Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3484 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 12/02/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 12/02/2020), n.3484

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3121/2016 proposto da:

S.A., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati SILVIO CHIODO, BENEDETTO PELLERITO, GIUSEPPE

PELLERITO;

– ricorrente –

contro

FCA ITALY S.p.A., (nuova denominazione della FIAT GROUP AUTOMOBILES

S.p.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo

studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati DIEGO DIRUTIGLIANO, LUCA ROPOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 389/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 30/06/2015 R.G.N. 971/2014;

il P.M., ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con sentenza n. 389 depositata il 30.6.2015 la Corte d’appello di Torino, confermando la sentenza del Tribunale della medesima sede, ha ritenuto legittima la sospensione in cassa integrazione guadagni straordinaria comunicata da FCA Italy s.p.a. alle organizzazioni sindacali con lettera del 19.4.2011 in quanto effettuata nel rispetto della indicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da porre in sospensione nonchè in presenza dei requisiti di repentinità ed imprevedibilità dell’evento determinante la crisi aziendale previsti dal D.M. n. 31826 del 2002, pur dovendo in concreto rilevarsi la violazione dei criteri di scelta con riguardo specifico al dipendente S.A., manutentore elettrico, sospeso per un periodo più ampio rispetto agli altri colleghi in possesso della medesima professionalità (con conseguente accertato diritto alle differenze retributive);

2. la Corte territoriale, per quel che interessa, ha rilevato che la situazione di crisi dedotta dalla società rientrava nella categoria di “evento improvviso ed imprevisto” nell’accezione tecnica ricavabile dal D.M. n. 31826 del 2002, nonchè dalle specificazioni dettate dalla nota del Ministero del lavoro n. 14/0005251 del 2009 e dal D.M. n. 46863 del 2009 (in sintesi categoria configurata da tutte le situazioni, emerse in ambito nazionale o internazionale, che comportino una ricaduta sui volumi produttivi dell’impresa o sui volumi di attività e di conseguenza sull’occupazione) e che la comunicazione iniziale faceva implicito riferimento, prevedendo la sospensione dell’attività dello stabilimento per dodici mesi, alla equa rotazione di tutti i lavoratori, nè la prevista possibilità di mutare, in un momento successivo e in accordo con le organizzazioni sindacali, i suddetti criteri di rotazione poteva ritenersi illegittima in quanto espressamente vincolata al cambiamento del mercato e dei volumi di fornitura richiesti e al personale addetto e collegato alle lavorazioni interessate;

3. avverso la sentenza, il lavoratore propone ricorso per Cassazione, affidato a due motivi e la società resiste con controricorso, illustrato da memoria;

4. il P.G. in data 7 novembre 2019 ha chiesto il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso, il lavoratore deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 1, commi 7 e 8 e della L. n. 164 del 1975, art. 5, avendo errato, la Corte territoriale, nella valutazione delle circostanze di fatto dedotte dall’azienda nella comunicazione dei criteri di scelta da applicare per la sospensione dei lavoratori da porre in cassa integrazione guadagni, emergendo dall’esame dei documenti la mancata indicazione, o comunque l’assoluta genericità, di detti criteri e delle modalità di rotazione dei lavoratori;

2. con il secondo motivo il lavoratore deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto (L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 5 e del D.M. 18 dicembre 2002, n. 31826, art. 1, lett. e), avendo, la Corte territoriale, erroneamente ritenuto sussistenti i presupposti di concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale dovuta ad evento improvviso ed imprevisto nonostante una comprovata crisi strutturale perdurante da anni;

3. il primo motivo di ricorso è inammissibile nella parte in cui si invoca una diversa lettura delle risultanze procedimentali così come accertate e ricostruite dalla Corte territoriale (valutazione che involge apprezzamenti di fatto riservati in via esclusiva al giudice di merito) e, per la parte residua, non è fondato avendo, la Corte territoriale, applicato i principi statuiti da questa Corte in base ai quali la verifica dell’adeguatezza della comunicazione della L. n. 223 del 1991, ex art. 1, comma 7 – sotto il profilo della specificità dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e delle modalità della rotazione – deve essere condotta con valutazione in astratto ed “ex ante” (Cass. n. 25737 del 2018) e deve essere tale da rendere possibile una valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere (ex plurimis, Cass. n. 6841 del 2010, Cass. n. 7459 del 2012);

4. nel caso di specie, la Corte territoriale ha verificato che la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale (e il successivo accordo sindacale) era sufficientemente specifica in quanto riguardava, da una parte, tutti gli 813 dipendenti dello stabilimento e, dall’altra, prevedeva, inoltre, che, durante l’anno di sospensione, qualora vi fosse stata la possibilità per l’azienda di richiamare in servizio i lavoratori sospesi – secondo esigenze a quel momento future ed incerti – ciò sarebbe avvenuto con riferimento al “personale occorrente addetto e collegato alle lavorazioni interessate” secondo, dunque, un criterio di equa rotazione e di “equilibrata distribuzione” delle giornate lavorate tra tutti i dipendenti (e, in tali limiti, è stata infatti accolta la pretesa risarcitoria avanzata dal lavoratore);

5. il secondo motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, in quanto l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, (cfr., ex plurimis, Cass., n. 17823/2011; Cass. n. 359/2005):

6. nel caso di specie, il ricorrente – anche sollecitando una valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità – si limita a richiamare le fonti normative, di rango primario e secondario, che regolano la fattispecie nonchè a rilevare la sussistenza di un andamento aziendale a carattere negativo ormai consolidato nel tempo, senza effettuare una disamina critica dell’approfondita ricostruzione interpretativa delle fonti operata dalla Corte territoriale che ha correttamente sottolineato come nell’accezione tecnica ricavabile dal D.M. n. 31826 del 2002, nonchè dalle specificazioni dettate dalla nota del Ministero del lavoro n. 14/0005251 del 2009 e dal D.M. n. 46863 del 2009, la crisi aziendale determinata da un “evento improvviso ed imprevisto” è configurata da tutte le situazioni, emerse in ambito nazionale o internazionale, che comportino una ricaduta sui volumi produttivi dell’impresa o sui volumi di attività e di conseguenza sull’occupazione quali, a titolo meramente esemplificativo, riduzione di commesse, perdita di quote del mercato nazionale o riduzione del medesimo, contrazione delle esportazioni, difficoltà di accesso al credito (“situazione dedotta dalla società nella comunicazione di apertura della procedura di cassa integrazione… ampiamente provata… e richiamata, senza contestazione alcuna, nel verbale in sede sindacale del 9.5.2011 nonchè nel verbale di esame congiunto del 12.5.2011”, pag., 17 e 18 della sentenza impugnata);

7. in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.;

8. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013), ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020

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