Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3497 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 12/02/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 12/02/2020), n.3497

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 1792-2019 proposto da:

Q.F.O., elettivamente domiciliato presso l’avvocato

ALESSANDRO PRATICO’ che lo rappres. e difende con procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., elett.te domic.

presso l’Avvocatura dello Stato;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2526/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/12/2019 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO

CAIAZZO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con ordinanza emessa il 24.5.16, il Tribunale di Milano rigettò il ricorso proposto da Q.F.O. avverso il provvedimento emesso dalla Commissione territoriale, al fine di ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero della protezione sussidiaria ed umanitaria. In particolare, il Tribunale escluse la protezione internazionale, ravvisando la natura strettamente personale, economica e familiare delle vicende narrate, nonchè la protezione sussidiaria- stante l’inattendibilità delle dichiarazioni rese dal ricorrente e l’insussistenza in Ghana di uno stato di conflitto armato tale da costituire un pericolo per la sua incolumità- e quella umanitaria, per la mancata allegazione di situazioni di vulnerabilità e per le ampie relazioni parentali.

Con sentenza emessa il 21.5.18, la Corte d’appello di Milano respinse l’impugnazione avverso la sentenza del Tribunale, osservando che: le dichiarazioni rese dal ricorrente erano inattendibili in quanto il relativo racconto era superficiale e in parte contraddittorio e comunque collocabili in una vicenda privata e familiare, non essendo state allegate circostanze riconducibili a situazioni socio-politiche, come emerso anche da quanto dichiarato circa i motivi per cui aveva lasciato il Ghana; in tale Stato non sussisteva una situazione di conflitto armato interno; non ricorrevano i presupposti del permesso umanitario non essendo emersi particolari elementi di vulnerabilità, nè un effettivo processo d’integrazione in Italia.

Il Q. ricorre in cassazione con due motivi.

Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo, si denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5, 6,7 e 14, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 2, 3, 6, art. 13 CEDU, art. 46 Direttiva Europea n. 2013/32 e art. 111 Cost., comma 6, per non aver la Corte d’appello applicato correttamente i principi sull’onere della prova, non avendo espletato l’istruttoria sulla domanda di protezione internazionale mediante l’acquisizione di informazioni aggiornate sulla situazione socio-politica del Ghana, ai fini della protezione internazionale e sussidiaria.

In particolare, il ricorrente si duole che la Corte d’appello abbia ritenuto inattendibili le sue dichiarazioni, senza considerare l’incapacità delle Autorità statali di fornire protezione e l’omesso aggiornamento delle informazioni sulla situazione del Paese, e denunzia altresì l’omessa valutazione della documentazione prodotta e l’omessa motivazione, ovvero l’apparente motivazione.

Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 8 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, artt. 2 e 10 Cost., art. 8 Convenzione Europea Dir. dell’Uomo, non avendo il giudice d’appello espletato l’attività di cooperazione istruttoria riguardo ai presupposti della protezione umanitaria, nonchè generica motivazione.

Il primo motivo è manifestamente inammissibile. Il ricorrente non ha allegato situazioni specifiche afferenti alla protezione sussidiaria, atteso che la vicenda narrata riguarda questioni private familiari, senza alcuna prospettata implicazione di discriminazioni politiche o religiose, apparendo quindi irrilevante la questione dell’attendibilità del ricorrente.

Al riguardo, la Corte d’appello ha escluso i presupposti della protezione sussidiaria sulla base degli ultimi report aggiornati al 2017 del Ministero degli Esteri e di Plan International, affermando che in Ghana non sussiste una situazione di violenza indiscriminata

Inoltre, è alquanto generica la doglianza relativa al vizio di motivazione e alla sua apparenza, non essendo state allegate specifiche ragioni a sostegno del motivo.

Il secondo motivo è parimenti inammissibile, non avendo il ricorrente allegato specifiche situazioni personali di vulnerabilità, ai fini del permesso umanitario, nè espresso specifiche censure alla decisione impugnata, avendo solo lamentato genericamente, erroneamente, l’omessa istruttoria ufficiosa, considerata l’avvenuta acquisizione di informazioni aggiornate sulla situazione socio-politica del Ghana.

Nulla per le spese, dato che il Ministero si è costituito tardivamente al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020

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