Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3505 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 12/02/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 12/02/2020), n.3505

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4728/2019 R.G. proposto da:

COMUNE DI LAVAGNA, in persona del Commissario straordinario p.t.,

rappresentato e difeso dall’Avv. Pietro Piciocchi, con domicilio in

Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di

cassazione;

– ricorrente –

contro

IDEALSERVICE SOC. COOP., in persona del presidente p.t.

G.E., rappresentata e difesa dall’Avv. Roberto Paviotti, con

domicilio eletto in Roma, via Canina, n. 6;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del Tribunale di

Udine depositata il 27 dicembre 2018;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 gennaio

2020 dal Consigliere Mercolino Guido;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale ZENO Immacolata, che ha chiesto la

dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Comune di Lavagna ha convenuto in giudizio l’Idealservice Soc. Coop., proponendo opposizione al decreto n. 648/18, emesso il 27 aprile 2018, con cui il Tribunale di Udine gli ha ingiunto il pagamento della somma di Euro 391.713,72, oltre interessi legali, a titolo di corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani differenziati ed indifferenziati, affidato alla società convenuta con contratto stipulato nell’anno 2009.

A sostegno dell’opposizione, il Comune ha eccepito l’incompetenza del Giudice adito, affermando la competenza del Tribunale di Genova, in qualità di giudice del luogo in cui esso attore ha la propria sede, del luogo in cui è stato concluso il contratto di appalto e del luogo in cui ha sede l’ufficio di tesoreria incaricato del pagamento; ha aggiunto che l’art. 8.1.2 del contratto devolveva le controversie inerenti all’esecuzione dell’appalto al Tribunale di Chiavari, il cui circondario è stato accorpato a quello del Tribunale di Genova, a seguito della soppressione del predetto ufficio, disposta dal D.Lgs. 7 settembre 2012, n. 155.

Si è costituita l’Idealservice, ed ha contestato l’indicazione del Giudice competente, sostenendo che le norme di contabilità pubblica che individuano il luogo dell’adempimento nella sede dell’ufficio di tesoreria dell’ente debitore derogano all’art. 1182 c.c., ma non prevedono un foro esclusivo ed inderogabile; ha aggiunto che altre fatture emesse per il pagamento del medesimo servizio sono state pagate sul conto corrente accesso da essa convenuta presso la Filiale di Udine della Banca Nazionale del Lavoro; ha rilevato infine che il foro convenzionale previsto dall’art. 8.1.2 del contratto di appalto trova applicazione soltanto nelle ipotesi previste dall’art. 8.1.1, cioè quando l’Amministrazione formuli eccezioni di natura legale, economica o tecnica.

1.1. Con ordinanza del 27 dicembre 2018, il Tribunale di Udine ha dichiarato la propria competenza, rigettando l’istanza di sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo e disponendo la prosecuzione del giudizio, con la fissazione dell’udienza di discussione e l’assegnazione dei termini di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6.

Premesso che le norme di contabilità pubblica che individuano il luogo dell’adempimento in quello in cui ha sede l’ufficio di tesoreria dell’ente contribuiscono all’identificazione del forum destinatae solutionis, eventualmente in deroga all’art. 1182 c.c., ma non rendono detto foro esclusivo nè inderogabile, il Tribunale ha ritenuto che nella specie la volontà di derogare al predetto foro emerga dalla condotta delle parti successiva alla conclusione del contratto, ed in particolare dall’avvenuto pagamento delle precedenti fatture sul conto corrente acceso dall’appaltatrice presso la Filiale di Udine della BNL, il quale consente d’individuare il luogo di adempimento dell’obbligazione nel Comune di Udine situato nel circondario del Tribunale adito. Ha escluso inoltre l’applicabilità del foro convenzionale, rilevando che la società appaltatrice non ha sollevato alcuna contestazione in ordine agli obblighi assunti con la sottoscrizione del capitolato speciale, e concludendo pertanto che il giudizio è stato correttamente promosso dinanzi al Tribunale nel cui circondario il Comune è tenuto ad eseguire il pagamento dei crediti maturati dalla Idealservice, già oggetto di verifica da parte dell’Amministrazione e quindi dotati dei requisiti di liquidità ed esigibilità.

2. Avverso la predetta ordinanza il Comune di Lavagna ha proposto istanza di regolamento di competenza, articolata in tre motivi, illustrati anche con memoria. L’Idealservice ha resistito con memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, va disattesa l’eccezione d’inammissibilità del regolamento, sollevata dalla difesa della resistente in relazione al carattere non decisorio dell’ordinanza impugnata, a suo avviso non recante una statuizione definitiva sulla competenza, in quanto non preceduta dall’assegnazione della causa in decisione, con la formulazione dell’invito a precisare le conclusioni.

E’ pur vero, infatti, che, proprio in tema di competenza, questa Corte ha attribuito un valore spesso determinante al passaggio dalla fase istruttoria a quella decisoria, che si concreta nella formulazione dell’invito a precisare le conclusioni, evidenziando la preordinazione di tale adempimento alla rimessione della causa al collegio ovvero, nei giudizi spettanti alla competenza del tribunale in composizione monocratica, all’assegnazione della causa in decisione, ed affermandone quindi l’essenzialità ai fini della configurabilità di una decisione suscettibile d’impugnazione nelle forme previste dall’art. 42 c.p.c.. In linea generale, è stata quindi esclusa la proponibilità del regolamento di competenza avverso l’ordinanza con cui, a fronte dell’eccezione sollevata dalla parte, il giudice si sia limitato ad affermare la propria competenza, disponendo la prosecuzione del giudizio dinanzi a sè, senza rimettere la causa in decisione e senza invitare le parti precisare integralmente le proprie conclusioni, anche di merito (cfr. Cass., Sez. VI, 18/04/ 2019, n. 10957; Cass., Sez. II, 25/11/2010, n. 23943; Cass., Sez. I, 9/09/ 2004, n. 18199). La portata di tale affermazione non dev’essere tuttavia equivocata, non traducendosi la stessa nell’automatica esclusione della possibilità di ravvisare una pronuncia sulla competenza in assenza del predetto presupposto, al quale viene invece attribuita soltanto una rilevanza particolare, ai fini dell’individuazione dell’intento perseguito dal giudicante attraverso il provvedimento adottato: in tal senso, peraltro, depone anche l’osservazione di ordine generale che la formulazione dell’invito a precisare le conclusioni non condiziona la pronuncia di una valida decisione (anche di merito), trattandosi di un adempimento non prescritto a pena di nullità dell’ulteriore svolgimento del giudizio, e la cui omissione si risolve in una semplice irregolarità che non comporta una lesione del contraddittorio (cfr. Cass., Sez. III, 11/12/2012, n. 22618; Cass., Sez. I, 10/11/2006, n. 24041). Nella più recente giurisprudenza di legittimità, la costante affermazione dell’impossibilità di ricollegare la proponibilità del mezzo d’impugnazione di cui all’art. 42 c.p.c. ad una qualunque statuizione riguardante la competenza è d’altronde accompagnata dall’immancabile precisazione che, pur in assenza del previo invito a precisare le conclusioni, la predetta statuizione deve considerarsi idonea a comportare l’esaurimento della potestas judicandi in ordine alla relativa questione, e quindi a legittimare la proposizione del regolamento di competenza, ove il giudice abbia manifestato in termini di assoluta ed oggettiva inequivocità ed incontrovertibilità il proprio intento di far luogo ad una valutazione considerata non più discutibile o modificabile ai sensi dell’art. 187 c.p.c., comma 3, e dell’art. 177 c.p.c., comma 1 (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. VI, 7/06/2017, n. 14223; 12/ 10/2016, n. 20608; 22/10/2015, n. 21561). Tale puntualizzazione conferma il valore meramente sintomatico dell’invito a precisare le conclusioni, da ritenersi pertanto utilizzabile, unitamente ad altri elementi di carattere testuale o extratestuale, quale indice rivelatore dell’intento perseguito dal giudicante, nell’ambito dell’attività ermeneutica volta a ricostruire complessivamente il contenuto del provvedimento da quest’ultimo adottato.

Ed è proprio tale operazione interpretativa a convincere, nella specie, del carattere decisorio dell’ordinanza impugnata, la quale, pur non essendo stata preceduta dalla formulazione dell’invito a precisare le conclusioni, contiene un’inequivocabile statuizione di rigetto dell’eccezione d’incompetenza per territorio sollevata dal ricorrente, che, posta anche in relazione con la spettanza della relativa decisione al Giudice istruttore, in funzione di giudice unico, consente di ritenere che quest’ultimo abbia inteso risolvere definitivamente la predetta questione: quest’ultima viene infatti affrontata, in motivazione, sotto tutti i profili evidenziati nell’atto di opposizione, con specifiche argomentazioni e puntuali richiami giurisprudenziali, cui fa seguito l’affermazione conclusiva della competenza per territorio del Giudice adito; la relativa dichiarazione è riportata anche nel dispositivo come autonomo capo della decisione, distinto da quelli riguardanti la sospensione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo e la fissazione dei termini di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, la cui assegnazione non si pone in alcun modo in contrasto con la decisione adottata sulla competenza, rappresentandone anzi la naturale conseguenza.

