Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3481 del 23/02/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3481 Anno 2016
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

SENTENZA

sul ricorso 24708-2014 proposto da:
CAPROTTI GIUSEPPE, CAPROTTI VIOLETTA, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA XXIV MAGGIO 43, presso
l’avvocato ANDREA BERNAVA, che li rappresenta e
difende unitamente agli avvocati MARGHERITA BARIE’,
VINCENZO ROPPO, MICHELE CARPINELLI, MATTEO RESCIGNO,
2016

giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –

50
contro

CAPROTTI BERNARDO, elettivamente domiciliato in ROMA,
s’

VIA NICOLO’ PORPORA 16, presso l’avvocato MARCELLO

Data pubblicazione: 23/02/2016

MOLE’, che lo rappresenta e difende unitamente agli
avvocati SALVATORE TRIFIRO’, GIORGIO DE NOVA, PIETRO
RESCIGNO, MASSIMO DATTRINO, giusta procura a margine
del controricorso;
– controricorrente

UNIONE FIDUCIARIA S.P.A.,

SUPERMARKETS ITALIANI

S.P.A., VILLATA PARTECIPAZIONI S.P.A.;

intimati

avverso la sentenza n. 2518/2014 della CORTE
D’APPELLO di MILANO, depositata il 01/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/01/2016 dal Consigliere Dott. ROSA
MARIA DI VIRGILIO;
uditi, per i ricorrenti, gli Avvocati A. BERNAVA, V.
ROPPO e M. RESCIGNO che hanno chiesto l’accoglimento
del ricorso;
uditi, per il controricorrente, gli Avvocati M.
DATTRINO, S. TRIFIRO’, G. DE NOVA, M. MOLE’ e P.

contro

RESCIGNO che hanno chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

Svolgimento del processo
Nelle distinte scritture private del 29/4/1996, intercorse
tra Bernardo Caprotti, titolare del capitale sociale della
holding Bellefin s.p.a.(successivamente, denominata

Supermarkets Italiani s.p.a., ed in seguito oggetto di
scissione parziale, con la costituzione della s.p.a.
Villata Partecipazioni) ed i suoi tre figli, Violetta,
Giuseppe e Marina, questi( e per quanto interessa,
specificamente Violetta e Giuseppe), in vista di una
complessa operazione finanziaria finalizzata
all’acquisizione di partecipazioni in altre società ed alla
loro fusione per incorporazione, assumevano “l’impegno a
prestarsi, in via fiduciaria e su semplice richiesta di
Bernardo Caprotti, all’intestazione indiretta di parte
delle azioni della Bellefin nonché al compimento,
in via fiduciaria a proprio nome, ma, in verità a nome e
per conto di Bernardo Caprotti di tutti quegli atti
(mandati alle Società Unione Fiduciaria s.p.a. e Fiduciaria
Banknord s.p.a. che si intesteranno i titoli azionari ed i
finanziamenti alla Società, sottoscrizione di aumenti di
capitale, finanziamenti alla Bellefin s.p.a. etc.)
necessari al perseguimento del programma…”, utilizzando i
mezzi finanziari che sarebbero stati messi a disposizione
dal padre per il tramite di donazioni, riconosciute
simulate in via assoluta; veniva pattuita la spettanza ai

3
2

figli di tutti i dividendi maturati e distribuiti dalla
3

Bellefin in relazione alle azioni in piena proprietà,
mentre al padre sarebbero spettati i dividendi delle azioni
in nuda proprietà; al punto 5, veniva stabilito che
Bernardo Caprotti in qualsivoglia tempo, anche senza alcun

preavviso ai figli, avrebbe potuto far procedere o
procedere alla intestazione a sé o alla cessione a terzi
delle azioni e dei. finanziamenti della Bellefin
fiduciariamente intestati alla società fiduciaria su
mandato di Giuseppe e Violetta utilizzando, se del caso,
anche la procura generale che questi andavano a rilasciare
nella stessa data.
In dette

