Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3496 del 13/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3496 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: FRASCA RAFFAELE

ORDINANZA
sul ricorso 24133-2015 proposto da:
BELLINI NAZARIO, CAMPAGNA GIUSEPPE, BELLINI
VALENTINA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA OSLAVI_A
30, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO GIZZI, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO tAULI;

ricorrenti

contro
UNIPOLSAI

ASSICURAZIONI

SPA,

AMENDOLA

ALESSANDRO, CASADY,1 LUCIANA;

intimati

avverso la sentenza n. 13331/2015 della CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE di ROMA, depositata il 30/06/2015;

Data pubblicazione: 13/02/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 15/11/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA.
Rilevato che:

1. I Giuseppe Campagna, Nazario Bellini e Valentina Bellini – in

per revocazione della sentenza della Corte di Cassazione n. 13331 del
2015, resa all’esito del procedimento n. r.g. 10624/12, contro UNIPOL
ASS.NI s.p.a. (già MILANO ASSICURAZIONI s.p.a.) nonché contro il sig.
Alessandro Amendola e la sig.ra Luciana Casadei.
2. I resistenti non hanno proposto controricorso.
3. Dovendo la trattazione procedere in camera di consiglio ai sensi
dell’art. 380-biA cod. proc. civ., giusta l’art. 391-bis cod. proc. civ., ai
fini della valutazione di ammissibilità della revocazione, è stata
formulata dal relatore designato proposta di definizione del ricorso con
declaratoria di inammissibilità e ne è stata fatta notificazione ai
ricorrenti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza.
4. I ricorrenti hanno depositato memoria a mezzo PEC e a mezzo
posta. Entrambe le forme di deposito non sono ammesse. Per quella a
mezzo posta, ex multis: Cass. n. 7704 del 2016 e, anteriormente, Cass.
(ord.) n. 182 del 2011. Il deposito telematico in genere degli atti di
parte non è, d’altro canto, ancora ammesso in Cassazione.
Considerato che:

1. La sentenza revocanda aveva rigettato il ricorso principale
proposto dai qui ricorrenti ed aveva accolto il ricorso incidentale della
Milano Assicurazioni s.p.a., cassando la sentenza della corte d’appello di
Bologna n. 1188 del 2011, con rinvio alla stessa in diversa
composizione.
1.1. La corte aveva ritenuto fondato l’unico motivo di ricorso
ìnridontme i nel quale si denunriava l’errata hpluídazione do( dantiQ
biologico da parte del giudice di secondo grado, poiché aveva tenuto
Ric. 2015 n. 24133 sez. M3 – ud. 15-11-2017
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qualità di eredi della sig.ra Edwige Jankhofer – hanno proposto ricorso

conto della vita media e non di quella effettivamente vissuta dalla
vittima. Nell’accogliere il ricorso incidentale, il Collegio ribadiva

il

principio di diritto per cui “ove la persona danneggiata muoia nel corso

del giudizio di liquidazione del danno per causa indipendente dal fatto
lesivo di cui il convenuto è chiamato a rispondere, la determinazione del

va effettuata non più con riferimento alla durata probabile della vita
futura del soggetto, ma alla sua durata effettiva” (p. 10, par. 13 della
sentenza).
1.2. E’ utile rammentare che la controversia traeva origine da un
incidente stradale verificatosi nel 1991, a causa del quale la sig.ra
Jankhofer riportava gravi lesioni personali. Circa un anno dopo,
pendente il giudizio di primo grado contro i responsabili (il sig.
Amendola e la sig.ra Casadei, rispettivamente conducente e proprietaria
del veicolo, oltre all’assicurazione), l’attrice morì per leucemia.
1.3. Né il tribunale né la corte d’appello riconoscevano la
sussistenza del nesso di causalità tra la morte della sig.ra Jankhofer e il
sinistro stradale, ma i due giudici di merito pervenivano ad una
quantificazione dei danni in misura sensibilmente diversa. Infatti, il
tribunale liquidava la somma complessiva di circa 9.000 euro, mentre il
giudice di seconde cure riformava la decisione e riconosceva il
risarcimento di circa 740.000 euro, oltre accessori.
1.4. Nonostante l’ottenimento di tale cospicua cifra, gli eredi della
vittima proponevano ben diciotto motivi di ricorso per cassazione, tutti
sostanzialmente volti a censurare i presunti errori di diritto consistiti nel
non aver ritenuto sussistente il nesso causale tra morte e incidente
stradale e nella mancata rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio.
2. Pendente il giudizio di rinvio dinanzi alla corte d’appello; i sig.ri
Campagna Giuseppe, Bellini Nazario e Bellini Valentina propongono
ricorso per revocazione prospettando quattordici motivi.

