Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3489 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3489 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FERRO MASSIMO

3i

Data pubblicazione: 14/02/2014

SENTENZA

Sul ricorso (n. 28026/2007) proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-ricorrente Contro

Stiltende s.n.c. di Gessi Luigi e c., in persona del 1.r.p.t. , rappr. e dif. dall’avv.
Davi Zanforlini del foro di Ferrara ed elettivam. dom. presso lo studio dell’avv.
Maria Zini in Roma, via Angelico n.45, come da procura in calce all’atto.
-controricorrente e ricorrente in via incidentale (con ricorso n. 626/2008)Pagina I di 5 – RGN 28026/07-626/08

estensA cons. m. ferro

per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale Bologna 7.9.2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 18 dicembre
2013 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
uditi l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino;

IL PROCESSO
Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Bologna 7.9.2006 che, in riforma della sentenza C.T.P. di Ferrara n.
95/03/2001, ebbe ad accogliere l’appello della società Stiltende s.n.c. di Gessi Luigi
& c. [Stiltende], così ribadendo la illegittimità dell’avviso di accertamento cui aveva
proceduto l’Ufficio verso la contribuente per ILOR del 1993 e conseguente IRPEF
a carico dei soci Gessi Luigi e Leprotti Bruna. La notifica alla società, nel dicembre
1999 e dopo controllo fiscale nello stesso anno, implicava la rettifica del reddito
societario, con disconoscimento della deducibilità di minusvalenze per circa 92
milioni Lit, flessione corrispondente della perdita di esercizio dai 345 milioni Lit
circa dichiarati a 253 milioni Lit circa e rideterminazione dei redditi dei due soci.
Ritenne la C.T.R., invero, che la minore perdita, riferita dall’Ufficio per circa 4,6
milioni Lit a due crediti di non provata inesigibilità e per circa 87,9 milioni Lit ad un
dubitato valore di esitazione di un ramo d’azienda ceduto il 22.12.1993 alla società
(riferibile alla stessa compagine familiare) Stiltende Genius s.r.1., fosse in realtà
attendibile, poiché nel primo caso afferente a crediti reali ceduti pro so/sito a valore
simbolico, nel secondo ad un ramo industriale in teoria svalutabile alla stregua degli
stessi criteri delle plusvalenze, nonostante il superiore netto contabile di alcuni beni
che componevano il relativo coacervo e comunque pari al corrispettivo percepito,
ricostruibile dal Fisco in modo diverso solo se indiziato di non corrispondenza al
vero, circostanza non emersa dall’accertamento.
La C.T.R., in particolare, osservò che tema delle censure non era la
giustificazione di una riduzione apportata in bilancio a valori di beni e diritti aziendali
rimasti nell’impresa, bensì la congruità di valore di corrispettivi per cessioni di beni e
diritti avvenute nel corso dell’esercizio.
Il ricorso è affidato a tre motivi, resistito con controricorso e ricorso incidentale
(su due motivi) della società contribuente. Si dà atto che il contraddittorio ha
riguardato nel processo la sola società e che, all’udienza, l’avvocato dello Stato ha
segnalato la definizione condonistica effettuata da un socio.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente Agenzia ha dedotto la violazione di legge con
riguardo agli artt. 39 co.1 lett. d) d.P.R. n.600/1973, 54 co.1 lett. a) e 66 co. 1 TUIR,
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estensore

ferro

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Ennio Sepe, che ha
concluso in via principale per rinvio a nuovo ruolo, nel merito per l’accoglimento del
ricorso.

1. Rileva in via preliminare il Collegio, come già oggetto di relazione alla stessa
udienza, che il ricorso, pur avendo come destinataria la società di persone cui è riferito
l’accertamento di cui si controverte, è stato notificato a diversa società, e cioè “Stiltende
spa. di Gessi Luigi e c.”. Tale vizio della notifica, riscontrato d’ufficio e peraltro,
appare sanato dalla costituzione in giudizio proprio da parte della società in nome
collettivo destinataria degli atti di merito (Cass. 27452/2008, 11775/2010), operandosi
così una rimozione della causa di nullità stessa, nemmeno potendosi affermare il più
radicale vizio di inesistenza, non potendosi rilevare nella specie un assoluto difetto di
attinenza o riferimento o collegamento di quel luogo o soggetto con il destinatario
(Cass. 6470/2011, 7514/2007).
2. Quanto alla allegata definizione condonistica in capo ai soci, rileva il Collegio
l’insufficienza dell’eccezione svolta in sede di discussione orale dalla ricorrente
Agenzia, non avendo essa provveduto, anche con adeguata documentazione, ad
indicare un esaustivo riferimento alla esatta composizione della società a base
personale destinataria dell’accertamento e per quanto di interesse con riguardo
all’epoca dello stesso, così da permettere a questa Corte un agevole controllo sulla
dedotta (e per come genericamente invocata, almeno oltre ad un singolo socio)
eventuale causa di estinzione, mancando invero la prova del numero dei soci e della
precisa identità soggettiva degli stessi.
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estens