scritture private era

inserita clausola

compromissoria per arbitrato rituale di equità.
Gli impegni assunti da Violetta e Giuseppe Caprotti
venivano ribaditi nelle dichiarazioni sottoscritte di
questi indirizzate al padre, allegate alle scritture, ed i
figli rilasciavano altresì al padre, sempre in data 29
aprile 1996, procura generale a compiere tutti gli atti di
ordinaria e straordinaria amministrazione senza obbligo di
rendiconto, come previsto dal punto 5 delle scritture
private sopra indicate.
In esecuzione di dette scritture, Violetta e Giuseppe
Caprotti stipulavano il 16 maggio 1996, quali formali
fiducianti, due distinti mandati fiduciari con l’Unione
Fiduciaria s.p.a., aventi ad oggetto le azioni Bellefin
sottoscritte in sede di aumento di capitale, e contenenti
4

clausola compromissoria per arbitrale irrituale di diritto;
a ciascuno di detti negozi veniva allegata la procura
irrevocabile dei figli al padre ad impartire in via
esclusiva ad Unione Fiduciaria le istruzioni, per le
materie specificate, concernenti i beni oggetto dei

e

mandati.
Dal 16 maggio 1996, Bernardo Caprotti gestiva in via
esclusiva, sulla base di dette procure, i rapporti con
l’Unione Fiduciaria, impartendo le relative istruzioni.
Con atto dell’8/2/2011, Bernardo Caprotti, dichiarando di
agire in proprio ed in nome e per conto dei figli e di
avvalersi altresì delle procure generali del 29 aprile
1996, dava istruzioni alla Fiduciaria di estinguere e
rimuovere i mandati fiduciari formalmente in essere con i
figli aventi ad oggetto le n. 84.427.042 azioni
Supermarkets Italiani s.p.a. portate dal certificato
azionario n.62, e di attivare contestualmente un
corrispondente mandato fiduciario, sempre avente ad oggetto
le dette azioni, “a beneficio del loro unico ed esclusivo
pieno proprietario e fiduciante ultimo Signor Bernardo
Caprotti”.
Il 16/5/2011, Bernardo Caprotti dava istruzioni alla Unione
Fiduciaria di richiedere a Supermarkets Italiani s.p.a.
l’annullamento del detto certificato azionario e
l’emissione di due nuovi certificati per il numero di
azioni indicato; Supermarkets provvedeva ad annullare il
5

certificato azionario n.62 e ad emettere due nuovi
certificati, per n.19.885.038 e 64.542.004 azioni; il
17/5/2011, Bernardo Caprotti dava istruzioni alla Unione
Fiduciaria di intestare a sé n. 64.542.004 azioni, la

Fiduciaria girava a nome del Caprotti il certificato
azionario n.70 e richiedeva alla Supermarkets l’iscrizione
nel libro soci dell’ intervenuta girata.
A

seguito dell’esito negativo delle trattative tra le

parti, Bernardo Caprotti promuoveva due diversi giudizi
arbitrali nei confronti dei figli, nominando il proprio
Arbitro e formulando tre domande; Giuseppe e Violetta
Caprotti procedevano alla nomina del proprio Arbitro; gli
Arbitri nominati procedevano ad individuare il terzo
Arbitro, con funzioni di Presidente del collegio.
Nei procedimenti intervenivano Unione Fiduciaria e
Supermarkets Italiani e Villata; i due procedimenti
venivano riuniti.
Con

lodo

deliberato

a

maggioranza

il

26/7/2012,

dissenziente l’arbitro nominato da Giuseppe e Violetta
Caprotti, prof. Irti, gli Arbitri, ritenuta la propria
competenza, dichiarati inammissibili gli interventi di
Unione Fiduciaria, Supermarkets Italiani e Villata
Partecipazioni s.p.a., hanno accertato: 1) la piena ed
esclusiva proprietà in capo a Bernardo Caprotti delle
azioni di Supermarkets oggetto del mandato fiduciario
intestato rispettivamente a Giuseppe ed a Violetta
6

e

Caprotti, nonché sulle azioni di Villata Partecipazioni
. s.p.a. rappresentative della corrispondente quota
proporzionale di partecipazione al capitale sociale della
Supermarkets prima della scissione e, comunque, su ogni

altra azione di Villata Partecipazioni derivante in seguito
alla scissione dalle anzidette azioni di Supermarkets; 2)
la validità, efficacia e legittimità delle istruzioni già
impartite da Bernardo Caprotti alla Unione

