Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3507 del 23/02/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3507 Anno 2016
Presidente: AMBROSIO ANNAMARIA
Relatore: DE STEFANO FRANCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SCIANNIMANICA BARTOLOMEO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA EMILIA N. 81, presso lo studio del Notaio
MARCO CIOTOLA, rappresentato e difeso dall’avvocato UGO
MARIA CHIRICO, per procura per notar MARIO IAZZETTI di
S. Antonio Abate in data 08/01/2016 (n. 28543 rep.), in
sostituzione del precedente difensore avvocato MANLIO
LUBRANO DI SCORPANIELLO, munito di procura speciale a
margine del ricorso;

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ricorrente

contro

DELL’AGLIO AMOS & C. SRL, in persona del legale

Data pubblicazione: 23/02/2016

rappresentante pro tempore;

intimata

avverso la sentenza n. 3636/12 della CORTE D’APPELLO DI
NAPOLI, emessa il 17/10/2012 e depositata il
12/11/2012, nonché contro la sentenza del TRIBUNALE DI

03/06/2009;
udita la relazione sulla causa svolta nella pubblica
udienza del 21/01/2016 dal Consigliere Relatore Dott.
FRANCO DE STEFANO;
udito l’Avvocato UGO MARIA CHIRICO;
udito il PUBBLICO MINISTERO, in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. RICCARDO FUZIO, che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

§ 1.

– Con unitario ricorso Bartolomeo Sciannimanica chiede

la cassazione sia della sentenza n. 3636 del 12.11.12 della corte
di appello di Napoli, sia, “conseguentemente o in via subordinata”
della sentenza n. 7027 del 3.6.09 del tribunale di quel capoluogo,
l’appello contro la quale era stato dichiarato inammissibile dalla
prima, entrambe rese sull’opposizione da lui dispiegata avverso il
precetto intimato dalla Dall’Aglio & C. srl a lui ed alla Italconsud
dell’Ing. Bartolomeo Sciannimanica sas in data 24.9.07.
L’intimata non svolge attività difensiva in questa sede.
Motivi della decisione
§ 2.

– Il ricorrente dispiega due motivi:

– un primo, di “violazione e/o falsa applicazione di legge (art.
360, n. 3, c.p.c., in relazione agli artt. 113, I co cpc; 615, I co

udienza 21.1.16 – est. Cons. De Stefano – rg 12427-13

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NAPOLI n. 7027/09, emessa il 29/05/2009 e depositata il

cpc, 616 cpc e 58, I. n. 69/2009, nonché agli artt. 3 e 24 Cost.”,
con cui si duole della ritenuta inammissibilità dell’appello
sostenendo che l’azione, benché formalmente qualificata come
opposizione di precetto, mirava a contestare l’efficacia e
l’esistenza del titolo fatto valere;
– un secondo ed un terzo, rivolti contro la sentenza del
tribunale di Napoli e di cui sostiene la proponibilità in dipendenza

applicazione di legge (art. 360, n. 3, c.p.c., in relazione agli artt.
2909 e 1306 c.c.)”, nonché di “violazione e/o falsa applicazione di
legge (art. 360, n. 3, c.p.c., in relazione agli artt. 2495, comma 2,
e 2304 c.c.)”: coi quali ripropone le contestazioni alla ritenuta
propria qualità di legittimo intimato, nonostante la carenza di
qualunque titolo esecutivo nei suoi diretti confronti, formatosi
invece contro una società estinta, come pure a dispetto del

