Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3493 del 15/02/2010

Cassazione civile sez. I, 15/02/2010, (ud. 17/12/2009, dep. 15/02/2010), n.3493

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.R., C.N. e C.M., rappresentati e

difesi dall’Avv. Zuppardi Ezio Maria, elettivamente domiciliato nello

studio dell’Avv. Abbamonte in Roma, via Terenzio, n. 7;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di questa

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

e contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro-tempore;

– intimata –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Lecce in data

13 giugno 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17 dicembre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che il relatore designato, nella relazione depositata il 30 aprile 2009, ha formulato la seguente proposta di definizione:

” C.R., C.N. e C.M. hanno proposto ricorso per Cassazione il 27 luglio 2007 sulla base di sei motivi avverso il provvedimento emesso dalla Corte d’appello di Lecce in data 13 giugno 2006 con cui il Ministero della giustizia veniva condannata ex lege n. 89 del 2001 al pagamento di un indennizzo di Euro 3.250,00 a titolo di danno non patrimoniale – spese compensate – per l’eccessivo protrarsi di un processo svoltosi dinanzi al Tribunale di Trani, alla Corte d’appello di Bari, alla Corte di Cassazione e, di nuovo, dinanzi al giudice del rinvio, avente ad oggetto la richiesta di risarcimento dei danni per illegittima ablazione di un terreno.

Il ricorso reca motivi seguiti da quesito di diritto, come imposto dall’art. 366 bis c.p.c..

Il Ministero ha resistito con controricorso.

Il decreto impugnato ha accolto la domanda di equo indennizzo per danno non patrimoniale nella misura dianzi specificata avendo accertato una durata irragionevole del processo di tre anni e tre mesi, a fronte di un giudizio iniziato nel maggio 1985 e definito in sede di rinvio con sentenza in data 5 marzo 2004.

Con il primo motivo di ricorso si censura la pronuncia per non avere dato applicazione all’art. 6 della Conv. di Strasburgo secondo l’interpretazione fornita dalla Corte Edu. Il motivo appare del tutto inconsistente, limitandosi a delle astratte affermazioni di principio senza muovere alcuna censura concreta a punti o capi del decreto specificatamente individuati.

Con il secondo motivo si lamenta la errata individuazione del periodo di normale durata del processo.

Esso appare manifestamente fondato. La Corte di merito non ha motivato adeguatamente perchè si è discostata dai parametri di durata ragionevole del processo presupposto individuati dalla giurisprudenza CEDU (tre anni per il primo grado, due per l’appello e uno per ciascuna delle fasi successive).

Il terzo motivo, relativo alla insufficienza del danno non patrimoniale liquidato, resta di conseguenza assorbito.

Il quarto ed il quinto motivo, attinenti alle spese, restano assorbiti, dovendosi procedere ad una nuova liquidazione delle spese per effetto dell’accoglimento del ricorso.

Il sesto motivo, relativo alla omessa pronuncia in ordine alla richiesta di risarcimento del danno patrimoniale, è manifestamente infondato. Dalla narrativa del ricorso per equa riparazione, trascritto nella introduzione (pag. 2) del ricorso per Cassazione, si desume che il danno patrimoniale è stato richiesto “per l’eccessivo ritardo con cui il giudice adito ha riconosciuto il diritto dei ricorrenti all’assunzione in servizio dopo oltre cinque anni”. Il titolo azionato ha quindi un oggetto del tutto diverso da quello ricollegabile al giudizio presupposto durato eccessivamente (in cui si discuteva di danni da illegittima ablazione di un terreno).

Va, infine, dichiarata l’inammissibilità del ricorso alla Presidenza del Consiglio dei ministri, perchè essa è stata ritenuta priva di legittimazione passiva dalla Corte di Lecce e i ricorrenti non muovono censure contro questa statuizione”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che gli argomenti e le proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici, sono condivisi dal Collegio;

che, quindi, accolto, per quanto di ragione, il ricorso nei confronti del Ministero della giustizia (e dichiarato inammissibile il medesimo ricorso là dove è stato rivolto anche alla Presidenza del Consiglio) e cassato, in relazione alle censure accolte, il decreto impugnato, ben può procedersi alla decisione nel merito del ricorso, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto;

che, pertanto, considerato il periodo di irragionevole durata del giudizio del giudizio presupposto in undici anni circa (eccedenti il periodo di durata normale calcolato in tre anni) e determinato, in applicazione dello standard minimo CEDU – che nessun argomento del ricorso impone di derogare in melius -, nella somma di Euro 750,00 ad anno (per i primi tre anni di ritardo) e di Euro 1.000,00 ad anno (per gli anni successivi) il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale riportato nel processo presupposto, devesi riconoscere a ciascun istante l’indennizzo forfettario complessivo di Euro 10.250,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

che, in ordine alla liquidazione del danno non patrimoniale, va data continuità al principio recentemente affermato da Cass., Sez. 1^, 3 luglio 2009, n. 16086, secondo cui “in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, secondo la giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, a condizione che le decisioni pertinenti siano coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato, e purchè detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito. Pertanto, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 idonea a garantire che la diversità di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata”;

che le spese, liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico del Ministero della giustizia.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri; accoglie il ricorso nei confronti del Ministero della giustizia nei sensi di cui in motivazione; cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia a pagare a C.R., C.N. e C.M. la somma, per ciascuno, di Euro 10.250,00 oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, ed oltre alle spese processuali – distratte in favore dell’Avv. Ezio Maria Zuppardi – liquidate, quanto al giudizio di merito, in Euro 1.400,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi, Euro 700,00 per onorari ed Euro 600,00 per diritti), e, quanto al giudizio di legittimità, nella misura di Euro 1.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre a spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2010

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