Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3497 del 23/02/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 3497 Anno 2016
Presidente: VENUTI PIETRO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 11952-2010 proposto da:
CANCELLI

MARCELLA

C.F.

CNCMCL75S54E815G,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 172,
presso lo studio dell’avvocato SERGIO GALLEANO, che
la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente 2015
4709

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio
dell’avvocato FESSI ROBERTO, che la rappresenta e

Data pubblicazione: 23/02/2016

difende giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 823/2009 della CORTE D’APPELLO
di LECCE, depositata il 28/04/2009 R.G.N. 654/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Dott. PIETRO VENUTI;
udito l’Avvocato GALLEANO SERGIO;
udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega
verbale Avvocato PESSI ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udienza del 03/12/2015 dal Presidente e Relatore

R.G. n. 11952/10
Ud. 3 dic. 2015

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

2009, ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto
la domanda proposta da Cancelli Mariella nei confronti di Poste
Italiane s.p.a., volta ad ottenere la declaratoria di illegittimità del
termine apposto al contratto, la conversione del rapporto in rapporto
a tempo indeterminato, la riammissione in servizio e la condanna
della società al risarcimento del danno.
Il contratto era stato stipulato dal 15 marzo 2002 al 30 aprile
2002 “per esigenze tecniche, organizzative e produttive, anche di
carattere straordinario, conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi
ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse nel
territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero
conseguenti alla introduzione e/o sperimentazione di nuove
tecnologie, prodotti o servizi, nonché alla attuazione delle previsioni
di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre 2001, 11 dicembre 2001,
11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002”.
Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso la
lavoratrice sulla base di due motivi. Resiste la società con
controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata violazione dell’art. 1 D.
Lgs. n. 368 del 2001.
Si deduce che tale disposizione impone al datore di lavoro che
intenda stipulare un contratto di lavoro subordinato a tempo
determinato di indicare specificamente le ragioni dell’assunzione, al
fine di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa
dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso

La Corte d’appello di Lecce, con sentenza depositata il 28 aprile

-

2

del rapporto e di rendere possibile la conoscenza dell’effettiva portata
delle ragioni medesime, onde consentire al giudice il relativo
controllo di effettività.
Nella specie, si aggiunge, il contratto contiene una pluralità di
ragioni, che non consentono la chiara individuazione delle ragioni
dell’assunzione.

Lgs. n. 368 del 2001, in relazione all’art. 2697 cod. civ.
Si rileva che il datore di lavoro avrebbe dovuto in ogni caso
chiarire come e in che termini l’utilizzo della ricorrente sia stato in
concreto effettuato in relazione alle esigenze dedotte nel contratto.
Poiché Poste aveva indicato più ragioni giustificative, doveva
intendersi che la ricorrente era stata impiegata con riferimento a
tutte dette ragioni.
Si precisa inoltre che la società aveva articolato capitoli di
prova, al fine di dimostrare che l’ufficio di destinazione della
ricorrente era stato interessato dai processi di ristrutturazione e di
mobilità aziendali che avevano determinato le esigenze di carattere
produttivo e organizzativo che avevano dato luogo all’assunzione, ma
le relative circostanze erano del tutto generiche, non indicando quali
“processi innovativi” erano “in via di introduzione presso l’unità
produttiva, segnatamente nel settore recapito ed a quali di questi
servizi è stato adibito il lavoratore e in quale misura rispetto
all’esigenza di ovviare alle dedotte carenze di personale”.
3. Il primo motivo non può trovare accoglimento, mentre è
fondato il secondo.
La questione per cui è controversia è stata già affrontata dalla
giurisprudenza di questa Corte e risolta con l’affermazione del
principio secondo cui l’apposizione di un termine al contratto di
lavoro, consentita dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, a fronte di
ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo,
che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito
atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo
circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la
veridicità di tali ragioni nonché l’immodificabilità delle stesse nel
corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione dell’art. 1 D.

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_
particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore
di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la
prestazione a tempo determinato, sì da rendere evidente la specifica
connessione fra la durata solo temporanea della prestazione e le
esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a
realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente

con la stessa. Spetta al giudice di merito accertare, con valutazione
che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta
esente dal sindacato di legittimità, la sussistenza di tali presupposti,
valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a
dar riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai
fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi
intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del
rapporto (cfr,

ex plurimis,

Cass., nn. 2279/10; 10033/10;