bene ficium excussionis

spettantegli quale ex socio

accomandatario.
§ 3. – Il primo motivo è manifestamente infondato.
In ossequio a giurisprudenza a dir poco consolidata e in
dipendenza del principio per il quale – in difetto di specifiche
diverse disposizioni transitorie – il regime di impugnazione di una
sentenza è quello del momento della sua pubblicazione, la
sentenza di primo grado sull’opposizione ad esecuzione, anche se
a precetto (ovvero ai sensi del primo comma dell’art. 615 cod.
proc. civ., come nella fattispecie), pubblicata nell’intervallo tra il
1.3.06 ed il 4.7.09, non era suscettibile di appello, ma – in forza
del disposto dell’ultimo periodo dell’art. 616 cod. proc. civ., nel
testo introdotto dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14 senza
alcuna disciplina transitoria – esclusivamente di ricorso per
cassazione, neppure rilevando l’intervenuta abrogazione della
citata disposizione, applicabile solo dal 4.7.09 (come da
giurisprudenza costante; tra le tante: Cass., ord. 30 aprile 2011,
n. 9591; Cass. 12 maggio 2011, n. 10451; Cass., ord. 17 agosto
2011, n. 17325; Cass. 7 novembre 2013, n. 25056; Cass., ord.
11 dicembre 2014, n. 26095; Cass. 20 maggio 2015, n. 10248;

udienza 21.1.16 – est. Cons. De Stefano – r -g 12427-13

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della definizione in rito dell’appello, di “violazione e/o falsa

Cass., ord. 2 luglio 2015, n. 13624; Cass. 31 agosto 2015, n.
17314; Cass., ord. 21 settembre 2015, n. 18608). E tale regime superata la censura della qualificazione sostanziale dell’azione
come ordinaria di accertamento di inesistenza del titolo, visto che
questa è proprio la corrente definizione dell’opposizione a
precetto, ovvero ad esecuzione non ancora iniziata (ribadisce
l’estensione della regola appena riassunta anche a tali opposizioni

Cass., ord. 30 aprile 2011, n. 9591) – si sottrae ad ogni dubbio di
costituzionalità (come a più riprese ribadito da questa Corte e, da
ultimo, da Cass., ordd. 29 settembre 2015, n. 19266, ovvero 2
dicembre 2015, n. 24482, ove richiami ai precedenti).
§ 4.

– Il secondo ed il terzo motivo sono manifestamente

inammissibili.
Non è consentito impugnare la sentenza di primo grado a
distanza di quasi quattro anni dalla sua pubblicazione, ove la
facoltà non sia eccezionalmente riconosciuta all’impugnante
(come nel caso, che con tutta evidenza qui non ricorre, di
definizione dell’appello con ordinanza ex art. 348-bis cod. proc.
civ., ai sensi dell’art. 348-ter cod. proc. civ.): né certamente può
giovare al soccombente in primo grado il suo stesso errore
nell’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile,
discendendo da esso la sola e semplice conseguenza della radicale
inammissibilità sia di quello dispiegato che di quello che in vece
dell’altro avrebbe dovuto essere proposto, ove decorso il relativo
termine, certamente non interrotto o sospeso in dipendenza di
un’attività processuale inammissibile (per una fattispecie analoga,
v. già Cass. 14 ottobre 2005, n. 19976) e non operando alcun
effetto conservativo nel sistema delle impugnazioni in caso di
appello inammissibile (Cass. 8 gennaio 2008, n. 137; applicano lo
stesso principio: Cass. 2 febbraio 2010, n. 2361; Cass. 6
settembre 2007, n. 18716; Cass. 29 gennaio 2003, n. 1269).
§ 5.

– Il ricorso, per essere infondato il primo motivo e

manifestamente inammissibili gli altri, va quindi rigettato, ma non

udienza 21.1.16 – est. Cons. De Stefano – rg 12427-13

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Cass. 15 ottobre 2015, n. 20886, richiamando, tra molte altre,

vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, per
non avervi svolto attività difensiva l’intimata.
§ 6. – Peraltro, per difetto di discrezionalità sul punto (Cass.
14 marzo 2014, n. 5955) trova applicazione l’art. 13, co. 1quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, co.
17, della I. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo
unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza

il provvedimento che definisce quest’ultima, a dare atto della
sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o
improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte
dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui
proposta, a norma del co. 1-bis del detto art. 13.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.P.R. 115/02, come
modif. dalla I. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti
per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a
norma del co. 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione
civile della Corte suprema di cassazione, addì 21 gennaio 2016.

della quale il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando

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