.ferro

in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ., avendo la C.T.R. erroneamente omesso di
apprezzare il rilievo di complessiva antieconomicità dell’operazione di cessione di
ramo d’azienda dalla s.n.c. alla sii, non considerando che pochi mesi prima
macchine ed attrezzature, poi passate alla società di capitali di famiglia, erano state
conferite nella società di persone per un valore di due volte e mezzo (135 contro 52
milioni Lit), così non potendosi impedire all’Ufficio di riaccertare il prezzo di
cessione contrattuale anche sulla base di elementi presuntivi, dunque provando in tal
modo la passività inesistente.
Con il secondo motivo, la ricorrente Agenzia ha dedotto il vizio di motivazione, in
relazione all’art.360 n.5 cod.proc.civ., avendo la C.T.R. erroneamente non
considerato l’attività istruttoria recata alla sua attenzione, e limitando la disamina al
raffronto fra valori contabili e valori di realizzo.
Con il teqo motivo, si deduce vizio di motivazione ove la C.T.R. ha negato che le
fatture di riparazione e interventi di manutenzione straordinaria sui beni non
costituissero incrementi di valore degli stessi, ciò contraddicendo il deprezzamento
del 60% di beni acquistati da poco tempo o di quelli mantenuti efficienti.
Con il primo motivo di ricorso incidentale, la società ha dedotto il vizio di difetto di
motivazione della sentenza di primo grado, adesiva in poche battute del risultato
finale dell’accertamento dell’Ufficio ma non esplicitante le ragioni del convincimento
a quello conforme, con riflessi sulla sentenza di secondo grado che non ebbe ad
accogliere la censura sul punto.
Con il secondo motivo il ricorrente incidentale censura la sentenza della C.T.R. che
non ha preso in esame i profili di incostituzionalità degli artt.54 e 66 TUIR ove la tesi
seguita conduca ad una duplicazione soggettiva dell’imposta.

Conclusivamente, rilevata la ragione di nullità dell’intero procedimento, vanno cassate
la pronuncia impugnata ed altresì quella di primo grado, le parti vanno rimesse al
giudice competente quanto al primo grado, come da dispositivo, per la celebrazione
del relativo giudizio e perché disponga la integrazione del contraddittorio, ai sensi del
d.lgs. n. 546 del 1992, art. 14 ed ogni altra verifica conseguente; quanto alle spese, se
ne dichiara la integrale compensazione, tenuto conto della progressiva definizione
dell’indirizzo interpretativo qui applicato solo in epoche coeve o successive
all’instaurazione della controversia.

P.Q.M.

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estenso

Serro

3. Ritiene peraltro il Collegio che, stante la pacifica natura di società di persone (con
più soci all’epoca dell’accertamento rettificativo in aumento dei suoi redditi, rectius in
diminuzione della sua perdita di esercizio, con ampliamento dell’ILOR e, per i soci,
dell’IRPEF per il 1993), debba essere rilevato d’ufficio — come premesso in udienza un limite di correttezza nell’instaurazione dell’intero processo tributario, essendo
mancati all’unitario contraddittorio, sin dalla trattazione in primo grado, la società e i
soci nella interezza della compagine, nonostante la sentenza presti consapevolezza ai
riflessi che l’accertamento qui ancora avversato inevitabilmente spiega nei confronti
dei soci, cui il reddito d’impresa, così come accertato dal Fisco in capo alla società,
viene de plano imputato. Opera invero nella fattispecie il principio, cui occorre dare
continuità, per il quale in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla
base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle
associazioni di cui all’art. 5 d.P.R. 22/12/1986 n. 917 e dei soci delle stesse e la
conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente
alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli
stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di
rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti
i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali, ipotesi non
sussistente nella fattispecie sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello
stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni
soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione
debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva
dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente
configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Ne deriva che il
ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati, come avvenuto
avendo riguardo allo svolgimento del processo quale riprodotto e ripercorso in atti,
impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 546/92 (salva la
possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29), mentre il giudizio celebrato senza
la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile
in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass. s.u. 14815/2008). A
tale arresto seguirono, tra gli altri, Cass. 11459/2009, 13073/2012, 17925/2012,
23096/2012, 1047/2013, 25465/2013 e, quanto alle imposte ILOR ed IRPEF, Cass.
16661/2011.

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MATERIA TRIBUTARIA,

La Corte dichiara la nullità dell’intero procedimento, cassa la sentenza impugnata
e quella di primo grado, rimettendo le parti avanti alla C.T.P. di Ferrara, in diversa
composizione; dichiara la integrale compensazione fra le parti delle spese del
procedimento, anche quanto al giudizio di merito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 dicembre 2013.

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