Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3483 del 14/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 5 Num. 3483 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 12125-2009 proposto da:
GARRONE MATTEO nq di erede del Dott. GARRONE NICOLA,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA CROCE 44,
presso lo studio dell’avvocato GRANDINETTI ERNESTO,
che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE DI BARI l in persona
del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati
in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende

Data pubblicazione: 14/02/2014

lope legis;
– resistenti con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 93/2007 della COMM.TRIB.REG.
di BARI, depositata il 02/04/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/12/2013 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato GRANDINETTI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

§

12125-09

Svolgimento del processo
Matteo Garrone ha proposto ricorso per cassazione, nella
qualità di erede di Nicola Garrone, avverso la sentenza
della commissione tributaria regionale della Puglia
depositata in data 2 aprile 2008, non notificata.

Questa sentenza, riformando la decisione di primo grado,
aveva respinto un ricorso contro un avviso di
liquidazione dell’Invim rinveniente da un atto registrato
in Bari in data 11 novembre 1987 e da una decisione,
passata in giudicato, riguardante il correlato anteriore
avviso di accertamento di maggior valore.
Il ricorrente ha articolato due motivi e ha depositato
anche una memoria.
L’amministrazione non ha svolto difese.
Motivi della decisione
I. – Il caso di specie, per quel che si evince
dall’impugnata sentenza, è il seguente.
Contro l’avviso di accertamento, relativo al valore di un
bene di cui all’atto registrato in Bari 1’11 novembre
1987, era stato interposto ricorso (alla commissione
tributaria provinciale di Bari) da Vincenza De Grecis,
madre del Garrone.
Il giudizio, nonostante il decesso della ricorrente, non
dichiarato, si era concluso nel 2000 con sentenza di
rigetto dell’opposizione.
Tale sentenza era passata in giudicato.

1

Ne era conseguito l’avviso di liquidazione della maggiore
Invim di cui all’odierno giudizio; avviso che era stato
notificato a Nicola Garrone in qualità di erede.
Ciò stante, la commissione tributaria regionale ha
motivato la decisione affermando che il predetto non aveva
contestato la riferita qualità, per cui non potevasi

il

Conseguentemente

provvedimento

prescindere dal giudicato sul rapporto.
semplicemente

liquidatorio della maggiore imposta doveva essere
confermato, non essendo emersi profili di illegittimità a
esso riferiti. Invero il provvedimento aveva dato “piena
contezza della pretesa tributaria avanzata dall’ufficio
appellante (..) sulla scorta della sentenza del 2000 (..)
divenuta pubblica”.
Il ricorrente impugna la decisione d’appello
deducendo:
(i) col primo mezzo, la violazione dell’art. 345 c.p.c. e
dell’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, oltre che
l’omessa motivazione della sentenza sul corrispondente
profilo, atteso che l’amministrazione aveva eccepito,
dinanzi

al

giudice

di

primo

grado,

soltanto

l’inammissibilità dell’opposizione per tardività; cosicché
tutte le ulteriori doglianze, infine accolte dal giudice
d’appello, erano da ritenere precluse dal divieto dei

nova;
(ii) col secondo mezzo, la violazione e la falsa
applicazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 7 del d.lgs.
n. 546 del 1992 e dell’art. 58 del medesimo d.lgs., atteso

2

che la commissione tributaria regionale aveva disposto
l’acquisizione, presso la segreteria della commissione
provinciale di Bari, della richiamata sentenza n. 540-2200, resa sul ricorso a suo tempo presentato dalla dante
causa Vincenza De Grecis (nonché del ricorso da costei
presentato in quella sede e del verbale della relativa

udienza di trattazione); e in tal modo aveva assolto,
nella sostanza, l’amministrazione dall’onere della prova
su di essa gravante.
Il ricorso, i cui motivi possono essere
congiuntamente esaminati per la stretta loro connessione,
è infondato per le seguenti ragioni.
IV. – L’avere censurato la sentenza di primo grado a mezzo
dei riferimenti alla natura solo liquidatoria del
provvedimento in questione, siccome discendente
dall’anteriore giudicato sull’avviso di accertamento, non
ha determinato la proposizione, da parte
dell’amministrazione, di una domanda nuova secondo il
disposto ex art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992.
Trattavasi dell’unica immutata prospettazione della
pretesa fiscale così come dall’avviso di liquidazione
discendente.
Il che d’altronde l’impugnata sentenza ha affermato a
mezzo di un accertamento di fatto intangibile in questa
sede, secondo il quale l’avviso aveva dato “piena contezza
della pretesa avanzata dall’ufficio (..) sulla scorta
della sentenza del 2000”.

