Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3485 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3485 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FERRO MASSIMO

q/A1,
19-

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-ricorrente Contro

ACHILLE SALVATORI
-intimatoper la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Roma 15.7.2006;
Pagina I di 3 – RGN 10158/2007

estensckeòns. m. ferro

Data pubblicazione: 14/02/2014

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 18 dicembre
2013 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Ennio Sepe, che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.

Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Roma 15.7.2006 che, in conferma della sentenza C.T.P. di Roma n.
358/19/2004, ebbe a rigettare l’appello dell’Ufficio, così ribadendo la illegittimità
della cartella di pagamento concernente IRPEF e SSN emessa per l’anno 1993 a
carico del contribuente Achille Salvatori e da questi già con successo impugnata
avanti alla C.T.P. censurandone il difetto di motivazione.
Anche la C.T.R., invero, ritenne che il mancato riconoscimento di alcuni oneri,
rispetto al confronto tra l’omesso versamento e la dichiarazione dei redditi, dovesse
risultare con evidenza indicato alla stregua di errore materiale o di calcolo commesso, in
ossequio al principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione ed ai
doveri di cui alle leggi nn. 241 del 1990 e 212 del 2000. Tanto più era essenziale la
redazione di una cartella conforme al modello generale, aggiunse la C.T.R., avendo
riguardo alla mancata anticipazione dell’atto impositivo, per il contribuente, di altri
atti motivati, per quanto sostenuto e non smentito nel procedimento.
Il ricorso è affidato ad un motivo.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione di legge con riguardo agli artt.
12 e 25 d.P.R. n. 602/1973, in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ., avendo la
C.T.R. erroneamente non considerato che l’obbligo di motivazione degli atti tributari
si atteggia in modo diverso, e cioè con più attenuato rigore, con riguardo all’atto
impositivo con funzione di prelievo fiscale esercitata in modo semplice, come accade
per la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo formale della dichiarazione
dei redditi.
Il motivo è fondato. Va condiviso l’orientamento, pacifico nella giurisprudenza di
legittimità (Cass. 26671/2009), per cui il generale dovere di motivazione dei
provvedimenti amministrativi si deve declinare in relazione ad una nozione di
sufficienza, ogni qual volta dal rispettivo tenore letterale e dal raccordo con atti
pregressi che ne siano l’antecedente logico, sia soddisfatto pienamente, come nella
specie, lo scopo, cioè l’informazione sulle ragioni della pretesa tributaria. In tema di
riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento, nell’ipotesi di
liquidazione dell’imposta ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, costituisce
l’atto con il quale il contribuente viene a conoscenza per la prima volta della pretesa
fiscale e come tale anch’essa deve essere motivata; tuttavia, nel caso di mera
liquidazione dell’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente me esimo nella
Pagina 2 di 3 – RGN 10158/2007
m.ferro

esten

IL PROCESSO

ESENTE DA ?r,r=’.”TIZAZIONE
Al SENSI P”,
N . 13

•-

‘1934
5

2. D’altronde, vige sul punto il concorrente principio per cui la cartella con cui
l’Amministrazione chieda il pagamento delle imposte, dichiarate dal contribuente e
non versate, non necessita di specifica motivazione, non risultando a tale fine
applicabile né l’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (il quale prevede siano messi a
disposizione del contribuente gli atti di cui egli già non disponga), né l’art. 25 del
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (che prescrive il contenuto minimo della cartella), in
quanto la pretesa tributaria scaturisce dalla pura e semplice obbligazione di pagamento
delle imposte, determinate nella dichiarazione del contribuente. Spetta, eventualmente,
a quest’ultimo, in relazione ai principi generali in tema di onere della prova, allegare e
provare di avere effettuato in tutto o in parte i versamenti richiesti, in adempimento
dell’obbligo in questione (Cass. 27140/2011).
Conclusivamente, in accoglimento del ricorso e per effetto della cassazione della
sentenza con decisione nel merito (difettando la necessità di attività istruttoria), va
affermata la legittimità della cartella di pagamento, quale effetto della non fondatezza,
sul punto, dell’impugnazione originaria del contribuente. La condanna alle spese
segue la soccombenza, come da liquidazione riportata in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, per l’effetto cassa la decisione impugnata e,
decidendo nel merito, dichiara la non fondatezza dell’impugnazione originaria del
contribuente; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate
in Euro 500 per il primo grado, 500 per il secondo grado e 750 per il giudizio di
legittimità, oltre alle eventuali spese prenotate a debito per ciascuna fase.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 dicembre 2013.

propria dichiarazione (nella vicenda, contestata per disconoscimento di alcuni oneri ivi
esposti), il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di
fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di
motivazione può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante mero richiamo alla
dichiarazione medesima.

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