16303/10).
Ed invero l’esplicitazione delle ragioni dell’apposizione del
termine può risultare anche indirettamente dal contratto di lavoro,
attraverso il riferimento ad altri testi scritti accessibili dalle parti, in
particolare nel caso in cui, data la complessità e la articolazione del
fatto organizzativo, tecnico o produttivo che è alla base della
esigenza dell’assunzione a termine, questo risulti analizzato in
specifici documenti, specie a contenuto concertativo, richiamati nella
causale di assunzione.
Per ciò che riguarda l’onere probatorio, deve ancora essere
richiamata la già ricordata sentenza di questa Corte n. 2279/2010, la
quale, sviluppando argomentazioni già adottate in precedenti
pronunzie (Cass., nn. 12985/08; 14011/04; 7468/02), ha rilevato
che detto onere deve essere posto a carico del datore di lavoro. Con
tale pronuncia è stato infatti posto in evidenza che – già prima
dell’introduzione del comma anteposto al D.Lgs. n. 368 del 2001, art.
1, dalla L. n. 247 del 2007, art. 39, per il quale “il contratto di lavoro
subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato” – il suddetto
art. 1 aveva confermato il principio generale secondo cui il rapporto
di lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato,

nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento

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costituendo pur sempre l’apposizione del termine una ipotesi
derogatoria.
E’ stato inoltre rilevato che la tecnica legislativa adottata dal
decreto legislativo – secondo la quale l’apposizione del termine “è
consentita” solo “a fronte” di determinate specifiche ragioni
derogatorie – impone di considerare che le ragioni stesse, proprio

da chi le deduce a sostegno delle proprie difese e che la pertinenza
alla posizione del datore di lavoro delle situazioni derogatorie è
elemento normalmente significativo del conseguente carico
probatorio in giudizio. Tale risultato ermeneutico è imposto dal
richiamo della cosiddetta clausola di non regresso contenuta nella
direttiva a cui il decreto dà attuazione e per il riferimento al
contenuto della delega posto alla base del decreto legislativo, che è
limitato all’attuazione della direttiva, la quale non contiene
disposizioni che si attaglino ad una diversa distribuzione dell’onere
della prova con riguardo al primo o unico contratto di lavoro a tempo
determinato.
Nella specie, la Corte di merito ha precisato che la lettura degli
accordi indicati nella lettera di assunzione evidenziava appieno,
nell’attuazione dei nuovi processi produttivi, la carenza di lavoratori
nelle attività di recapito e di sportelleria, “la non fungibilità tra le
qualifiche proprie del personale in eccedenza e quelle richieste per le
attività in parola nonché l’opportunità di far ricorso ad assunzioni di
personale a tempo determinato al fine di garantire il livello di qualità
dei servizi soprattutto nel settore del recapito”.
Risultavano perciò, ad avviso della Corte anzidetta, “pienamente
specificate, sia pure indirettamente, le ragioni tecnico-organizzative
che hanno portato all’assunzione della lavoratrice per lo svolgimento
di mansioni in un settore produttivo e presso un’unità operativa
scoperti a seguito dei processi di riorganizzazione aziendale”.
Ma, mentre va prestata adesione alla prima parte di tale
statuizione, in quanto resa in conformità ai principi giurisprudenziali
sopra enunciati – ciò che comporta il rigetto del primo motivo -,
altrettanto non può dirsi con riguardo alla seconda affermazione
(“svolgimento di mansioni “), atteso che la Corte territoriale non

perché adottate in deroga, sono normalmente da provare in giudizio

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spiega in base a quali elementi abbia ritenuto che la lavoratrice sia
stata assegnata, e con quali mansioni, ad una unità operativa
“scoperta” a seguito del processo di riorganizzazione aziendale – il
convincimento di quel giudice non è supportato da altri ragioni -,
considerato peraltro che la causale indicata nel contratto, come
riportata nella sentenza impugnata e negli scritti difensivi delle parti,

lavoro, al settore al quale la medesima è stata addetta, alla
scopertura di posti in detta sede, alle esigenze di sostituire il
personale assente, limitandosi a richiamare solo le

“esigenze

tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario
conseguenti a processi di riorganizzazione conseguenti
all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi

if

Ne consegue che, al riguardo, la motivazione della sentenza
impugnata appare insufficiente a sostenere le ragioni della decisione,
non avendo la Corte di merito dato conto della specifica connessione
fra la durata solo temporanea delle prestazioni e le esigenze
produttive ed organizzative che tali prestazioni erano chiamate a
realizzare e la utilizzazione della lavoratrice esclusivamente
nell’ambito delle specifiche ragioni indicate ed in stretto collegamento
con le stesse.
Il secondo motivo deve pertanto, sul punto, essere accolto, con
la conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e con rinvio al
giudice indicato in dispositivo per un nuovo esame.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente
giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso e rigetta il primo;
cassa la sentenza impugnata – rinvia, anche per le spese, alla Corte
d’appello di Lecce in diversa composizione.
Così deciso in Roma in data 3 dicembre 2015.

non reca alcun riferimento alle mansioni della lavoratrice, alla sede di

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