Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 349 del 10/01/2011

Cassazione civile sez. II, 10/01/2011, (ud. 23/11/2010, dep. 10/01/2011), n.349

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13006-2005 proposto da:

T.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 22, presso lo studio dell’avvocato TURCO

IGOR, rappresentato e difeso dall’avvocato DE GERONIMO FEDERICO;

– ricorrente –

e contro

S.F.;

– intimato –

sul ricorso 6669-2005 proposto da:

S.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FLAMINIA 109, presso lo studio dell’avvocato BERTOLONE

BIAGIO, rappresentato e difeso dall’avvocato CURRAO GIUSEPPE;

– ricorrente –

contro

T.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 22, presso le studio dell’avvocato TURCO

IGOR, rappresentato e difeso dall’avvocato DE GERONIMO FEDERICO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 884/2004 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 28/09/2004;

adita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dei

23/11/2010 dal Consigliere Dott. BURSESE Gaetano Antonio;

udito l’Avvocato DE GERONIMO Giuseppe con delega depositata in

udienza dell’Avvocato DE GERONIMO Federico, difensore dei ricorrente

che sì riporta agli atti;

adito l’Avvocato CURRAO Giuseppe, difensore del resistente che si

riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, rigetto dei ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 1.2.1996 il dr. S.F. conveniva in giudizio innanzi alla sezione distaccata di Adrano della Pretura di Catania, l’arch. T.A. e, premesso di avere commissionato a quest’ultimo la progettazione di un immobile da adibire a civile abitazione, da realizzare su di un terreno di sua proprietà, chiedeva al giudice adito di dichiarare risolto il relativo contratto d’opera stipulato con il convenuto per inadempimento grave da parte del medesimo, ciò che aveva peraltro comportato la revoca dell’incarico da parte di esso committente con racc. R.R. del 15.5.95; di condannarlo conseguentemente al risarcimento dei danni per la ritardata realizzazione dell’opera, nonchè alla restituzione della somma di L. 1.000.000 versata quale anticipo sulle spese; di dichiarare altresì e ritenere palesemente erronea la parcella dei compensi professionali presentata dal professionista (comunque non dovuti per il principio inadimplenti non est adimplendum), con la vittoria delle spese processuali.

Radicatosi il contraddicono, il T. contestava la domanda di cui chiedeva il rigetto; otteneva quindi in data 24.1.96 dallo stesso Pretore di Adrano un provvedimento monitorio portante la somma di L. 15.397.545 ingiunta allo S. per il pagamento della propria parcella in relazione all’attività professionale svolta in favore del medesimo. Avverso il decreto ingiuntivo proponeva opposizione lo S. deducendone preliminarmente la nullità per continenza con la causa che pendeva e chiedendo in subordine la riunione delle due cause.

Il giudice adito, previa riunione delle cause ed espletamento dell’istruttoria, con sentenza del 30.10.2000, confermava il decreto ingiuntivo opposto e dichiarava inammissibili le domande proposte dallo S. che condannava al pagamento delle spese processuali.

Il tribunale riteneva la domanda del professionista documentalmente provata; rigettava l’eccezione d’inadempimento avanzata dall’attore (per asserita violazione degli obblighi d’informazione e ritardo nella redazione dei calcoli delle opere in cemento armato) in quanto dal medesimo non provata e dichiarava inammissibili le altre domande da lui avanzate.

Avverso la sentenza proponeva appello lo S. chiedendo la revoca del provvedimento monitorio, l’accoglimento della propria domanda di risoluzione e la condanna del T. al pagamento delle spese del doppio grado. Si costituiva quest’ultimo chiedendo il rigetto dell’impugnazione.

L’adita Corte d’Appello di Catania con sentenza n. 884/04 depositata in data 28.9.2004, in parziale accoglimento dell’impugnazione, revocava il decreto ingiuntivo del 24.1.96 e condannava lo S. al pagamento in favore del T. della minor somma di Euro 3.342,70, con gli interessi legali al soddisfo; compensava le spese dei due gradi di giudizio in ragione della metà, che poneva carico dello stesso T.. La corte siciliana confermava l’inammissibilità della domanda di risoluzione per inadempimento, atteso che la predetta azione era stata proposta quando già il rapporto contrattuale era estinto per effetto del recesso in precedenza intimato in data 15.5.95 dallo S.. Riteneva, sulla base dell’espletata CTU, di non riconoscere, siccome non provata, la somma richiesta dal T. per la redazione del c.d. “preventivo particolareggiato” (computo metrico) di talchè riduceva l’importo dei decreto ingiuntivo della somma corrispondente.

