Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3487 del 15/02/2010

Cassazione civile sez. I, 15/02/2010, (ud. 10/11/2009, dep. 15/02/2010), n.3487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

Dott. SALVATO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.S., T.T., G.M.D.,

P.L., P.G., S.F.,

V.V., Tr.To., Tr.Ni., V.

G., Pa.Ge., S.S. – elettivamente

domiciliati in ROMA, via Quintilio Varo 133 presso lo studio

dell’avv. Giuliani Angelo dal quale sono rappresentati e difesi,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore;

– intimata –

avverso il decreto della Corte d’appello di Roma depositato il 28

novembre 2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

10 novembre 2009 dal Consigliere dott. Luigi Salvato;

P.M., S.P.G. dr.ssa CARESTIA Antonietta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

C.S., T.T., G.M.D., P.L., P.G., S.F., V.V., Tr.To., Tr.Ni., V. G., P.G. e S.S., con distinti ricorsi, adivano la Corte d’appello di Roma, allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 in riferimento al giudizio promosso innanzi al T.a.r. del Lazio con ricorso del 9 agosto 1996, avente ad oggetto l’accertamento del diritto a vedersi attribuire le qualifiche nelle quali sarebbe stato inquadrato se si fosse trovato in servizio alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 197 del 1995 ed a percepire il relativo trattamento economico, deciso con sentenza di rigetto del 24 dicembre 2004.

La Corte d’appello di Roma, con decreto del 28 novembre 2006, riuniti i giudizi, rilevava che l’istanza di fissazione dell’udienza di discussione, unitamente a quella di prelievo, era stata presentata solo il 1 agosto 1997. Fissata la ragionevole durata del giudizio in anni tre, il decreto riteneva violato il relativo termine per circa quattro anni, poichè la violazione del termine di ragionevole durata andrebbe computata anni a far data dall’istanza da ultimo richiama e, in considerazione del rigetto della domanda, liquidava Euro 500,00 per ciascun anno di ritardo, quindi complessivi Euro 2.000,00 in favore di ciascun ricorrente, oltre interessi legali dalla data del decreto, condannando la convenuta alle spese del giudizio.

Per la cassazione di questo decreto hanno proposto ricorso le parti sopra indicate, affidato a tre motivi; non ha svolto attività difensiva la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Ritenute sussistenti le condizioni per la decisione in camera di consiglio è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai ricorrenti.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- La relazione sopra richiamata ha il seguente tenore:

“1.- I ricorrenti, con il primo motivo, denunciano violazione e falsa applicazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 2, artt. 6, 13 e 41 CEDU), nonchè omessa, illogica ed insufficiente motivazione, deducendo che hanno depositato il ricorso introduttivo de giudizio presupposto il 25.11.2004, mentre l’istanza di fissazione udienza è stata effettuata in data 25.11.2004 e, dopo questa data non hanno assunto comportamenti elusivi o defatigatori, sicchè non si riscontrerebbero nel decreto in modo adeguato le ragioni per le quali il Giudice ha inteso discostarsi¯ dal parametro della Corte EDU. Inoltre, il giudice del merito avrebbe liquidato l’indennizzo discostandosi dal parametro del giudice europeo facendo erroneamente riferimento alla consapevolezza dell’infondatezza della domanda ed è formulato il seguente quesito di diritto: “Il Giudice del merito, chiamato alla liquidazione del danno subito dal cittadino italiano in caso di irragionevole durata del processo, può in assenza di motivazione specifica discostarsi dai criteri di determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo?.

1.1.- Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 2; art. 1173 c.c.), in relazione al capo del decreto che ha fissato la decorrenza degli interessi legali dalla data del decreto anzichè da quella della domanda, in contrasto con la natura indennitaria dell’equa riparazione e richiama a conforto alcune sentenze di questa Corte; il mezzo si conclude con quesito di diritto concernente tale profilo.

1.2.- Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di legge (artt. 90 e 91 c.p.c., D.M. n. 127 del 2004) e delle tariffe professionali, nella parte in cui il decreto ha liquidato le spese del giudizio, in violazione dei minimi di tariffa (il ricorso riporta le singole voci asseritamente spettanti in riferimento all’attività svolta ed allo scaglione applicabile), che dovrebbe essere rispettato anche nel caso di riunione dei procedimenti, occorrendo in tal caso procedere alla liquidazione per un singolo procedimento e moltiplicarlo per il numero degli stessi. Il mezzo si chiude con la formulazione di due quesiti aventi ad oggetto siffatti profili.

2 – Il primo motivo sembra in parte manifestamente fondato, in parte manifestamente fondato. La lettura del mezzo ed il quesito che lo chiude dimostrano con palese evidenza che i ricorrenti non hanno colto la ratio decidendi relativa alla identificazione del termine di durata del giudizio, alla ritenuta rilevanza dell’istanza di prelievo e di fissazione dell’udienza ed alla necessità di fare riferimento a tale adempimento.

Ne consegue che, indipendentemente dalla correttezza dell’affermazione della Corte d’appello sul punto, la stessa non può costituire qui oggetto di riesame.

La censura si palesa invece manifestamente fondata in riferimento alla parte concernente la quantificazione dell’indennizzo, nei limiti che si precisano di seguito.

Al riguardo, va data continuità all’orientamento di questa Corte, secondo il quale, i criteri di determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte europea non possono essere ignorati dal giudice nazionale, che deve riferirsi alle liquidazioni effettuate in casi simili dalla Corte di Strasburgo che, con decisioni adottate a carico dell’Italia il 10 novembre 2004 (v., in particolare, le pronunce sul ricorso n. 62361/01 proposto da R.F. e sul ricorso n. 64897/01 Z.), ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 per anno il parametro per la quantificazione dell’indennizzo.

Il danno non patrimoniale deve essere quantificato in applicazione di detto parametro, con la facoltà di apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda (quali: l’entità della “posta in gioco”, il “numero dei tribunali che hanno esaminato il caso in tutta la durata del procedimento” ed il comportamento della parte istante; per tutte, Cass., n. 1630 del 2006; n. 1631 de 2006; n. 19029 del 2005; n. 19288 del 2005), purchè motivate e non irragionevoli (tra le molte, Cass. n. 6898 del 2008; n. 1630 del 2006; n. 1631 del 2006).

In applicazione di detti principi -che danno soluzione ai quesiti posti con i mezzi in esame – le censure sono manifestamente fondate, poichè la Corte d’appello ha liquidato Euro 500,00 per anno, facendo soltanto riferimento alla consapevolezza dell’esito negativo del giudizio ed allo scarso interesse.

Si tratta di una motivazione insufficiente a giustificare uno scostamento in misura superiore ad un terzo dal parametro della Corte EDU. In relazione a detta censura il decreto impugnato potrà essere cassato e – assorbiti il secondo ed il terzo motivo- la causa potrà essere decisa nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

In applicazione degli standard della Corte EDU, ritenuto il periodo di irragionevole durata del giudizio in anni quattro, come stabilito incensurabilmente dal decreto, ed individuato, avendo riguardo allo standard minimo CEDU, in Euro 800.00 ad anno il parametro di indennizzo del danno non patrimoniale – tenuto conto del non rilevante interesse mostrato, comprovato dalla mancata attivazione nella fase iniziale di strumenti di sollecitazione della definizione del giudizio e dalla consapevolezza dell’elevata difficoltà di pronosticare l’accoglimento della domanda, contestata soltanto genericamente dai ricorrenti – va riconosciuta a ciascun istante la somma di Euro 3.200,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

Le spese della fase di merito potranno seguire la soccombenza, così come quelle della presente fase, nella misura della metà, potendo compensarsi la residua parte, stante il parziale accoglimento del ricorso.

Pertanto, il ricorso, nei termini sopra precisati, può essere trattato in camera di consiglio, ricorrendone i presupposti di legge”.

2.- Il Collegio reputa di dovere fare proprie le conclusioni contenute nella relazione, condividendo le argomentazioni che le fondano, con la precisazione che segue in ordine al quantum.

Dando continuità al più recente orientamento di questa Corte, ed in aderenza alla giurisprudenza CEDU – che nessun argomento del ricorso impone e consente di derogare in meglio, per le argomentazioni svolte, da ultimo nella sentenza n. 21840 del 2009, lo standard di liquidazione del danno non patrimoniale va individuato nella somma di Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, per i primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, ed in Euro 1.000,00 per ogni anno di ritardo successivo. Dunque, va riconosciuta a ciascun ricorrente, a titolo di equa riparazione per il danno non patrimoniale, la somma di Euro 3.250,00, in relazione agli anni eccedenti il triennio (anni 4), oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza – distratte in favore del difensore, per dichiarazione di anticipo- quanto al giudizio di merito e per la metà quanto alla presente fase, dichiarando compensata la residua parte, sussistendo giusti motivi, in considerazione del parziale accoglimento del ricorso.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, nei termini precisati in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei ministri a corrispondere a ciascun ricorrente la somma di Euro 3.250,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo ed oltre alle spese processuali – per la metà, quanto alla presente fase, compensandosi la restante parte – distratte in favore dell’avv. Angelo Giuliani, liquidate, quanto al giudizio di merito, in Euro 1.781,00 (di cui Euro 1.236,00 per diritti ed Euro 445,00 per onorari) e, quanto al giudizio di legittimità in Euro 350,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2010

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