Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3488 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3488 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FERRO MASSIMO

Data pubblicazione: 14/02/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-ricorrente Contro

BE.NE.GI.N. s.r.l.
-intimato-

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estensore consk

per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Napoli 17.7.2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 18 dicembre
2013 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
udito l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino;

IL PROCESSO
Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Napoli 17.7.2006 che, in riforma della sentenza C.T.P. di Napoli n.
373/05/2004, ebbe ad accogliere l’appello del contribuente, dichiarando la
illegittimità dell’avviso di accertamento, già emesso ai fini IRPEG ed ILOR, con
riguardo all’anno d’imposta 1992 e per il quale, a seguito di p.v.c. redatto dalla
Guardia di finanza nel mese di maggio dello stesso anno, venivano contestate alla
società BE.NE.GI.N. s.r.l. le omesse fatturazioni di prestazioni effettuate in favore
di 11 ricoverati, con recupero a tassazione di un imponibile di circa 33 milioni Lit.
Ritenne la C.T.R. di dover dissentire dal rilievo negativo conferito dalla C.T.P.
all’omessa risposta, da parte della società, al questionario notificatole dall’Ufficio nel
1998, con cui era stata chiesta la prova dell’eventuale successiva registrazione dei
ricavi omessi ed accertati dalla G.d.F., assumendo invece decisività la circostanza per
cui la società aveva, come dimostrato con l’appello, registrato quei ricavi con cadenza
semestrale, e dunque a giugno 1992, così essi concorrendo al reddito di quell’anno e
senza evasione delle imposte, come da dichiarazioni fiscali e documenti interni. La
produzione di documentazione non esibita alla G.d.F. si giustificava, per la sentenza
qui impugnata, con l’emissione dei documenti solo successiva, non potendo peraltro
negarsi il diritto del contribuente ad adire il giudice tributario sol per via della
mancata risposta ai predetti questionari.
Il ricorso è affidato a sei motivi.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione di legge con riguardo
all’art.32 d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ., avendo la
C.T.R. erroneamente fondato il proprio convincimento sull’acquisizione di
documenti la cui produzione in giudizio era vietata al contribuente se già non rimessi
in risposta agli inviti a chiarimenti dell’Ufficio, una preclusione anche anteriore alla
legge n. 28/1999.
Con il secondo motivo, si deduce violazione dell’art.58, co.2, d.lgs. n.546/1992, in
relazione all’art.360 n.4 cod.proc.civ., avendo la C.T.R. inammissibilmente
consentito l’ingresso in giudizio delle ricevute fiscali emesse verso i clienti della
società contribuente, unitamente alle annotazioni contabili dei corrispettivi, solo con
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estensore cons. m.

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Ennio Sepe, che ha
concluso per raccoglimento del ricorso.

1. Il primo motivo è infondato. Osta al suo accoglimento l’interpretazione del regime
dell’omessa risposta ai questionari in tema di imposte sui redditi, quale individuato
all’art. 32 d.P.R. 29.9.1973, n.600, per il testo ratione temporis vigente e cioè, nella specie,
anteriore alla parificazione dell’istituto alle previsioni già dettate per l’IVA: secondo
consolidato indirizzo, cui questo Collegio aderisce, l’art. 32, secondo comma, cit., il
quale ora stabilisce che le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed
i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono
essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in
sede amministrativa e contenziosa (salvo che il contribuente non dichiari
contestualmente alla produzione di non aver potuto adempiere alle richieste degli
uffici per causa a lui non imputabile), non è applicabile ai fatti anteriori all’entrata in
vigore dell’art. 25 della legge 18 febbraio 1999, n. 28, che lo ha introdotto, in
riferimento ai quali trovano pertanto applicazione gli artt. 32 e 33 del d.P.R. n. 600 cit.
nel testo originario, i quali non ricollegavano alla mancata produzione di documenti da
parte del contribuente, in risposta al questionario previsto dall’art. 32, alcuna
conseguenza in merito all’utilizzabilità dei medesimi documenti in sede contenziosa, se
non l’irrogazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 53 del d.P.R. n. 600
del 1973 (ora abrogato dal d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472), in tal modo escludendo
l’applicabilità della preclusione prevista in materia di IVA dall’art. 52 del d.P.R. 26
ottobre 1972, n. 633 (Cass. 16503/2006; 19478/2009). Tanto più che, si aggiunge,
anche a voler richiamare un’interpretazione più rigorosa, in ogni caso “la preclusione
fissata dal terzo e dal quarto comma dell’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, la quale
vieta al contribuente di produrre in giudizio elementi a proprio discarico, se non tempestivamente
forniti all’amministrazione nel termine assegnatogli, non opera se l’amministrazione non l’abbia
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estensore ci S. m.fprro
AMI;