Ric. 2015 n. 24133 sez. M3 – ud. 15-11-2017
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danno biologico che gli eredi del defunto richiedano “iure successionis”

2.1. Prima di approfondire l’esame dei vari motivi, è necessario
dare conto della “premessa al ricorso per revacazione” che, da fine p.
24 a p. 55, solleva sei eccezioni di illegittimità costituzionale e, da p. 56
a p. 62 chiede la rimessione degli atti alla Cotte di Giustizia UE per
violazione dell’art. 6 trattato UE.

fondamento.
2.2 La prima eccezione d’incostituzionalità è il presupposto
sostanziale dell’intera revocazione che, come si vedrà, è inammissibile
perché non censura alcun errore di fatto revocatorio. Consapevole di
non aver denunciato un siffatto errore, l’unico rilevante ai sensi degli
artt. 391-bis e 395 c.p.c., parte ricorrente vorrebbe sostenere
l’illegittimità di tali norme perché non consentono di agire in
revocazione anche per errore di diritto. Ebbene, si-deve ricordare che gli
errori di diritto sono già coperti dal sindacato di questa Corte e non c’è
alcuna ragione di ordine costituzionale a che anche lo strumento
revocatorio, di tutt’altra natura, sia finalizzato al vaglio degli errori di
diritto.
La questione, come rilevato nella proposta del relatore, non appare
assistita dal requisito della non manifesta infondatezza (si veda Cass.
sez. un. (ord.) n. 13181 del 2013; Cass. (ord.) n. 8472 del 2016).
Peraltro, già in queste prime pagine relative a tale eccezione
d’incostituzionalità affiorano le censure che già erano state mosse nel
ricorso per cassazione e che vengono riproposte nella revocazione, ad
esempio sul mancato rinnovo della c.t.u. e sull’omesso riconoscimento
del nesso causale, appigliandosi al principio del “più probabile che non”.
2.3. Con la seconda questione, si vorrebbe far valere
l’incostituzionalità dell’art. 2697 c.c. nella parte in cui non prevede che
in casi complessi in cui sono richieste conoscenze scientifiche altamente
specialistiche il giudice “debba ricorrere a ‘soggetti terzi per acquisire
pareri e approfondimenti quali enti altamente qualificati a livello
Ric. 2015 n. 24133 sez. M3 – ud. 15-11-2017
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Si anticipa sin da subito che tali eccezioni prekninari sono prive di

internazionale”. Non si può farè.ip meno di restare quantomeno sorpresi

di fronte a siffatti argomenti che sembrano – ignorare l’esistenza nel
nostro ordinamento processuale- del,la figura del consulente tecnico,
quale appunto professionista speei:alizzato e dotato di quelle
competenze “altamente specialistiche” che ogni singolo caso di specie

2.4. Sulla terza questione di incostituzionalità dell’art. 2059 c.c.
nella parte in cui non prevede che tra i danni non patrimoniali risarcibili
vi è la lesione del diritto alla vita, in quanto diritto inviolabile della
persona, sia consentito richiamare integralmente la pronuncia della
Cass. sez. un. n. 15350 del 2015, che il ricorrente mostra, peraltro, di
conoscere. In quell’occasione, è stata ribadita la risardbilità del danno
tanatologico iure proprio ma non anche iure hereditario, senza che
questo implichi uno spregio del diritto alla vita, dovendosi considerare
che i congiunti della vittima vengono risarciti della perdita, patrimoniale
e non patrimoniale, subita.
2.5. Sulla quarta eccezione di illegittimità costituzionale in relazione
all’art. 2909 c.c., nella parte in cui “non prevede che in un processo tra
più parti l’impugnazione di un provvedimento di una sola parte non può
impedire il passaggio in giudicato formatosi nei confronti delle altre che
prestando acquiescenza non hanno impugnato”,

sia consentito

rimandare alla pronuncia della Cass. sez. un. n. 24707 del 2015, di cui
si riporta il principio di diritto:

“in caso di chiamata in causa

in garanzia dell’assicuratore della responsabilità civile, l’impugnazione esperita esclusivamente dal terzo chiamato avverso la sentenza che
abbia accolto sia la domanda principale, di affermazione della
responsabilità del convenuto e di condanna dello stesso al risarcimento
del danno, sia quella di garanzia da costui proposta – giova anche al
soggetto assicurato, senza necessità di una sua impugnazione
incidentale, indipendentemente dalla qualificazione
della garanzia come propria o impropria, che ha valore puramente
Ric. 2015 n. 24133 sez. M3 – ud. 15-11-2017
-5-

richiede di affrontare.

descrittivo ed è priiv,a. di éffetti ai ffhi dell’applicazione degli artt. 32, 108
e 331 c.p.c., dovendosi comunque ravvisare un’ipotesi di litisconsorzio
necessario processuale non solo se il convenuto abbia scelto soltanto di
estendere l’efficacia soggettiva, nei confronti del terzo chiamato,
dell’accertamento relativo al rapporto principale, ma anche quando

ipotizzabile allorché egli, oltre ad effettuare la chiamata, chieda
l’accertamento dell’esistenza del rapporto di garanzia ed,
eventualmente, l’attribuzione della relativa prestazione.”
Non solo, dunque, l’impugnazione da parte dell’assicurazione
impedisce il passaggio_ in giudicato delìa decisione nei confronti dei
responsabili assicurati (come vorrebbe il ricorrente), bensì di quella
impugnazione può addirittura giovarsi il soccombente senza che sia
necessaria una sua impugnaziòne incidentale in tal senso.
2.6. La quinta e la ‘sesta eccezione tornano a coinvolgere gli artt.
391-bis e 395 c.p.c. sotto il profilo dell’impossibilità di censura degli
errori di diritto in cui sia _incorsa la sentenza di cassazione che abbia
pronunciato violando i diritti previsti e riconosciuti dalla Carta di Nizza,
dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, nonché dalle altre
convenzioni internazionali in materia di diritti fondamentali.
Si richiama, pertanto, quanto già esposto al punto 2.2. e, come
rilevato nella proposta del relatore, si rileva anche che la questione
appare prospettata in modo del tutto generico quanto all’individuazione
delle ragioni che giustificherebbero il doversi ammettere in forza del
diritto comunitario il rimedio della revocazione per errore di diritto
contro le sentenze della Corte di cassazione.
2.7. Infatti, l’istanza di rimessione degli atti alla Corte di Giustizia
UE – perché possa decidere “se sia equo che sia impossibile, in casi di
violazione del diritto alla difesa o alla tutela di diritti fondamentali, poter
agire in revocazione di una sentenza anche di ultimo grado che violi sia
il diritto europeo sia il diritto interno. Se sia possibile che il cittadino
Ric. 2015 n. 24133 sez. M3 – ud. 15-11-2017
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abbia, invece, allargato l’oggetto del giudizio, evenienza, quest’ultima,

europea non possa agire in revocazione per errori di diritti contro errori
di diritto di tribunali di ultima istanza” – è

manifestamente

inammissibile.
Il richiamo alla violazione dell’art. 6 del trattato UE è talmente
generico da risultare non pertinente (è chiaro al giudice nazionale di

nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea); non si specifica
in che modo risulti violato il diritto alla difesa atteso che si sono svolti
tre gradi di giudizio – senza considerare il rinvio conseguente alla
pronuncia di cassazione; non si chiarisce per quali ragioni di diritto la
Corte di Cassazione avrebb-e dovuto adempiere all’obbligo di rinvio
pregiudiziale all’organo giurisdizionale UE, né vale ad alcunché il
richiamo alla giurisprudenza della Corte di Giustizia sulla responsabilità
dello Stato per ‘le violazioni perpetrate nell’esercizio dell’attività
giurisdizionale.
3. Venendo allo scrutinio dei motivi del ricorso per revocazione, si
possono analizzare i vari motivi raggruppandoli secondo il contenuto
delle censure mosse, considerando che per tutti valgono analoghe
ragioni di inammissibilità dovuta alla palese insussistenza di alcun
errore di fatto revocatorio, consistente in una “svista”, un errore di
percezione e non di valutazione da parte del giudice, immediatamente
percepibile dagli atti di causa e riguardante un fatto che non è stato
oggetto di discussione tra le parti. E tanto per diretta derivazione dalla
pregressa prospettazione preliminare finalizzata a postulare un
allargamento dell’àmbito della tutela esercitabile ai sensi dell’art. 391bis cod. proc. civ. In sostanza, i quattordici motivi di revocazione sono
tutti inammissibili per la ragione che non prospettano alcun errore di
fatto revocatorio rilevante ex artt. 391-bis e 395 c.p.c., non censurando
una svista, cioè un errore di percezione immediatamente rinvenibile
dagli atti del giudizio, nonché relativo ad un fatto che non è stato

Ric. 2015 n. 24133 sez. M3 – ud. 15-11-2017
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ultima istanza che l’Unione riconosce i diritti le libertà e i principi sanciti

oggetto di discussione tra le parti, e sostanziandosi nella pretesa di
,

sindacare le valutazioni effettuate dalla sentenza impugnata
3.1. Questo vale tanto per il primo motivo di ricorso – nonché per il
quarto recante, in sostanza, la medesima censura – relativo alla scelta
della corte d’appello di non rinnovare la consulenza tecnica d’ufficio che

notevole evoluzione scientifica e l’avvento sopravvenuto del principio
del “più probabile che non”; quanto per il secondo e terzo motivo
riguardanti il mancato riconoscimento della sussistenza del nesso
• causale tra le lesioni riportate in seguito all’incidente e il decesso della
sig.ra Jankhofer. Con il quinto motivo si vorrebbe far valere l’errore della corte nel
non aver rilevato che i ricorrenti avevano invocato l’applicazione delle
cd. tabelle milanesi già nei gradi di merito e, dunque, la questione
proposta in cassazione non era affatto nuova. La valutazione della corte
di non autosufficienza del ricorso, per non aver indicato se e quando tali
tabelle fóssero state nominate, non può essere considerata un “abbaglio
dei sensi” censurabile col meWo revocatorio.

1.

Parimenti inammissibili sono il sesto motivo relativo alla mancata
“personalizzazione” del risarcimento del danno non patrimoniale da
parte della corte d’appello e la relativa (supposta) erronea lettura delle
questioni dedotte in merito nel ricorso per cassazione da parte del
giudice di legittimità; e anche il settimo, relativo al mancato
riconoscimento da parte del giudice di secondo grado del “danno
morale”, che avrebbe dovuto essere liquidato al 100%.
Il ricorrente esorbita dal perimetro dello strumento revocatorio, con
l’intenzione di riproporre le stesse doglianze che aveva già proposto con
• ricorso per cassazione e ciò nel tentativo di instaurare un inammissibile
quarto grado di giudizio e, addirittura, un nuovo sindacato sulla
sentenza resa in sede ordinaria da questo giudice di legittimità, del tutto

Ric. 2015 n. 24133 sez. M3 – ud. 15-11-2017
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sarebbe stata invece, secondo i ricorrenti, indispensabile, data la

al di fuori della logica del presupposto dell’errore revocatorio ex art.
– 395. n. 4 c.p.c.
• Non a caso, nella premessa al ricorso, il ricorrente -consapevole di
usare ti mezzo della revocazione al di fuori di quanto l’ordinamento
positivo consente – ha cercato di far valere presunte ragioni di

in cui non consentono di censurare con revocazione anche errori di
diritto.
3.2. L’undicesimo, il dodicesimo, il tredicesimo e il quattordicesimo
motivo di ricorso presentano un contenuto peculiare rispetto agli altri e
riguardano, sotto vari profili, il ricorso incidentale della Milano
Assicurazioni s.p.a., con lo scopo di denunciarne l’inammissibilità.
In ordine, censurano: l’undicesimo, l’asserito errore che la Corte di
Cassazione avrebbe commesso nel non avvedersi della inammissibilità
del ricorso incidentale promosso dalla Milano Assicurazioni s.p.a.,
dovuta alla omessa notificazione nei confronti della sig.ra Casadei che,
in quanto proprietaria del veicolo, era litisconsorte necessaria; il
dodicesimo, l’omesso riscontro da parte del collegio della carenza di
interesse a proporre ricorso incidentale in capo alla società
assicuratrice, poiché la sentenza di appello era ormai passata in
giudicato nei confronti dei responsabili civili (conducente e proprietario
del veicolo) che non l’avevano impugnata né si erano costituiti; il
tredicesimo, l’omesso riscontro da parte della corte della
“inammissibilità e inutilità” dell’impugnazione incidentale
dell’assicurazione, poiché l’unico motivo censurava come vizio
motivazionale quello che, invece, era un errore di diritto, consistente
nell’errata applicazione di un principio di diritto da parte del giudice
d’appello; il quattordicesimo, doglianze di identico contenuto del
dodicesimo e tredicesimo motivo, aggiungendo la censura
onnicomprensiva di “ulteriori motivi di diritto”.