Fiduciaria 1’8

febbraio 2011, così come delle istruzioni del 16 e 17
maggio 2011, volte ad ottenere la girata a proprio favore
delle dette azioni.
Hanno respinto le domande di Giuseppe e Violetta Caprotti,

._.

ponendo a carico di ciascuna di dette parti per 1/3 le

2

spese del procedimento arbitrale ed 1/3 delle spese
dell’attore; hanno compensato integralmente le spese nei
confronti degli intervenienti.
Il lodo veniva impugnato in via principale da Violetta e
Giuseppe Caprotti ed in via incidentale da Unione
Fiduciaria s.p.a., nonché da Supermarkets Italiani e
Villata Partecipazioni.
La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 5/31/7/2014, ha respinto le impugnazioni principale ed
incidentali, e condannato gli impugnanti principali alla
rifusione delle spese a favore di Bernardo Caprotti, mentre
ha compensato le spese tra gli impugnanti principali e gli
incidentali.
7

Nello specifico, e per quanto ancora interessa, la Corte
del merito ha respinto il primo motivo dell’impugnazione
principale, col quale Violetta e Giuseppe Caprotti avevano
denunciato la nullità del lodo ex art.829, 1 0 comma, n.4

c.p.c., per avere gli Arbitri pronunciato oltre i limiti
oggettivi della convenzione d’arbitrato, rilevando che a
base delle domande, Bernardo Caprotti aveva posto gli
accordi del 29 aprile 1996 di cui al complesso negoziale
intercorso tra padre e figli, e che quindi gli Arbitri
erano competenti a decidere le domande di accertamento
della proprietà delle azioni in conseguenza delle
istruzioni impartite da Bernardo Caprotti ad Unione
Fiduciaria, trattandosi di domande attinenti alla
“esecuzione” degli accordi del 1996.
La Corte del merito ha respinto il secondo motivo, inteso a
denunciare i vizi ex art.829, l ° comma n.9 (violazione del
principio del contraddittorio nel procedimento arbitrale)e
n.4 c.p.c.(decisione del merito della controversia nel caso
in cui il merito non poteva essere deciso), nonché ex
art.829,3 ° comma, ultima parte(contrarietà del lodo
all’ordine pubblico), per non avere gli Arbitri ritenuto la
novità delle domande proposte con la seconda memoria,
rilevando che non vi era stato alcun mutamento della
domanda originaria, ma soltanto una lecita

emendati°,

mediante l’allegazione di un diverso fatto acquisitivo del
diritto, autodeterminato, di proprietà ( ovvero, l’avvenuto

8

trasferimento della proprietà delle azioni in capo a sé,
quale vicenda traslativa determinata dall’esercizio del
diritto potestativo riconosciutogli dalle scritture del
1996), già allegato inoltre con la prima memoria, e che non

aveva inciso sulla possibilità di difendersi della
controparte, che sin dalla prima memoria aveva argomentato
con riferimento al trasferimento fiduciario ed eccepito la
prescrizione del diritto del padre all’acquisto delle
partecipazioni, ove mai venuto ad esistenza.
Ha respinto il terzo motivo dell’impugnazione principale,
inteso a far valere il vizio ex art.829, 1 0 comma n.4
c.p.c. ( pronuncia fuori dai limiti della convenzione
d’arbitrato e decisione del merito quando questo non poteva
essere deciso) per la mancata partecipazione al giudizio
del litisconsorte necessario Unione Fiduciaria, rilevando
che nessuna domanda era stata avanzata verso la fiduciaria,
che l’accertamento dell’essere da sempre il padre
“fiduciante reale” ed i figlia semplici “fiducianti
apparenti” era stato chiesto dal primo in via incidentale
e che, quanto alla prospettata interposizione reale di
Violetta e Giuseppe Caprotti, il padre

