuta tale da associazioni straniere.

Il motivo è infondato.

A bene vedere le fonti citate a discredito della fonte, ossia il Consiglio Olandese dei Rifugiati, nonchè la Consulta per richiedenti Asilo, ritengono solo che ci sia stata una omissione nel rapporto del 2016, comunque si tratta di critiche al Report dell’EASO che provengono da associazioni private, di parte, ossia le associazioni dei rifugiati.

Nè può ricavarsi inattendibilità dell’Easo dalla sua collaborazione con il sistema Frontex, quest’ultimo frutto dell’accordo di cooperazione tra Stati dell’Unione, per fronteggiare e gestire il flusso di migranti.

Un accordo del genere semmai manifesta attendibilità della COI in questione, se un organismo istituzionale Europeo se ne serve ufficialmente.

Senza tacere del fatto che la corte ha fatto riferimento altresì ad altre fonti di conoscenza (p.7), diverse dall’Easo ed aggiornate (p.7)

p..- Il terzo motivo denuncia violazione della L. n. 288 del 1998, art. 2.

Secondo il ricorrente la corte non ha erroneamente compiuto la valutazione di vulnerabilità, ossia la sussistenza di seri motivi per concedere il permesso di soggiorno, avendo dato esclusivo rilievo alla inverosimiglianza del racconto, che ha utilizzato per togliere valore al dato costituito dalla integrazione in Italia.

Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente non si duole della inesattezza in iure della motivazione, ma svolge considerazioni in atto circa la condizione del paese di origine e, quanto alla valutazione di credibilità, non coglie la ratio della decisione impugnata che verte sulla vulnerabilità piuttosto che sulla concessione del beneficio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2021

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