Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3500 del 12/02/2020
Cassazione civile sez. VI, 12/02/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 12/02/2020), n.3500
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9085-2018 proposto da:
A.M.C., A.N., elettivamente domiciliati in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e
difesi dall’avvocato MARIA ANTONIETTA BRUNO;
– ricorrente –
contro
COMUNITA’ MONTANA COLLINA MATERANA IN LIQUIDAZIONE, in persona del
Commissario Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e
difesa dall’avvocato ANTONIO ROSARIO TROCINO;
– controricorrente –
A.S.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 125/2017 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,
depositata il 03/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 10/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO
MARULLI.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. A.M.C. ed A.N. impugnano l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Potenza ha respinto la domanda dei medesimi nei confronti della Comunità Montana della Collina materana volta a conseguire le giuste indennità di occupazione e di esproprio conseguenti all’ablazione da parte dell’ente convenuto di un’area di loro proprietà da destinarsi alla realizzazione di un PIP e ne chiedono la cassazione sulla base di quattro motivi di ricorso, seguiti da memoria, ai quali resiste l’intimata con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso – alla cui disamina non si frappongono le pregiudiziali di parte intimata, posto che la spendita della parola “mandato” in luogo di quella di “procura”, che figura nell’incipit e nel corpo dell’atto di conferimento della rappresentanza, è da reputarsi indifferente ove si manifesti, come appunto qui, in modo univoco la volontà di entrambi i ricorrenti, che lo hanno pure sottoscritto, di investire espressamente il difensore del potere di proporre ricorso per cassazione; che il ricorso lumeggia con accettabile perspicuità gli antefatti processuali della vicenda; e che la legittimazione degli odierni ricorrenti consta per acta -allega con il primo motivo la violazione della L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 13, avendo il decidente del grado erroneamente ritenuto che il decreto di esproprio dovesse essere emesso entro il termine di durata dell’occupazione legittima e non entro il termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità.
3. Il motivo è fondato.
4. E’ invero convinzione, che questa Corte ha già inteso esternare evidenziando a SS.UU. che la dichiarazione di pubblica utilità formalizzata a mente della L. n. 2359 del 1865, art. 13, contiene i due termini per l’inizio dei lavori e della procedura espropriativa e i due termini per il relativo compimento, la scadenza dell’ultimo dei quali, senza che abbia avuto luogo l’adozione del decreto di esproprio converte l’attività altrimenti legittima della P.A. in un illecito aquiliano (Cass., Sez. U, 26/04/2007, n. 10024) -, che anche nel caso di successive proroghe di essa “da dichiarazione resta efficace e il decreto di esproprio è quindi valido, se emesso prima dell’ultima scadenza; ne consegue che, non essendo configurabile alcuna carenza del potere amministrativo (nè in astratto, nè in concreto), è legittima l’attività manipolativa del bene del privato compiuta nel complessivo periodo di efficacia della dichiarazione (Cass., Sez. I, 18/07/2019, n. 19469).
5. La declinata censura coglie perciò nel segno, non potendo a proprio conforto la decisione impugnata invocare il precedente da essa citato atteso che qui è incontestata l’avvenuta adozione del decreto di esproprio.
6. Cassandosi, di riflesso, quanto da essa diversamente statuito, nel susseguente giudizio di rinvio provvederà il giudice a quo ad accertare, in relazione all’affermato principio di diritto, la tempestività o meno del decreto emesso.
7. Parimenti fondato deve pure giudicarsi il secondo motivo di ricorso lamentandosi, per suo tramite, un vizio di omessa pronuncia in ordine alla domanda intesa a conseguire la corresponsione dell’indennità di occupazione, che, ancorchè trasfusa in conclusione specifica, come i ricorrenti si danno cura di documentare riproducendone il contenuto anche ai fini dell’autosufficienza del ricorso, il decidente del grado ha invece immotivatamente pretermesso, così incorrendo nella denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c.
8. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso evidenziano subordinati profili di diritto che restano assorbiti dall’accoglimento del secondo motivo di ricorso.
9. Vanno dunque accolti il primo ed il secondo motivo di ricorso e vanno dichiarati assorbiti il terzo ed il quarto motivo.
Cassata con ciò l’impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti, la causa va rimessa al giudice a quo per un nuovo giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbiti il terzo ed il quarto motivo di ricorso; cassa l’impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Potenza che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 10 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020