l’appello, trascurando il carattere della non novità storica di tali documenti, dunque
già introducibili con l’originaria impugnazione.
Con il terzo motivo, si deduce violazione di legge, quanto agli artt.10 e 53 d.lgs.
n.546/1992, in relazione all’art.360 n.4 cod.proc.civ., avendo la C.T.R. omesso di
valutare che, ai sensi della cit. norma, l’appellante che non abbia effettuato la notifica
dell’atto a mezzo di ufficiale giudiziario, deve depositarne copia presso la segreteria
della C.T.P., poiché la modifica normativa sul punto, posta dalla legge n.248/2005, si
doveva applicare anche agli appelli, come quello di causa, già notificati alla
controparte.
Con il quarto motivo, si deduce violazione di legge quanto all’art.66, co.3, d.lgs. n.
300/1999, in relazione all’art.360 n.4 cod.proc.civ., avendo la C.T.R. disatteso
l’eccezione secondo cui la notifica dell’appello era stata effettuata dalla controparte
all’Ufficio di Napoli 3, territorialmente non competente.
Con il quinto motivo si deduce il vizio di motivazione quanto alla documentazione
esaminata che ha condotto la C.T.R. al convincimento dell’avvenuta
contabilizzazione dei ricavi relativi a prestazioni oggetto di contestazione della G.d.F.
Con il sesto motivo si deduce violazione di legge, quanto agli artt. 14 lett. a) e b) e
22 d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ., avendo la C.T.R.
erroneamente annullato anche le sanzioni, nonostante il riconoscimento della
tardività della contabilizzazione dei ricavi.

2. Il secondo motivo è infondato. Osta al suo accoglimento il principio, cui dare
continuità in difetto di argomenti nuovi a sostegno della sua confutazione, per cui in
materia di appello nel processo tributario, alla luce della specialità espressa dall’art. 1,
comma secondo, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – in forza del quale, nel rapporto
fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale
quest’ultima – non trova applicazione la preclusione alla produzione documentale di
cui all’art. 345, comma terzo, cod. proc. civ., potendo le parti provvedervi anche per
documenti preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado (Cass. 7714/2013,
20109/2012).
3. Il terzo motivo è infondato. Sul punto, trova applicazione il principio per cui la
modifica apportata all’art. 53, comma secondo, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546
dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 che ha convertito, con modifiche, il d.l. 30
settembre 2005 n. 203 — “secondo cui il mancato deposito dell’atto di «elio presso l’ufficio di
segreteria della commissione tributaria che ha pronunciato la senten a impugnata determina
l’inammissibilità del gravame” – non si applica nel caso in cui la notifica dell’atto di
impugnazione sia stata effettuata sotto il vigore della disciplina precedente (come nella
fattispecie), dovendo ritenersi che “gli atti pedkionatisi prima dell’intervento di una novella in
materia processuale, in difetto di una disciplina transitoria o di eiplicite diposkioni contrarie, restano
regolati, anche negli effetti, secondo il fondamentale principio tempus regit actum, dalla norma
sotto il cui imperi° sono stati posti in essere” (Cass. 27971/2011, 21077/2011).

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4. Il quarto motivo è infondato. Vale in materia di notifica dell’impugnazione il principio
per cui essa, se effettuata da parte del contribuente presso un ufficio della locale
Agenzia delle Entrate non territorialmente competente, perché diverso da quello che
ha emesso l’atto impositivo, non comporta né la nullità né la decadenza
dall’impugnazione, sia per il carattere unitario dell’Agenzia delle Entrate, sia per il
principio di effettività della tutela giurisdizionale, che impone di ridurre al massimo le
ipotesi d’inammissibilità, sia per la natura impugnatoria del processo tributario, che
attribuisce la qualità di parte all’organo (e non alle singole articolazioni organizzative)
che ha emesso l’atto o il provvedimento impugnato (Cass. 15718/2009, 3727/2010).
5. Il quinto motivo è inammissibile. A tale conclusione il Collegio perviene osservandovi
un duplice limite: da un lato, esso non si conclude con un adeguato momento di
sintesi, il cd. quesito di fatto, vizio di inammissibilità, anche quando l’indicazione del
fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa
la ratio che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze nomofilattiche
dell’accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla
lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito (Cass.
24255/2011); dall’altro, la motivazione della C.T.R. è, sul punto della corrispondenza
tra completezza ed adeguatezza rappresentativa della documentazione prodotta
dall’appellante e rilievi originari dell’avviso di accertamento, assolutamente chiara,
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estensore ckn. m.ferro

previamente avvertito delle conseguene collegate a tale inottemperana.” (Cass. 453/2013). E di
tale circostanza non ricorre alcuna prova o anche solo allegazione agli atti.

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6. Il sesto motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato. La ricorrente non coglie la
ratio decidendi della sentenza impugnata che, nel dichiarare l’illegittimità
dell’accertamento, ha operato una complessiva ricostruzione di correttezza anche
contabile delle movimentazioni della società contribuente, non trovando pertanto
puntuale riscontro in sentenza che — come indicato in censura — vi fosse stato un
rispetto degli obblighi contabili tardivo e carente di causa giustificativa, anzi
assumendosi che la non esibizione della documentazione in occasione della verifica
della G.d.F. si giustificava con la natura di documenti emessi successivamente alla verifica
stessa. Ciò sul presupposto, osserva il Collegio, della plausibilità della loro corretta
formazione a cadenza semestrale, opzione condivisa dai giudici di merito e
specificamente non aggredita dall’Agenzia in ricorso.
Il ricorso va pertanto rigettato, ai sensi di cui in motivazione.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 dicembre 2013.

poiché fa parola, tra le altre, delle “ricevute dei compensi percepiti per le prestazioni rilevate
dalla G.d.F. con il verbale del 27.5.1992”, ed integra il proprio giudizio con puntuale
descrizione della inserzione dei movimenti in contabilità. Tale analitica menzione
esclude ogni insufficienza di motivazione.

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