L’arch. T. ricorre per la cassazione della predetta statuizione con ricorso fondato su n. 3 censure, illustrate da successiva memoria ex art. 378 c.p.c.; resiste con controricorso lo S. che propone ricorso incidentale basato su una sola censura, cui replica con controricorso il ricorrente principale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei ricorsi.

Con riferimento alla recente decisione delle S.U. n. 19246 del 9.9.2010 secondo cui nel giudizio d’opposizione a decreto ing. la previsione della riduzione a metà dei termini a comparire stabilità dall’art. 645 c.p.c., comma 1 determina il dimezzamento automatico dei termini di comparizione dell’opposto e dei termini di costituzione dell’opponente, la difesa del T. ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dell’opposizione a d.i. a suo tempo proposta dal committente per inosservanza del termine a comparire de quo; a sua volta, la difesa dello S. ha avanzato istanza di remissione in termine ex art. 184 bis c.p.c., per proporre l’opposizione al provvedimento monitorio de quo in ossequio alla recente ordinanza di questa Corte (ord. n. 14627 del 17.06.2010) che ciò consente in caso di mutato orientamento interpretativo conseguente ad una consolidata giurisprudenza di legittimità di segno opposto.

Ciò posto, ritiene il Collegio che nel caso di specie il problema non si pone, in quanto la causa relativa all’opposizione al provvedimento monitorio de quo venne a suo tempo riunita dal primo giudice per ragione di continenza con la presente causa; entrambe le istanze predette vanno dunque disattese.

Passando all’esame del ricorso principale, l’esponente con il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.. L’arch. T. sostiene di aver redatto il preventivo particolareggiato che rientrava nell’attività di progettazione concordata con il committente e di non averlo prodotto con l’altra documentazione progettuale al Comune, in quanto non necessario ai fini dei rilascio della concessione edilizia. Osserva ancora che lo S. aveva eccepito all’inizio, che tale preventivo non era stato mai redatto e comunque da lui non commissionato e solo dopo, nel corso del giudizio, aveva rilevato che il preventivo stesso fosse privo di data certa.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce la nullità del procedimento e la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c.; nonchè insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione. Secondo l’esponente la corte di merito aveva male applicato l’art. 2697 c.c. perchè era a carico dello S. (e non di esso T.) l’onere probatorio relativo alla vicenda di cui trattasi. Questi avrebbe dovuto allegare e provare, eventualmente, che il computo metrico era stato redatto comunque dopo la revoca del mandato. Invero esso esponente aveva prodotto il predetto elaborato in sede di richiesta del parere all’ordine professionale sulla parcella e nel presente giudizio, così assolvendo il proprio onere probatorio consistente nella prova del fatto costituente il fondamento della propria domanda di pagamento relativo al compenso professionale. Incombeva invece sullo S. l’onere di allegare e provare l’eventuale fatto impeditivo, ravvisabile, in ipotesi, nella circostanza che detta attività era stata posta in essere dopo la revoca del mandato professionale.

Entrambe le doglianze – congiuntamente esaminate attesa la loro stretta connessione – sono prive di fondamento.

Al riguardo la Corte siciliana ha puntualmente rilevato che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo il convenuto opposto riveste la qualità di attore sostanziale mentre l’opponente quella di convenuto, per cui è il professionista che deve fornire la prova dell’effettività della sua prestazione professionale e dell’ammontare della sua pretesa. La parcella liquidata dall’Ordine professionale costituisce titolo idoneo solo ai fini del rilascio del provvedimento monitorio, ma non ha valore probatorio nel successivo giudizio di opposizione. Ha poi ribadito che il T. a differenza di quanto avvenuto per le altre voci della parcella in relazione alle quali è stata acquisita la documentazione presentata al Comune, non ha fornito alcuna prova come era suo onere, dell’attività professionale che assume di avere svolto per conto del committente, chiedendo il relativo compenso. Bisogna in proposito ricordare le contestazioni della controparte ed il fatto che detto computo metrico estimativo era solo da lui sottoscritto, e che solo da lui proveniva.