2. Con il primo motivo d’impugnazione, il Comune denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 19 e 20 c.p.c. e del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 185, sostenendo che, nell’escludere la competenza del Tribunale di Genova, quale giudice del luogo in cui doveva essere eseguita l’obbligazione, l’ordinanza impugnata non ha tenuto conto delle norme di contabilità pubblica, che in relazione alle obbligazioni degli enti locali aventi ad oggetto il pagamento di una somma di denaro individuano il luogo dell’adempimento nella sede dell’ufficio di tesoreria delegato all’esecuzione del mandato di pagamento, in deroga all’art. 1182 c.c., comma 3. Afferma che tale competenza resta ferma anche nell’ipotesi in cui il pagamento abbia luogo mediante accreditamento in conto corrente bancario o postale o commutazione del mandato in vaglia cambiario o assegno circolare, dal momento che le relative operazioni vengono effettuate pur sempre dall’ufficio di tesoreria.

3. Con il secondo motivo, l’Amministrazione ribadisce quest’ultimo principio, censurando l’ordinanza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 28,29 e 39 c.p.c., nella parte in cui ha ritenuto che il pagamento effettuato sul conto corrente della convenuta comportasse una deroga al forum destinatae solutionis risultante dall’applicazione delle norme di contabilità pubblica. Aggiunge che, nel ricollegare la predetta deroga al comportamento di essa ricorrente, il Tribunale non ha considerato che, successivamente alla stipulazione del contratto, la stessa può aver luogo esclusivamente mediante un accordo scritto, ovvero per effetto della mancata proposizione dell’eccezione d’incompetenza da parte del convenuto.

4. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e ss., sostenendo che, nell’escludere l’applicabilità del foro convenzionale, l’ordinanza impugnata non ha tenuto conto del tenore letterale degli artt. 8.1.1 e 8.1.2 del capitolato speciale d’appalto, entrambi inclusi nell’art. 8.1, la cui rubrica, avente riferimento alle “controversie”, denota chiaramente la volontà delle parti di designare il Tribunale di Chiavari quale foro competente per tutte le controversie riguardanti il contratto.

5. Il ricorso è fondato.

In tema di obbligazioni pecuniarie degli enti pubblici, ivi comprese quelle degli enti territoriali, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato il principio, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede, secondo cui le norme di contabilità pubblica, subordinando l’esecuzione del pagamento all’osservanza di un’articolata disciplina, che prevede l’effettuazione di riscontri e controlli, e demandando l’emissione del relativo titolo al tesoriere dell’ente, individuano il luogo dell’adempimento in quello in cui ha sede l’ufficio di tesoreria incaricato del pagamento, e ciò, in deroga all’art. 1182 c.c., comma 3, anche nel caso in cui il credito abbia ad oggetto una somma di denaro liquida ed esigibile (cfr. Cass., Sez. I, 20/12/1999, n. 14311; 28/03/1997, n. 2804; 21/04/1995, n. 4503). Tale orientamento, che ha ricevuto conferma anche a seguito della riforma dello ordinamento degli enti locali e della relativa disciplina finanziaria e contabile attuata dapprima con la L. 8 giugno 1990, n. 142 e il D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77 (cfr. Cass., Sez. VI, 21/11/2018, n. 30006; 7/05/2012, n. 6882; Cass., Sez. I, 7/04/2005, n. 7291), e successivamente con il D.Lgs. n. 267 del 2000 (cfr. Cass., Sez. I, 30/10/2013, n. 24481; 25/10/2013, n. 24157; 25/11/2005, n. 25016), trova applicazione anche in materia processuale, ai fini dell’individuazione del giudice competente per le relative controversie, e segnatamente del forum destinatae solutionis, il quale va determinato sulla base del luogo in cui ha sede l’ufficio di tesoreria dell’ente debitore, e ciò anche nel caso in cui il pagamento debba essere effettuato mediante accreditamento del relativo importo su un conto corrente bancario o postale o mediante commutazione del relativo titolo in vaglia cambiario o postale: si è infatti osservato che tali forme di adempimento, applicabili su richiesta del creditore ed aventi carattere facoltativo per il titolare dell’ufficio di tesoreria, costituiscono una mera semplificazione delle modalità di riscossione che non comporta una modificazione del luogo dell’adempimento, da individuarsi pur sempre in quello in cui ha sede l’ufficio di tesoreria, conformemente alle finalità pubblicistiche perseguite dalla disciplina in esame (cfr. oltre a quelle già citate, Cass., Sez. VI, 10/06/2019, n. 15579).

