Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3485 del 09/02/2017
Cassazione civile, sez. VI, 09/02/2017, (ud. 11/11/2016, dep.09/02/2017), n. 3485
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24245/2015 proposto da:
R.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA
38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, rappresentato e
difeso dall’avvocato FRANCESCA MAVILLA, giusta procura speciale in
calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
PREFETTURA di CREMONA – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO;
– intimata –
avverso l’ordinanza n. 64/2015 del GIUDICE DI PACE di CREMONA,
depositata il 06/08/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio
dell’11/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA SCALDAFERRI.
Fatto
IN FATTO E IN DIRITTO
1. E’ stata depositata in Cancelleria, e regolarmente comunicata, la seguente relazione: “Il consigliere relatore, letti gli atti depositati, rilevato che, con ordinanza depositata in data 6 agosto 2015, il Giudice di Pace di Cremona ha dichiarato inammissibile l’opposizione proposta dal cittadino albanese R.S. avverso il decreto di espulsione dal territorio nazionale n. 20097A4/MM emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Cremona in data 10 maggio 2013, convalidato dal Giudice di Pace di Cremona in pari data;
che l’intimata Prefettura di Cremona non ha svolto difese;
ritiene che il primo motivo di ricorso, che lamenta la mancata traduzione del decreto di espulsione in una lingua conosciuta, non sembra meritevole di accoglimento in quanto il provvedimento impugnato dà espressamente atto che l’odierno ricorrente ha dichiarato innanzi al Giudice di Pace di comprendere la lingua italiana, con la conseguenza che tale attestazione del pubblico ufficiale fa fede fino a querela di falso (Sez. 6-1, Ordinanza n. 13114 del 15/06/2011) in mancanza della quale si presume conosciuto il contenuto del decreto sì da rendere superflua la traduzione (Sez. 6-1, Ordinanza n. 24170 del 29/11/2010);
che il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, che lamentano rispettivamente la mancanza di motivazione, e comunque la sua insufficienza, in relazione ai presupposti per l’emanazione del decreto di espulsione e il mancato esame delle circostanze attestanti lo stato di necessità del ricorrente appaiono inammissibili in quanto non colgono la ratio decidendi del provvedimento impugnato, che è fondata sulla rilevata tardività del ricorso in opposizione, non essendo state giudicate conferenti le giustificazioni addotte per il ritardo (decreto di espulsione del 10.5.2013, opposizione del 30.4.2015); che, a fronte di siffatta motivazione, inconferenti appaiono le censure di merito sulla legittimità del decreto impugnato, in quanto inidonee a superare il rilevato vizio procedurale;
che pertanto il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio a norma dell’art. 380-bis c.p.c., per ivi, qualora il collegio condivida i rilievi che precedono, essere rigettato”.
2. In esito alla odierna adunanza camerale, il Collegio, letti gli atti e la memoria difensiva di parte ricorrente, condivide le considerazioni esposte nella relazione, osservando, con particolare riferimento al fondamentale primo motivo di ricorso, che la denunciata violazione di norme di diritto per la mancata traduzione del provvedimento di espulsione nella lingua albanese trova insuperabile ostacolo nell’accertamento, compiuto dal giudice di merito, circa la capacità di comprensione della lingua italiana da parte dell’odierno ricorrente, accertamento di fatto non sindacabile in questa sede se non sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, profilo non dedotto in ricorso, il cui rigetto si impone dunque.
Non vi è luogo per provvedere sulle spese, non avendo l’intimata svolto difese.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Dà inoltre atto che dagli atti il processo risulta esente da contributo, e che quindi non si applica nella specie il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2017