Ric. 2015 n. 24133 sez. M3 – ud. 15-11-2017
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illegittimità costituzionale degli artt. 391-bis e 395 c.p.c., nella misura

Le quattro doglianze sono tutte inammissibili sotto il profilo
r.evocatorio ex n. 4 dell’art. 395 cod. proc. civ., perché non censurano
un errore- di fatto secondo i presupposti sopra ricordati e, dunque, un
errore di percezione di fatti commesso dalla sentenza impugnata, bensì
la sua valutazione in iure o su fatti processuali inerenti i requisiti del

iuris che quel ricorso proponeva con i suoi motivi.

E tra l’altro, lo si nota ad abundantiam, inesistenti sono gli stessi
errori di valutazione.
Con riguardo all’undicesimo motivo, non c’è dubbio che la sig.ra
Casadei fosse litisconsorte necessaria e, infatti, era stata resa parte del
giudizio di legittimità, a seguito della notifica del ricorso per cassazione
da parte degli eredi della sig.ra Jankhofer, i quali avevano provveduto
ad incardinare la causa anche nei suoi confronti (nonostante fosse
rimasta contumace in appello, lasciando così perlomeno presumere una
carenza di interesse alla partecipazione al giudizio).
Per quanto concerne il dodicesimo motivo, è necessario far
presente che la Milano Assicurazioni s.p.a. era parte del giudizio sin dal
primo grado, chiamata a manlevare dal peso economico del
risarcimento il conducente e la proprietaria del veicolo, in quanto
società assicuratrice solidalmente responsabile insieme agli stessi. Ma si
tratta pur sempre di parte autonoma e a sé stante, in quanto tale
legittimata ad impugnare la sentenza che, altrimenti lasciati spirare i
termini di legge, esplicherebbe nei suoi confronti efficacia diretta di
giudicato. Per di più, se si consentisse il passaggio in giudicato della
sentenza di seconde cure nei confronti dei responsabili civili, pur in
pendenza dell’impugnazione proposta dall’assicurazione, si creerebbero
inaccettabili conflitti pratici tra giudicati, per cui l’assicurazione che
dovesse risultare vittoriosa all’esito della sua impugnazione, si
troverebbe comunque vincolata a corrispondere la somma liquidata a

Ric. 2015 n. 24133 sez. M3 – ud. 15-11-2017
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ricorso ordinario per cassazione allora scrutinato, o sulle quaestiones

titolo risarcitorio nella ‘sentenza nel frattempo passata in giudicato nei
confronti dei corresponsabili.
Sul tredicesimo motivo, seppur non è necessario ai fini della
dichiarazione di inammissibilità dello stesso, si rileva che, se il motivo è
formulato in modo specifico e risulta immediatamente ed

impugnazione previste dall’art. 360 c.p.c., esso sarà ammissibile pur
senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta
indicazione numerica di una delle predette ipotesi (cfr. Cass., Sez. Un.,
n. 17931 del 2013).
Per il quattordicesimo motivo, che reitera i motivi precedenti,
valgono le considerazioni appena svolte.
4.

Il ricorso per revocazione è conclusivamente dichiarato

manifestamente inammissibile.
5.

Per mera completezza si rileva che -gli svolti rilievi bene

avrebbero potuto confutare gli argomenti delle breve irrituale memoria,
svolti contro la proposta del relatore.
6. Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si
deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del
citato art. 13.
P. Q. M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso per revocazione. Nulla per
le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater
del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per
il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del
comma 1-bis del citato art. 13.

Ric. 2015 n. 24133 sez. M3 – ud. 15-11-2017
-11-

inequivocabilmente riconducibile ad una delle cinque ragioni di

Così deciso nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile-3 il
15 novembre 2017.

Il Presidente

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