Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3482 del 11/02/2011

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2011, (ud. 20/12/2010, dep. 11/02/2011), n.3482

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 1213-2010 proposto da:

MICRO STAMPI SNC DI SQUADRONI VITTORIO & C. (OMISSIS) (di seguito

Micro Stampi Snc) in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FANTINO TAGLIETTI 33, presso

lo studio dell’avvocato RAIMONDI LORENA, rappresentata e difesa

dall’avvocato BALLESI GIORGIO, giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DELLA SOCIETA’ SUOLIFICIO ROMER SPA IN LIQUIDAZIONE

(OMISSIS) in persona del Curatore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DELLA GIULIANA 83/A, presso lo studio dell’avvocato

ZIPPARRO WLADIMIRA, rappresentata e difesa dall’avvocato ALOCCO

ORESTE, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto R.G. 1771/09 del TRIBUNALE di FERMO del 20.11.09,

depositato il 25/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IMMACOLATA

ZENO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La società Micro Stampi di Squadroni Vittorio & C. s.n.c., in persona del suo amministratore in carica, con atto d’opposizione proposto innanzi al Tribunale di Fermo, ha chiesto attribuirsi al suo credito, ammesso in chirografo allo stato passivo del fallimento Suolificio Romer, il privilegio previsto dall’art. 2751 bis c.c. lamentando che il Giudice delegato non aveva tenuto della sua natura d’impresa artigiana.

Il Tribunale ha respinto l’opposizione avendo accertato che il titolo fondante la ragione di credito era rappresentato da contratto d’appalto, avente ad oggetto vera e propria realizzazione di stampi per suole partendo dal blocco d’alluminio sino all’ultimazione del prodotto, che per giurisprudenza consolidata (Cass. nn. 17396/2005, 5460/1998 e 430/1995) non consente di ritenere prevalente l’apporto lavorativo che giustifica il grado di poziorità attribuito dalla disposizione normativa invocata.

La società Micro Stampi di Squadroni Vittorio & C. s.n.c. ha impugnato per cassazione la statuizione con due motivi.

Ha resistito il curatore del fallimento intimato chiedendo il rigetto del ricorso.

Il Consigliere relatore ha depositato proposta di definizione rilevando:

“1.-Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 112, 342 e 345 c.p.c. per aver il Tribunale di Fermo violato il principio devolutivo, avendo fondato la decisione su ragione rilevata d’ufficio estranea al dibattito in quanto diversa da quella ravvisata dal giudice delegato a sostegno dell’esclusione del privilegio, sulla quale non le è stata consentita replica difensiva.

L’opposizione investiva la motivazione del giudice delegato, ed aveva perciò ad oggetto l’accertamento della natura artigiana dell’impresa e non certo la qualificazione del rapporto sottostante il credito ammesso. Laddove la questione trattata si ritenesse rilevabile d’ufficio, il Tribunale sarebbe incorso nella violazione del disposto della L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 3 per non aver provocato sulla stessa il contraddittorio tra le parti.

Il resistente deduce l’infondatezza del motivo.

Il motivo non merita accoglimento.

Nel giudizio d’impugnazione, qual è quello d’opposizione allo stato passivo, non viola il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, nè tanto meno quello devolutivo, il giudice che rende la sua pronuncia ricostruendo i fatti autonomamente, anche se in senso difforme rispetto alla descrizione delle parti, e li qualifica giuridicamente in senso diverso individuando la norma che governa il caso. Purchè la sua pronuncia rimanga nell’ambito del “petitum” e della “causa petendi”, rientra nel suo potere risolvere le questioni controverse basando la sua decisione su ragioni diverse da quelle adottate dal giudice di primo grado o formulate dalle parti, mettendo in rilievo nella motivazione elementi di fatto risultanti dagli atti ma non considerati o non espressamente menzionati dal primo giudice. Ciò che rileva è che i fatti valutati non siano diversi da quelli dedotti dalle parti – per tutte Cass. n. 20652/2009.

Il Tribunale di Fermo ha correttamente esercitato tale potere di qualificazione della situazione giuridica sottostante il credito dedotto tenendo conto del suo contenuto sostanziale, che ha desunto dalla stessa descrizione del rapporto contrattuale intervenuto con la società fallita esposta nella domanda di ammissione allo stato passivo. Nè pertanto è incorsa nel denunciato “error in procedendo”, nè tanto meno ha risolto il nodo controverso sulla base di questione nuova rilevata d’ufficio, sulla quale, a tenore del disposto normativo richiamato, avrebbe in tesi dovuto provocare il contraddittorio.

La denuncia esaminata non smentisce l’orientamento giurisprudenziale al quale la decisione impugnata si è uniformata, nè ne confuta il fondamento. Piuttosto non coglie il senso della ratio sottostante la decisione ed è perciò inammissibile.

Col secondo motivo la ricorrente denunciando violazione dell’art. 2751 bis c.c. e della L. n. 443 del 1985 nonchè dell’art. 345 c.p.c., ascrive al Tribunale erronea qualificazione del contratto intervenuto con la fallita per aver individuato il criterio distintivo tra appalto d’opera e contratto d’opera dedotto in domanda nella qualità dell’opera commissionata piuttosto che nella qualità del soggetto obbligato, pervenendo all’erronea conclusione che l’opera non era il prodotto dell’attività personale dei soci ma il risultato dell’impresa da essi guidata, disattendendo le altre risultanze, fra cui l’incontestata sussistenza dei requisiti propri dell’impresa artigiana. Lamenta il mancato accesso all’indagine istruttoria, riproducendo i capitoli della prova orale sollecitata unitamente alla c.t.u., onde verificare natura, tipo e modalità di svolgimento della sua attività lavorativa. Rileva infine la non pertinenza del precedente di questa Corte n. 17396/2005 richiamato nel decreto.

Il resistente replica per l’infondatezza del motivo osservando la corretta qualificazione del rapporto sottostante il credito, anche in considerazione del superamento dei parametri dimensionali previsti dall’art. 1, comma 2, L. Fall. che consentono la qualificazione di piccolo imprenditore.

La decisione impugnata fa buon governo dell’orientamento richiamato ed ormai consolidato – per tutte Cass. n. 17396/2005 – con riferimento a fattispecie in tutto analoghe a quella in esame, che individua la ratio del privilegio generale sui mobili del fallito attribuito ex art. 2751 bis c.c., n. 5 al credito dell’imprenditore artigiano non certo nella mera qualità soggettiva del creditore, bensì nella natura della prestazione da cui discende il credito che risulti eseguita, secondo connotazione tipica dell’attività artigiana, con prevalenza dell’apporto lavorativo personale dell’imprenditore ovvero, in caso di società, dei soci. Il corollario comporta la sicura esclusione della prelazione nell’appalto d’opera siccome al suo espletamento concorrono svolgimento di attività lavorativa ma anche fornitura di materia prima e spese generali connesse all’attività di impresa che non consentono d’individuare l’incidenza delle singole componenti, tanto meno la prevalenza dell’apporto personale.

I motivo non confuta il fondamento in jure di questo orientamento nè ne sollecita rivisitazione con adeguati argomenti di critica. Muove piuttosto censura alla ricostruzione del rapporto causale intervenuto tra le parti operata dal Tribunale, che ne ha dato conto con motivazione puntuale ed adeguata, preclusiva del sollecitato scrutinio che, inerendo a riesame del merito, non è ammesso”.

Il collegio, letti gli atti, condividendo la riferita proposta, rigetta il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese della presente fase di legittimità liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3.400,00 oltre Euro 100,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011

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