Con il terzo motivo, l’esponente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 88, 91 e 92 c.p.c., e lamenta che la Corte d’Appello, dopo aver revocato il decreto ing. opposto e ridotto ad Euro 3.242,70 l’importo dovuto ad esso T., ha compensato per metà le spese processuali dei due gradi di giudizio, ponendo la rimanente metà a suo esclusivo carico. Ad avviso del ricorrente la decisione su tale punto è illegittima, perchè tali spese, secondo il principio della soccombenza andavano poste interamente o almeno in parte a carico dello S. e non della parte vincitrice.

La doglianza è fondata, apparendo evidente la denunciata violazione delle norme suindicate, ed in specie del principio della soccombenza stabilito dall’art. 91 c.p.c.. Appare infatti evidente che, anche la riduzione dell’importo dovuto a T. di cui al decreto ingiuntivo, non poteva di certo comportare la condanna alle spese dello stesso T.; quale parte vincitrice ma doveva gravare in tutto o in parte sulla parte soccombente S.F., salva la facoltà del giudice di disporre l’integrale compensazione delle spese processuali.

Passando all’esame del ricorso incidentale, con l’unico motivo l’esponente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1460 c.c. nonchè il vizio di motivazione.

Lamenta che la Corte di merito ha rigettato l’eccezione d’inadempimento da lui proposta, ritenendo che l’inadempimento dei progettista fosse di scarsa importanza; in realtà l’errore di progettazione di quest’ultimo era grave perchè dimostrava una mancata conoscenza delle prescrizioni contenute nel regolamento edilizio comunale circa l’ampiezza del ballatoio (il progettista non era riuscito a progettare le balconate con una larghezza di m. 1,00 come desiderato dal committente); tutto ciò aveva comportato anche un considerevole ritardo nell’inizio dei lavori; inoltre il giudice non aveva considerato ed adeguatamente valutato altre denunciate inadempienze del progettista (mancata progettazione dell’impianto di riscaldamento; mancato calcolo delle opere in cemento armato). La doglianza è priva di fondamento.

Secondo questa S.C., ove venga proposta dalla parte l’eccezione “inadimplenti non est adimplendum”, il giudice ” deve procedere ad una valutazione comparativa degli opposti adempimenti avuto riguardo anche allo loro proporzionalità rispetto alla funzione economico- sociale de contratto e alla loro rispettiva incidenza sull’equilibrio sinallagmatico, sulle posizioni delle parti e sugli interessi delle stesse, per cui qualora rilevi che l’inadempimento della parte nei cui confronti è opposta l’eccezione non è grave ovvero ha scarsa importanza, in relazione all’interesse dell’altra parte a norma dell’art. 1455 c.c., deve ritenersi che il rifiuto di quest’ultima di adempiere la propria obbligazione non sia in buona fede e, quindi, non sia giustificato ai sensi dell’art. 1460 c.c., comma 2. Tale valutazione rientra nei compiti de giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria”.(Cass. n. 11430 del 16/05/2006:

Cass. 15796 del 6.7.2009).

Nella fattispecie il giudice d’appello – contrariamente a quanto denunciato dal ricorrente – ha preso in esame le varie inadempienze denunciate dall’esponente per verificarne la fondatezza; quindi ha spiegato in modo esaustivo perchè ha ritenuto non grave le riconosciute inadempienze del T. ed ha operato un corretta valutazione degli opposti inadempimenti, per escludere l’operatività, nel caso in esame, dell’eccezione “inadimplenti non est adimplendum” di cui intendeva avvalersi lo S..

In conclusione devono essere rigettati il 1 ed il 2 motivo dei ricorso principale, nonchè il ricorso incidentale; va accolto il 3^ motivo del ricorso principale; ciò comporta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto ed il rinvio la causa anche per le spese di questo giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Catania, la quale deciderà secondo il principio enunciato in tema di condanna alle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il 1^ ed il 2^ motivo del ricorso principale, nonchè il ricorso incidentale; accoglie il 3^ motivo del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa anche per le spese di questo giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Catania.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2011

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