Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3487 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3487 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FERRO MASSIMO

Data pubblicazione: 14/02/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-ricorrente Contro

CALCÒ LABRUZZO SALVATORE, rappr. e dif. dall’avv. Salvatore Catania e
dall’avv. Francesco Cucinotta del foro di Patti, elett. dom. presso lo studio Rosario
Rao in Roma, via Fasana n.16, come da procura a margine dell’atto

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estensore con

h
-controricorrenteper la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Palermo, sez.dist.
Messina 17.7.2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 18 dicembre
2013 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

IL PROCESSO
Agenzia
5 Intrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di weegoihr, 17.7.2006 che, in riforma della sentenza C.T.P. di Messina n.
30/03/2004, ebbe ad accogliere l’appello del contribuente, dichiarando la illegittimità
dell’avviso di accertamento, già emesso ai fini IRPEF ed ILOR, con riguardo
all’anno d’imposta 1995 e per il quale, a seguito di accertamento induttivo del reddito
d’impresa non dichiarato (per Lit 30.164.000), anche per recupero a tassazione dei
contributi AIMA e di riqualificazione siccome commerciale (più che agraria)
dell’attività, scaturiva la pretesa delle maggiori imposte dovute, oltre interessi e
sanzioni.
Ritenne la C.T.R. di dover conferire rilievo a sentenze della CTP di Messina del 2004 (relativa ad IVA del 1996) e del 2005 (due relative ad IVA, IRPEF ed ILOR
per gli anni d’imposta 1998 e 1999) – che, pur non essendo passate in giudicato
all’epoca della pronuncia e tuttavia promananti da un unitario verbale di verifica
fiscale, avevano qualificato il reddito del contribuente quale reddito agrario, in
coerenza con la nozione di allevamento di animali praticato sul fondo, nel rispetto
del parametro normativo di cui all’art.29, co.2, lett.b) d.P.R. 22.12.1986, n.917. Nel
controllo ivi previsto circa la provenienza del mangime di alimentazione del bestiame
per almeno un quarto dal fondo, la sentenza impugnata statuì che tale misura poteva
anche eccedere la citata proporzione, senza rilievo nell’ipotesi dell’estensione agraria
allargata, com’era nella specie e per l’anno di accertamento, a terreni oggetto di usi
civici e regie trazzere, da sempre utilizzate in Sicilia anche per la transumanza di
mandrie e greggi. La pregiudizialità della questione travolgeva pertanto ogni altro
vizio dell’accertamento, fondato sulla natura commerciale e non agraria dell’attività
del contribuente.
Il ricorso è affidato a cinque motivi; resiste con controricorso il contribuente.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione di legge con riguardo
all’art.57 d.P.R. n. 546/1992, in relazione all’art.360 n.4 cod.proc.civ., avendo la
C.T.R. erroneamente fondato il proprio convincimento sulla provenienza di almeno
un quarto del foraggio da fondi utilizzati dal contribuente alla stregua di diritti
derivanti da usi civici e trazzere siciliane, ma senza che tale eccezione o domanda
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estensore co

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Ennio Sepe, che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.

1. Il primo motivo è fondato. La sua trattazione è innanzitutto ammissibile, avendo con
sufficiente puntualità la parte indicato l’ error in procedendo in cui è incorso il giudice di
merito, anche mediante la norma violata (art.57 d.lgs. n.546/1992) e senza che abbia
alcun rilievo, come invece eccepito, il ricollegamento testuale (peraltro corretto) ad
uno dei numeri del co. 1 dell’art.360 cod.proc.civ., dovendosi aderire ad
un’interpretazione per cui “il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e
tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., deve essere articolato in specifici
motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di
impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule
sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi” (Cass. s.u.
17931/2013). La C.T.R. ha fondato il proprio convincimento sull’utilizzo di usi civici
e trazzere siciliane che, estendendosi a fondi ben più ampi di quelli in capo al
contribuente (proprietario per 10 ettari, di contro ai 130 considerati con quella
modalità), hanno permesso di ricondurre l’allevamento ai parametri di cui all’art.29,
co.2, lett. b) TUIR in allora vigenti. Si tratta di un fatto costitutivo essenziale al fine di
ricostruire la soggettività agraria e non commerciale del contribuente, come
imputatogli nell’accertamento, divenendo perciò decisiva la ritualità, per sede e
tempestiva introduzione, di tale tipo di difesa, azione od eccezione che sia. Va invero
ricordato che la citata norma prevede che Sono considerate attività agricole: .. b)
l’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e le attività dirette
alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la
supedìcie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa
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estensii ns. ferro

