Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3490 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 12/02/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 12/02/2020), n.3490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 36321-2018 proposto da:

A.O., elettivamente domiciliato presso l’avvocato CARMELA

GRILLO, dalla quale è rappresentato e difeso, con procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso l’ordinanza n. 824/2018 del TRIBUNALE di PERUGIA, depositata

il 08/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/12/2019 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO

CAIAZZO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con decreto emesso l’8.11.2016 il Tribunale di Perugia rigettò il ricorso proposto da A.O., cittadino della Nigeria, avverso il provvedimento della Commissione territoriale- di diniego della domanda di protezione internazionale e, in subordine, di protezione sussidiaria ed umanitaria-, osservando che: era da escludere la protezione sussidiaria in quanto dai report acquisiti non emergeva, in Nigeria, una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato nella regione di provenienza del ricorrente, nè il racconto dell’istante aveva ricollegato l’abbandono del Paese alla violenza dei culti, afferendo esso, piuttosto, ad una vicenda personale connessa all’incendio dell’appartamento dove il ricorrente viveva con i familiari e al timore di ritorsioni da parte dei proprietari; non erano state allegate specifiche situazioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria, poichè il ricorrente aveva lasciato la Nigeria per una scelta di carattere privato, mentre l’integrazione sociale, di per sè, non legittimava il permesso umanitario.

Otas Asiruwa ricorre in cassazione con quattro motivi.

Non si è costituito il Ministero intimato.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 156, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, in quanto il giudice ha pronunciato in dispositivo su una domanda non formulata nel ricorso introduttivo e su cui non ha motivato, lamentando altresì l’illogicità della motivazione del decreto impugnato nella parte in cui ha escluso una situazione di violenza generalizzata nella regione di provenienza del ricorrente.

Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 e 11, e art. 6 CEDU, non avendo il Tribunale disposto l’audizione del ricorrente nonostante l’indisponibilità della videoregistrazione effettuata innanzi alla Commissione territoriale.

Con il terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14, in quanto sussisteva, nella regione di provenienza del ricorrente, una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.

Con il quarto motivo si deduce l’omesso esame della domanda di protezione umanitaria, ex art. 360 c.p.c., n. 5, non avendo il Tribunale considerato la situazione socio-politica della Nigeria, caratterizzata da violenza generalizzata e assenza dell’Autorità Statale.

Il primo motivo è inammissibile, in quanto non è chiaramente delineato l’oggetto della doglianza, e non emergendo alcun contrasto tra la motivazione e il dispositivo del decreto impugnato. Inoltre la doglianza relativa all’illogicità della motivazione è declinata rispetto ad una fattispecie, ex art. 360 c.p.c., n. 5 non applicabile ratione temporis.

Il secondo motivo è infondato, in quanto il Tribunale ha disposto la comparizione delle parti in mancanza della videoregistrazione, senza procedere ad una nuova audizione del ricorrente, in mancanza di diverse ed ulteriori allegazioni, ciò in conformità dell’orientamento consolidato di questa Corte a tenore del quale: “nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare, pena la violazione del contraddittorio, l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, senza che sorga tuttavia l’automatica necessità di dare corso all’audizione il cui obbligo” (Cass., n. 2817/19; n. 5973/19).

Il terzo motivo è inammissibile, poichè genericamente formulato, senza specifici riferimenti alla situazione della Nigeria e alle fonti informative, e tendente sostanzialmente al riesame dei fatti in ordine al riconoscimento della protezione sussidiaria.

Il quarto motivo è inammissibile non avendo il ricorrente allegato specifiche ed individuali situazioni di vulnerabilità ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, ma invocando genericamente l’asserita situazione di violenza indiscriminata che, invece, il Tribunale ha escluso sull’esame di aggiornati report.

Nulla per le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020

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