Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3486 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3486 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FERRO MASSIMO

SENTENZA
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Sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-ricorrente Contro

NATALE GULINO
-intimatoper la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale Palermo 13.2.2006;
Pagina I di 3 – RGN 10158/2007

Data pubblicazione: 14/02/2014

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 18 dicembre
2013 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Ennio Sepe, che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.

Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Palermo 13.2.2006 che, in conferma della sentenza C.T.P. di Siracusa n.
219/03/2001, ebbe a rigettare l’appello dell’Ufficio, così ribadendo la illegittimità
dell’avviso di mora — notificato al contribuente Natale Gulino per IRPEF ed ILOR
del 1990 – in quanto non preceduto dalla notifica della cartella esattoriale.
Ritenne la C.T.R., invero, che l’ingiunzione di pagamento era costituita dalla
cartella esattoriale, atto da notificarsi necessariamente al contribuente e prima
dell’avviso di mora, per quanto quest’ultimo derivasse da un avviso di accertamento
notificato al contribuente e non impugnato.
Il ricorso è affidato ad un motivo.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il motivo, la ricorrente Agenzia ha dedotto la violazione di legge con riguardo
agli artt. 14 d.P.R. n. 602/1973, 1,2 e 19 d.lgs. n. 546/1992, 53 d.P.R. n.600/1973, 1
e 16 d.P.R. 636/1973, in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ., avendo la C.T.R.
erroneamente non considerato che la cartella di pagamento non è un atto
d’imposizione, consistendo essa solo nell’intimazione ad adempiere l’obbligazione
tributaria risultante dal titolo esecutivo, cioè l’avviso di accertamento divenuto
definitivo.
Il motivo è infondato. Va condiviso l’orientamento, pacifico nella giurisprudenza di
legittimità (Cass. s.u. 16412/2007), per cui, nella disciplina della riscossione delle
imposte vigente in epoca anteriore alla riforma introdotta dal d.lgs. 26 febbraio 1999,
n. 46, la cartella di pagamento svolge la funzione di portare a conoscenza
dell’interessato la pretesa tributaria iscritta nei ruoli, entro un termine stabilito a pena
di decadenza della pretesa tributaria, ed ha un contenuto necessariamente più ampio
dell’avviso di mora, la cui notifica è prevista soltanto per il caso in cui il contribuente,
reso edotto dell’imposta dovuta, non ne abbia eseguito spontaneamente il pagamento
nei teiniini indicati dalla legge. La mancata notificazione della cartella di pagamento
comporta pertanto un vizio della sequenza procedimentale dettata dalla legge, la cui
rilevanza non è esclusa dalla possibilità, riconosciuta al contribuente dall’art. 19,
comma terzo, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di esercitare il proprio diritto di
difesa a seguito della notificazione dell’avviso di mora, e che consente dunque al
contribuente di impugnare quest’ultimo atto, deducendone la nullità per omessa
notifica dell’atto presupposto o contestando, in via alternativa, la stessa pretesa
tributaria azionata nei suoi confronti. E tuttavia, si è anche statuito che “imporre al
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m.ferro

estore cons.

IL PROCESSO

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contribuente l’impugnaione cumulativa dell’atto successivo e dell’atto presupposto del quale sia stata
omessa la notrjìcnione, significherebbe privilegiare immotivatamente l’amministraione finanziaria,
recuperandone in via processuale impositiva esercitata in viola ione della ,specifica scansione
procedimentale dettata dalle regole di diritto sostanziale” (Cass. s.u. 5791/2008; Cass.
16444/2009, 14861/2012).
Poiché nella fattispecie è pacifico che il contribuente ha fatto valere il vizio della
procedura consistito nell’omessa notifica dell’atto presupposto, e tale vizio risulta
effettivamente sussistente in esito all’istruttoria processuale di cui ha dato atto il
giudice del merito, per questo solo vizio l’atto consequenziale impugnato dovrà essere
annullato, come correttamente statuito anche dalla C.T.R.
Il ricorso va dunque rigettato.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 dicembre 2013.

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