appartenesse al processo sin dal suo promuovimento, introdotta invero quale mera
circostanza indicata nelle citate sentenze favorevoli della C.T.P. Messina.
Con il secondo motivo, si deduce vizio di motivazione circa un punto decisivo della
controversia, in relazione all’art.360 n.5 cod.proc.civ., avendo la C.T.R.
contraddittoriamente conferito rilievo agli usi civici e, con minore sicurezza,
all’affitto con contratti orali, per giustificare la motivazione dell’impiego di terreni,
ma senza indicare la prova della stipulazione di essi.
Con il terzo motivo, si deduce vizio di motivazione circa un punto decisivo della
controversia, in relazione all’art.360 n.5 cod.proc.civ., avendo la C.T.R. omesso di
indicare (o comunque contraddittoriamente indicato) quali fossero i fondi
esattamente presi in affitto dal contribuente (proprietario di 10 ettari, di contro ai
130 asseritamente utilizzati) e per quali titoli, in ogni caso non precisando quali
fossero le quantità di foraggio ritraibile, tanto più che, in presenza di diritti collettivi,
la percentuale di utilizzo singolo andava ridotta ad una mera quota.
Con il quarto motivo, si deduce violazione di legge quanto agli artt. 32,51 e 62 d.lgs.
n. 546/1992, in relazione all’art.360 n.4 cod.proc.civ., avendo la C.T.R. acquisito
documenti — le sentenze della C.T.P. Messina — quando già era decorso il termine
dilatorio anteriore dei 20 giorni a ritroso dall’udienza di discussione.
Con il quinto motivo si deduce violazione di legge, ai sensi dell’art.2909 cod.civ.,
avendo la C.T.R. utilizzato in motivazione, e quali fonti di convincimento, le
sentenze favorevoli al contribuente ma non passate in giudicato, senza che tra i
giudizi vi fosse rapporto di pregiudizialità.

Proprio tale allocazione puntuale dell’onere della prova, preclude di ravvisare nelle
più generiche contestazioni introdotte dal contribuente, già avanti alla C.T.P., una
latitudine giuridica riflettente esattamente la ragione posta poi dalla C.T.R. alla base
dell’accoglimento dell’appello, apparendo decisiva — nella motivazione della sentenza
qui impugnata — proprio la ricomprensione dell’area agricola nella disponibilità
dell’allevatore contribuente quanto ai terreni revenienti da titoli prima non invocati ed
invero del tutto necessari per il rientro nei citati parametri, evidentemente oggetto di
sforamento quantitativo circa la quantità di bestiame, non giustificabile alla stregua di
un fondo di soli 10 ettari. Tale circostanza non esprime alcun dato di naturale
appartenenza all’invocata agrarietà dell’attività svolta, palesandosi invece connotativa
ed autonoma al fine di fondare il diritto alla considerazione del contribuente come
titolare della disponibilità dei citati fondi, diversi da quello proprio, come confermato
dal veicolo informativo con cui se ne è permessa la cognizione, e cioè l’introduzione
nel giudizio delle sentenze della C.T.P. di Messina in cui dette fruizioni erano per la
prima volta in giudizio palesate e per quei titoli. La conseguente novità della difesa
giustifica la sussistenza di un vizio dell’attività del giudice di merito, che ha posto
d’ufficio alla base della decisione un’eccezione riservata alla parte ma dalla parte (in
allora appellante) inserita in violazione dell’art.57 d.lgs. n.546/1992
2. Anche il secondo e tero motivo — da trattare congiuntamente perché connessi – sono
fondati. Il giudice di secondo grado ha operato un riferimento del tutto generico alle
indicazioni delle sentenze favorevoli al contribuente e ciò, a prescindere dalla
correttezza del richiamo a pronunce non assistite da forza di giudicato, senza meglio
precisare quali fossero i fondi, anche oggetto di diritti collettivi, nella disponibilità
effettiva dell’imprenditore e quali i titoli giuridici che permettevano a tale soggetto di
poterne fruire, evidentemente con utilizzo incontroverso ed individuale, così da
raggiungere il plafond di foraggio proporzionato al bestiame in allevamento. Proprio la
limitata portata processuale persuasiva di quelle pronunce avrebbe dunque dovuto
indurre la C.T.R. ad estrapolare con puntualità gli accertamenti condotti in quei giudizi
e fissare le circostanze dei relativi fatti all’interno di un contraddittorio più esplicito,
oltre che e comunque in un quadro giustificativo maggiormente analitico.

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estensore

insiste. Sul punto, il Collegio aderisce all’indirizzo per cui l’attività di allevamento del
bestiame non può essere ricondotta alla previsione dell’art. 29, comma secondo,
lettera b) cit., e non può quindi essere considerata agricola, ma industriale o
commerciale, se l’allevamento non è effettuato con mangimi ottenuti, almeno per un
quarto di quelli necessari per l’alimentazione del bestiame, dai terreni dell’azienda: in
tal caso, a norma dell’art. 78 del d.P.R. n. 917 cit., il reddito che eccede detto limite ha
natura di reddito d’impresa, l’imprenditore ha l’obbligo di tenere il registro di carico e
scarico degli animali allevati, distintamente per specie e ciclo di allevamento, con
l’indicazione degli incrementi e decrementi verificatisi per qualsiasi carico nel periodo
d’imposta; l’inottemperanza a detto obbligo determina l’inattendibilità della contabilità
aziendale, ponendo a carico del contribuente l’onere di provare i fatti impeditivi o
estintivi dell’accertamento effettuato dall’Ufficio (Cass. 22582/2006, 6751/2010).

CSENT.E.
AI

,

IN. 131

3. Ritenuta superflua la disamina degli ulteriori motivi, da aversi per assorbiti, il
ricorso va pertanto accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla
C.T.R. Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del procedimento di
legittimità.

P.Q.M.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 dicembre 2013.

La Corte accoglie il ricorso e per l’effetto cassa la decisione impugnata con rinvio
a C.T.R. Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del procedimento di
legittimità.

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