5.1. Tali principi non risultano correttamente applicati nell’ordinanza impugnata, la quale, nell’escludere la competenza territoriale del Tribunale di Genova, in qualità di giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio di tesoreria del Comune di Lavagna, ha richiamato la precisazione, anch’essa costantemente compiuta dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il forum de-stinatae solutionis individuato sulla base delle norme di contabilità pubblica non ha carattere esclusivo nè inderogabile (cfr. Cass., Sez. VI, 12/01/2015, n. 270; 7/05/2012, n. 6882; Cass., Sez. I, 25/05/2005, n. 11016), affermando che nella specie il predetto foro doveva ritenersi derogato per effetto dell’accordo relativo al luogo dell’adempimento, intervenuto tra le parti successivamente alla conclusione del contratto, in virtù del quale il Comune ha provveduto al pagamento delle precedenti fatture mediante accreditamento del relativo importo sul conto corrente intestato alla società appaltatrice presso la Filiale di Udine della BNL. Tale affermazione comporta infatti una evidente confusione tra le norme che disciplinano la competenza territoriale, liberamente derogabili dalle parti al di fuori dei casi previsti dall’art. 28 c.p.c., e quelle che disciplinano l’effettuazione dei pagamenti da parte delle Pubbliche Amministrazioni, che hanno invece carattere inderogabile, in quanto volte ad assicurare l’ordinato e razionale svolgimento della gestione amministrativa e contabile degli enti cui è affidata la realizzazione di interessi collettivi. Essa non può trovare giustificazione nel principio richiamato, il quale, correttamente interpretato, consente all’attore di agire dinanzi ad un foro diverso da quello del luogo in cui dev’essere adempiuta l’obbligazione (ad esempio, il foro generale del convenuto o quello del luogo in cui è sorta l’obbligazione) ed alle parti di accordarsi per l’individuazione di un foro (quello convenzionale) diverso da tutti quelli previsti dagli artt. 19 e 20 c.p.c., ma non permette alle stesse d’individuare un forum destinatae solutionis diverso da quello del luogo in cui, secondo le norme di contabilità pubblica, l’obbligazione dev’essere adempiuta. Nella specie, peraltro, neppure il riferimento ad un criterio di collegamento differente da quello del luogo di adempimento dell’obbligazione avrebbe consentito d’individuare il giudice territorialmente competente in un Tribunale diverso da quello di Genova, nel cui circondario (comprendente anche quello originariamente spettante al Tribunale di Chiavari, soppresso dal D.Lgs. n. 155 del 2012, art. 1), oltre ad essere situato l’ufficio di tesoreria del Comune di Lavagna, che avrebbe dovuto provvedere al pagamento, ha sede l’Amministrazione comunale, che nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo riveste la posizione sostanziale di convenuta, ed è stato stipulato anche il contratto d’appalto, dal quale è sorta l’obbligazione fatta valere con il ricorso per decreto ingiuntivo. Ininfluente deve inoltre considerarsi la circostanza, posta in risalto dall’ordinanza impugnata, che i pagamenti precedentemente effettuati dal Comune in esecuzione del medesimo contratto di appalto abbiano avuto luogo mediante accreditamento in conto corrente bancario, trattandosi, come si è visto, di una modalità di estinzione del mandato meramente facoltativa, cui il tesoriere dell’ente può fare ricorso su richiesta del creditore, al solo fine di agevolare la riscossione della somma dovuta, e senza che ciò comporti lo spostamento del luogo di adempimento dell’obbligazione, fissato in maniera cogente dalla disciplina pubblicistica. La rilevanza conferita alla condotta tenuta dal Comune successivamente alla stipulazione del contratto si pone d’altronde in contrasto con il requisito della forma scritta imposto dall’art. 29 c.p.c. ai fini dell’accordo per la deroga alla competenza territoriale, il quale esclude la possibilità di desumere la relativa manifestazione di volontà dal comportamento delle parti anteriore all’instaurazione del giudizio, ed ancor meno da quello unilateralmente tenuto da una sola di esse, con la conseguenza che, in assenza di un patto scritto, l’applicabilità dei criteri previsti dalla legge può restare esclusa soltanto per effetto della proposizione della domanda dinanzi ad un giudice diverso da quello territorialmente competente e della implicita adesione del convenuto, che si manifesta attraverso l’astensione dall’eccezione d’incompetenza (cfr. Cass., Sez. III, 16/03/1963, n. 660).

6. L’ordinanza impugnata va pertanto cassata, restando assorbito il terzo motivo, con il conseguente rinvio della causa al Tribunale di Genova, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso e dichiara la competenza del Tribunale di Genova, dinanzi al quale il processo dovrà essere riassunto nel termine di legge.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020

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