Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3498 del 14/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3498 Anno 2018
Presidente: CRISTIANO MAGDA
Relatore: BISOGNI GIACINTO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da
Faal Ousmane, domiciliato in Roma, presso la Cancelleria
della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso, per
procura speciale alle liti in calce al ricorso, dall’avv. Massimo
Gentili che indica per le comunicazioni relative al processo la
p.e.c. avvmassimogentili@cnfpec.it e il fax 0733/265281;

– ricorrente nei confronti di
Ministero dell’Interno – Commissione Territoriale per il
riconoscimento della protezione internazionale di Roma 2;

– intimatoavverso la sentenza n. 1603/2016 della Corte di appello di
Ancona, emessa il 23 novembre 2016 e depositata il 14
2017
dicembre 2016 R.G. n. 632/2016;

Data pubblicazione: 14/02/2018

Rilevato che
1. Faal Ousmane, cittadino senegalese, ha adito la
Commissione territoriale per il riconoscimento della
protezione internazionale di Roma 2 sezione di Ancona
esponendo di essere stato vessato, malmenato e

cui abitava insieme ai figli, a causa delle difficoltà
economiche sorte con la chiusura della fabbrica dove
lavorava. La domanda è stata respinta dalla
Commissione e il successivo ricorso al Tribunale di
Ancona è stato anch’esso respinto sul rilievo della
insussistenza, nella prospettazione del richiedente, dei
presupposti per la concessione di una delle diverse
tipologie di protezione internazionale anche in
riferimento alla situazione attuale del Senegal.
2. La Corte di appello di Ancona, con sentenza n.
1603/2016, ha confermato la decisione del Tribunale
qualificando come meramente economiche le
motivazioni che hanno determinato il ricorrente a
lasciare il Senegal per approdare in Europa: La Corte
ha anche ribadito il giudizio di vaghezza e
inattendibilità sulla deposizione del richiedente.
3. Ricorre per cassazione Faal Ousmane che deduce: a)
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione;
b) violazione ed errata applicazione delle norme di
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minacciato di morte dalla famiglia della moglie, presso

diritto.
Ritenuto che
4. Il ricorso è inammissibile, sia per la deduzione di
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione,
che si rivela non conforme al disposto dell’art. 360 n.

fatto il cui esame, da ritenersi decisivo ai fini della
definizione della controversia, sia stato omesso dal
giudice che ha emesso la sentenza impugnata. E’
altresì inammissibile per la indeterminata indicazione
della violazione ed errata applicazione di norme di
diritto, indicazione che non viene a precisarsi
sostanzialmente neanche con la lettura integrale del
testo del ricorso. Sotto quest’ultimo profilo deve
richiamarsi la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ.

sez. I, n. del 30 novembre 2016) secondo cui “il vizio
della sentenza previsto dall’art. 360, comma 1, n. 3,
c.p.c., dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del
motivo, giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4,
c.p.c., non solo con l’indicazione delle norme che si
assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante
specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti,
intese a motivatamente dimostrare in qual modo
determinate affermazioni in diritto contenute nella
sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto
3

5 c.p.c. che, come è noto, richiede l’indicazione del

con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con
l’interpretazione delle stesse fornite dalla
giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo
alla corte regolatrice di adempiere al suo compito
istituzionale di verificare il fondamento della lamentata

deduzione di errori di diritto individuati per mezzo
della sola preliminare indicazione delle singole norme
pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di
una critica delle soluzioni adottate dal giudice del
merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla
controversia, operata mediante specifiche e puntuali
contestazioni nell’ambito di una valutazione
comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel
motivo e non attraverso la mera contrapposizione di
queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione
della sentenza impugnata.
5. Il ricorrente lamenta il mancato rilievo da parte della
Corte di appello dell’omessa traduzione della decisione
della Commissione territoriale da comunicare al
richiedente. La censura è infondata perché, in tema di
protezione internazionale, la nullità del provvedimento
amministrativo, emesso dalla Commissione
territoriale, derivante dalla omessa traduzione, in una
lingua conosciuta dall’interessato o in una delle lingue
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violazione. Risulta, quindi, inidoneannente formulata la

veicolari, non esonera il giudice adito dall’obbligo di
esaminare il merito della domanda, poiché oggetto
della controversia non è il provvedimento negativo ma
il diritto soggettivo alla protezione internazionale
invocata, sulla quale comunque il giudice deve

provvedimento ma solo le eventuali conseguenze di
essa sul pieno dispiegarsi del diritto di difesa (Cass.

civ., sezione VI-1 ordinanza n. 7385 del 22 marzo
2017). Anche i riferimenti alla Convenzione di Ginevra
del 1951, al Protocollo relativo allo Statuto dei
Rifugiati del 31 gennaio 1967, alla direttiva
2004/83/CE e agli artt. 738, comma 3, e ss. 345,
comma 3, e ss. 359 e 184 c.p.c. sono del tutto astratti
e si limitano a riprodurre l’obbligo di cooperazione del
giudicante in questa materia senza indicare quale
accertamento i giudici del merito avrebbero dovuto
effettuare per circostanziare la domanda in relazione
alla storia del richiedente e alle condizioni attuali del
Senegal, che la Corte di appello ha valutato ritenendole
inadeguate a fondare le richieste di riconoscimento
dello status di rifugiato, di protezione sussidiaria e
umanitaria. In quest’ultima prospettiva il richiamo
delle disposizioni di cui all’art. 14 del d.lgs. n.
251/2007 e all’art. 5 comma 6 del T.U. immigrazione
5

statuire, non rilevando in sé la nullità del

appare del tutto avulso rispetto alla fattispecie decisa
dal giudice di appello (che si riferisce alla richiesta di
protezione internazionale di un cittadino senegalese e
non pakistano) e all’applicazione delle norme in
questione.

statuizioni sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115
del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso
articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21
novembre 2017.
Il Presidente
Magd

iano

6. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile senza

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