3

Non rileva che l’ufficio si sia limitato a eccepire, in
primo grado, la tardività dell’avverso ricorso.
Infatti nell’associata affermazione di inammissibilità del
ricorso è comunque implicita l’istanza di conferma della
pretesa così come discendente dall’avviso di liquidazione
che ne costituiva oggetto.

E ciò impedisce di ravvisare una immutazione degli
elementi di fatto della pretesa fiscale.
V. – Quanto al profilo dell’acquisizione dei documenti,
non è dubitabile che il giudice tributario non sia tenuto
ad acquisire d’ufficio le prove in forza dei poteri
istruttori attribuitigli dal d.lgs. n. 546-92, art. 7,
perché, come il ricorrente evidenzia, tali poteri sono
meramente integrativi (e non esonerativi) dell’onere
probatorio principale e vanno esercitati, al fine di dare
attuazione al principio costituzionale della parità delle
parti nel processo, solo per sopperire l’impossibilità
dell’una di esibire documenti in possesso dell’altra parte
(v. tra le tante Cass. n. 13201-09; n. 26392-10).
Si conferma, in tal senso, che l’art. 7 deve essere
interpretato e applicato alla luce dell’art. 111 cost.,
secondo cui il giudice non può collocarsi a fianco di una
parte (in ipotesi negligente) per sopperire alle carenze
probatorie della stessa.
Sennonché, insistere su codesto aspetto non giova al
ricorrente perché la commissione tributaria regionale ha
esplicitamente evidenziato che l’avviso di liquidazione
conteneva i dovuti riferimenti alla precorsa sentenza; e

4

non risulta mai contestato che la suddetta sentenza,
passata in giudicato, fosse opponibile al Garrone quale
erede.
A

tal fine, la produzione, dietro ordine del giudice,

degli atti mentovati neppure era necessaria, e la
doglianza afferente l’ordine di produzione resta

inconcludente.
Dalla sentenza invero risulta che l’appellato, in replica
alla tesi dell’ufficio, facente leva sul nesso di
consequenzialità tra la precorsa sentenza e l’avviso di
liquidazione, aveva semplicemente opposto “di non aver
avuto a suo tempo conoscenza del precedente contenzioso
introdotto dalla madre”. Riferisce la sentenza – senza che
sia mossa censura sul punto – che Garrone aveva sostenuto,
nelle controdeduzioni in appello, di non aver “mai
contestato la regolarità del processo conclusosi con la
sentenza n. 540-22-00 della commissione tributaria
provinciale” e di non aver conseguentemente messo in
discussione quella decisione, la quale semplicemente non
gli era stata mai prima portata a conoscenza onde
individuarne gli effetti.
Di contro, la linea di difesa del predetto Garrone era
stata incentrata sull’affermazione che “per la
liquidazione dell’imposta” non era stata portata a sua
conoscenza “la base imponibile per il calcolo dell’Invim,
con l’indicazione delle relative aliquote”.
Se ne desume che la materia del contendere atteneva
propriamente al merito della liquidazione, essendo stata

5

réSEN7

,

Al

mossa una contestazione circa l’effettiva debenza del
tributo e degli interessi.
VI. – Ebbene, a tal riguardo l’impugnata sentenza ha
stabilito la regolarità dell’atto liquidatorio in ordine:
(a) al “calcolo adoperato per pervenire alla

applicate”; (c) “agli interessi” e (d) alle “penali
dovute”.
Questo accertamento di fatto non è censurato (né
direttamente, né indirettamente).
Per cui ogni questione sulla portata dell’art. 7 del
d.lgs. n. 546 del 1992 resta infine priva di rilevanza.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta

determinazione del quantum”; (b) alle “aliquote

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA