Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 350 del 10/01/2018

Cassazione civile, sez. lav., 10/01/2018, (ud. 11/10/2017, dep.10/01/2018),  n. 350

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza n. 317/12, depositata il 21 marzo 2012, accoglieva l’appello proposto da B.U. nei confronti del Comune di Vibo valentia avverso la sentenza del Tribunale di Vibo Valentia resa tra le parti, e in riforma della stessa condannava il Comune al pagamento della somma di Euro 56.542,32, oltre interessi legali come per legge.

2. La Corte d’Appello affermava che la contestazione formulata dall’appellato relativa alla carenza in pianta organica di un posto di qualifica dirigenziale per il capo dell’ufficio tecnico comunale non aveva fondamento. Non vi era contestazione sullo svolgimento di mansioni superiori e che non rilevava la mancanza in pianta organica di un posto di qualifica dirigenziale per il capo ufficio tecnico comunale.

Le notorie dimensioni del Comune di Vibo Valentia, a prescindere o meno dall’esistenza della relativa previsione in pianta organica, ponevano in evidenza che l’avere diretto l’ufficio tecnico comunale aveva significato a tutti gli effetti aver svolto mansioni proprie di una qualifica dirigenziale.

3. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il Comune con un unico motivo di ricorso.

4. Resiste il ricorrente con controricorso, deducendo, in vai preliminare, l’inammissibilità del ricorso.

5. Il Comune ha depositato memoria in prossimità dell’udienza pubblica.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, vanno disattese le eccezioni di inammissibilità formulate dal contro ricorrente non ricorrendo le fattispecie richiamate dal contro ricorrente.

Il ricorso supera il vaglio di ammissibilità atteso che le censure sono prospettate in relazione alla statuizione di appello. Del tutto generica è poi l’eccezione di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6, che si sostanzia nel mero richiamo della disposizione processuale invocata.

2. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 5.

Assume il ricorrente che lo svolgimento delle mansioni superiori da parte del dipendente presuppone l’esistenza del corrispondente posto nella pianta organica dell’ufficio.

Il lavoratore al tempo dei fatti di causa era inquadrato al livello più elevato tra quelli previsti dalla pianta organica dell’ufficio di appartenenza, e, quindi, svolgeva funzioni latu sensu direttive.

Ciò, tuttavia, non significava che potesse farsi questione di mansioni dirigenziali, dal momento che la pianta organica dell’ufficio non prevedeva la presenza di alcun dirigente a capo dell’ufficio.

3. Il motivo di ricorso è fondato e va accolto.

Questa Corte ha affermato, come ricorda il controricorrente (Cass., n.13597 del 2009) che la considerazione delle specifiche caratteristiche delle posizioni organizzative di livello dirigenziale e delle relative attribuzioni regolate dal contratto di incarico, come della diversità delle “carriere”, non può escludere la applicazione della disciplina in esame quando venga dedotto, come nella specie, l’espletamento di fatto di mansioni dirigenziali da parte di un funzionario; tale ipotesi può essere invece ricondotta certamente alla previsione del citato quinto comma, relativa al conferimento illegittimo di mansioni superiori, da cui consegue il diritto al corrispondente trattamento economico, secondo la ratio della norma che è quella di assicurare al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 Cost..

Ciò, tuttavia, presuppone la sussistenza di una posizione organizzativa cui riferire l’esercizio delle funzioni dirigenziali, nella specie mancante.

Lo svolgimento di fatto di funzioni dirigenziali non può che espletarsi in relazione ad una specifica posizione organizzativa, rispetto alla quale si sia prevista l’esercizio di funzioni dirigenziali o l’attribuzione a dirigente.

Dunque, non si pone la questione, richiamata dal controricorrente, della necessità della vacanza del posto per lo svolgimento delle mansioni superiori, esclusa da questa Corte (Cass., n.23161 del 2016) che ha affermato il diritto al corrispondente trattamento retributivo non solo nell’ipotesi di copertura temporanea di un posto vacante in organico ma anche nel caso di sostituzione di personale assente avente diritto alla conservazione del posto di lavoro.

La rilevanza della sussistenza dell’ufficio dirigenziale viene, altresì, in rilievo in Cass., n. 6068 del 2016, che ha affermato che la preposizione ad un ufficio, comporta, in mancanza di espresse limitazioni, il conferimento di tutti i poteri di direzione dello stesso, sicchè la mancanza di conferimento dell’incarico dirigenziale esclude solo le attribuzioni, propositive e gestorie, legate alla predeterminazione degli obiettivi, (nella specie, la S.C. cassava per contraddittorietà motivazionale la decisione di merito con cui era stato escluso che la preposizione formale di un dipendente inquadrato nell’area C, posizione economica C3, del c.c.n.l. comparto ministeri, alla direzione di due istituti penitenziari per la cui copertura era prevista la posizione dirigenziale, potesse provare lo svolgimento delle superiori mansioni).

Inoltre, come già affermato (Cass., n. 12898 del 2017), in seguito alla riforma della dirigenza del lavoro pubblico contrattualizzato, che ha istituito un ruolo unico della dirigenza articolato in due sole fasce (dirigente superiore e dirigente generale), la valutazione in ordine alla natura dirigenziale delle mansioni svolte dal dipendente va operata con riferimento alle nuove regole, non essendo ammissibile il differimento della loro applicazione, neanche qualora si ritenga che esso trovi giustificazione in una ragione transitoria, come quella concernente il tempo di adeguamento di ciascuna realtà amministrativa ai dettami della riforma.

4. Il ricorso va accolto. La sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio, che si atterrà ai principi sopra enunciati.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2018

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