Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3507 del 11/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/02/2011, (ud. 02/12/2010, dep. 11/02/2011), n.3507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, nei cui

Uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

F.M., residente a (OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta

delega in calce al controricorso, dagli Avv.ti MAZZETTI LEOPOLDO e

Franco Fabio Maccabruni, domiciliato in Roma, Via di Monte Giordano,

36 presso il loro studio;

– controricorrente –

AVVERSO la sentenza n. 124/33/2007 della Commissione Tributaria

Regionale di Milano, Sezione n.33, in data 03.12.2007, depositata il

20 febbraio 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

02 dicembre 2010 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Sentito, per il controricorrente, l’Avv. Franco Fabio Maccabruni;

Presente il Procuratore Generale Dott. Ennio Attilio Sepe, che non ha

mosso osservazioni.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte:

Considerato che nel ricorso iscritto al n.8326/2009 R.G. è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n.124/33/2007, pronunziata dalla C.T.R. di Milano, Sezione n.33, il 03.12.2007 e DEPOSITATA il 20 febbraio 2008.

Con tale decisione, la C.T.R. ha rigettato il gravame dell’Agenzia Entrate e ritenuto illegittimo il provvedimento di revoca del beneficio fiscale, in quanto il mancato trasferimento della residenza trovava giustificazione in impedimento oggettivo sopravvenuto.

2 – Il ricorso di che trattasi, che riguarda impugnazione degli avvisi di liquidazione della imposta di registro e degli accessori, a seguito della revoca dei benefici fiscali goduti in sede di rogito, dovuta al fatto che il contribuente non aveva trasferito la residenza nell’immobile acquistato entro il termine di diciotto mesi, censura l’impugnata decisione, per insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi.

3 – L’intimato, giusto controricorso, ha chiesto il rigetto dell’impugnazione.

4 – Le questioni poste dal ricorso in esame, si ritiene possano essere risolte alla luce dei principi affermati in pregresse pronunce di questa Corte.

– Le SS.UU., componendo un originario contrasto, hanno infatti, stabilito che “L’avviso di liquidazione dell’imposta di registro con aliquota ordinaria e connessa soprattassa, a carico del compratore di un immobile abitativo che abbia indebitamente goduto, in sede di registrazione del contratto, del trattamento agevolato di cui alla L. 22 aprile 1982, n. 168, art. 1, comma 6, è soggetto a termine triennale di decadenza, ai sensi e nel vigore del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 74, comma 2, (corrispondente al successivo D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 76 comma 2), a partire dalla data in cui l’avviso può essere emesso, e cioè dal giorno della registrazione, quando i benefici non spettino per la falsa dichiarazione, nel contratto, dell’indisponibilità di altro alloggio o della mancata fruizione in altra occasione dell’agevolazione, o per l’enunciazione, nel contratto stesso, di un proposito di utilizzare direttamente il bene a fini abitativi già smentito da circostanze in atto, oppure, quando detto enunciato proposito, inizialmente attuabile, sia successivamente rimasto ineseguito o ineseguibile, dal giorno nel quale si sia verificata quest’ultima situazione” (Cass. SS.UU. n. 1196/2000).

– E’ stato, altresì, affermato che “In tema di agevolazioni tributarie, i benefici fiscali per l’acquisto della “prima casa”, previsti dalla L. 22 aprile 1982, n. 168, art. 1, comma 6, e dal D.L. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 2, comma 1, (convertito, con modificazioni, nella L. 5 aprile 1985, n. 118), spettano e possono essere conservati soltanto se l’acquisto sia seguito dalla effettiva realizzazione della destinazione dell’immobile acquistato ad abitazione propria, quantomeno entro il termine di decadenza del potere di accertamento dell’Ufficio in ordine alla sussistenza dei requisiti per fruire di detti benefici (Cass. n. 2006/2005, n. 18300/2004, n. 3604/2003, n. 9149/2000).

– Si è, altresì, precisato che “In tema di imposta di registro, il D.L. 7 febbraio 1985, n. 12, art. 2, convertito nella L. 5 aprile 1985, n. 118, richiede, per la fruizione dei benefici ivi previsti, che l’immobile venga acquistato nel comune di residenza o in quello in cui si svolge l’attività lavorativa del compratore e che lo stesso venga effettivamente impiegato ad uso abitativo. A tali fini, ferma restando, quanto alla determinazione della residenza, la prevalenza del dato anagrafico sulle risultanze fattuali, in base al principio della unicità del procedimento amministrativo inteso al mutamento dell’iscrizione anagrafica, sancito anche dal D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, art. 18, comma 2, (contenente il regolamento anagrafico della popolazione residente) – che, nell’affermare la necessità della saldatura temporale tra cancellazione dall’anagrafe del comune di precedente iscrizione ed iscrizione in quella del comune di nuova residenza, stabilisce che la decorrenza “è quella della dichiarazione di trasferimento resa dall’interessato nel comune di nuova residenza il beneficio fiscale della “prima casa” spetta a coloro che, pur avendone fatto formale richiesta, al momento dell’acquisto dell’immobile non abbiano ancora ottenuto il trasferimento della residenza nel Comune in cui è situato l’immobile stesso” (Cass. n. 18077/2002, n. 8377/2001).

5 – La decisione impugnata appare in linea con tali principi.

In vero, la tesi prospettata con i motivi del ricorso, per la quale, sul presupposto che il contribuente avesse trasferito la residenza nell’immobile acquistato dopo la scadenza del termine decadenziale di diciotto mesi, si sostiene che il connesso inadempimento non può trovare giustificazione nei dedotti impedimenti, sembra non potersi condividere.

Sotto un primo ed assorbente profilo perchè, alla stregua del quadro normativo di riferimento e dei richiamati principi, al termine valorizzato in ricorso, avente carattere meramente sollecitatorio, non può riconoscersi natura perentoria, cui riconnettere della decadenza, effetto che deve, invece, ricollegarsi solo all’inutile decorso del termine triennale, decorrente, nel caso, dalla registrazione dell’atto; nel caso, i dati fattuali, relativi alla registrazione del rogito (02.12.2002) ed alla iscrizione all’anagrafe (20.04.2005) erano pacifici e conclamavano il mancato decorso del detto termine triennale alla data dell’iscrizione nel registro anagrafe.

Per altro aspetto, in quanto si propone una lettura della realtà fattuale diversa da quella offerta dai Giudici di appello, deducendosi l’irrilevanza del dedotto impedimento, malgrado dai principi desumibili dalle richiamate pronunce si evince che l’impossibilità di realizzare il proposito abitativo entro termini prestabiliti, va valutato secondo riferimento a parametri di ragionevolezza e buona fede correlati alle vicende del caso di specie.

6 – Si propone, quindi, che il ricorso, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., venga trattato in camera di consiglio e definito con il relativo rigetto, per manifesta infondatezza.

Il Consigliere Dott. Antonino Di Blasi”.

Vista la relazione, il ricorso, il controricorso e tutti gli altri atti di causa;

Considerato che il Collegio condivide le argomentazioni, in fatto ed in diritto, svolte nella relazione;

Considerato, peraltro, che il ricorso appare generico e offre elementi idonei a giustificare un diverso non decisum;

Ritenuto che, in base a tali condivisi motivi ed ai richiamati principi, il ricorso va rigettato; Considerato, altresì, che le spese seguono la soccombenza, vanno poste a carico dell’Agenzia Entrate e liquidate in complessivi Euro millecento, di cui Euro mille per onorario ed Euro cento per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge; Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia Entrate al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, in ragione di complessivi Euro millecento, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011

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