aveva chiesto

l’accertamento della legittimità del suo comportamento nei
confronti dei figli e dei conseguenti effetti, sempre in
relazione agli accordi inter partes del 29 aprile 1996.
Ha ritenuto inammissibile il primo profilo del sesto
motivo, inteso a

denunciare il vizio ex art. 829, 3 °
9

comma,

c.p.c.(contrarietà della pronuncia

all’ordine

pubblico) per avere gli Arbitri configurato una vicenda di
circolazione della proprietà delle azioni in mancanza del
consenso delle parti, nella insussistenza di un atto con

efficacia traslativa, rilevando che in realtà la denuncia
era intesa ad ottenere il riesame dell’interpretazione
degli accordi del 1996 come operata dagli Arbitri, atteso
che il lodo ha accertato che vi è stato il consenso dei
figli, per avere il padre esercitato il diritto potestativo
riconosciutogli dal punto 5) dell’accordo del 1996, e
dichiarato di agire in nome dei figli sulla base delle
procure generali.
Ha concluso per l’inammissibilità anche del secondo profilo
,

del motivo, diretto a far valere la violazione del
principio cardine del nostro sistema della prescrizione,
ritenendo richiesto dagli impugnanti il riesame del merito,
con il sostenere la decorrenza della prescrizione dalla
cessazione della causa fiduclae e non dalla richiesta al
fiduciario del trasferimento del bene.
Ricorrono avverso detta pronuncia Giuseppe e Violetta
Caprotti, con ricorso articolato su quattro motivi.
Si difende con controricorso il solo Bernardo Caprotti.
Unione Fiduciaria,

Supermarkets Italiani e Villata

Partecipazioni non hanno svolto difese.
I ricorrenti ed il controricorrente hanno depositato le
memorie ex art.378 c.p.c.
IO

Motivi della decisione
1.1.- Col primo motivo, i ricorrenti denunciano il vizio di
violazione o falsa applicazione dell’art.829, 3 0 comma,
ultimo inciso, c.p.c., in conseguenza della violazione e
falsa applicazione degli artt.922 e 1376 c.c.

Giuseppe e Violetta Caprotti si dolgono della ritenuta
inammissibilità da parte della Corte ambrosiana della
propria censura, diretta non a contestare l’interpretazione
e qualificazione degli Arbitri del contenuto negoziale
degli atti dell’8 febbraio 2011, ma bensì a far valere la
questione, tutta di diritto, della idoneità di detti atti
al fine di trasferire le azioni dai figli al padre.
Più nello specifico, i ricorrenti deducono che il lodo ha
affermato che con le istruzioni dell’8 febbraio 2011,
Bernardo Caprotti, agendo in proprio e quale procuratore
generale dei figli: a) ha estinto i mandati fiduciari
germanistici che i figli avevano stipulato con Unione
Fiduciaria, da cui il venir meno anche dei mandati
fiduciari romanistici del 29 aprile 1996, “rimasti privi
del loro oggetto”; b) ha esercitato il diritto di
acquistare la proprietà definitiva e manifestato la volontà
di intestare a sé la titolarità delle azioni, con il dare
alla fiduciaria istruzioni a nome dei figli di attivare il
corrispondente mandato fiduciario avente ad oggetto le
medesime azioni, dovendosi ritenere direttamente imputabile
ai figli la volontà di trasferire al padre le azioni, per
11

cui gli effetti traslativi della proprietà si sono
direttamente verificati tra i figli proprietari fiduciari
ed il padre fiduciante.
decisum,

i ricorrenti deducono di avere

posto alla Corte d’appello la
inidoneità

dell’estinzione

del

quaestio juris
mandato

della

Rispetto a tale

fiduciario

germanistico stipulato dai figli con la fiduciaria e della
coeva accensione di altro mandato fiduciario germanistico
dal padre alla Fiduciaria a trasferire la proprietà delle
azioni dai figli, fiduciari, al padre, fiduciante.
E violare o disapplicare la regola giuridica di cui agli
artt. 922 e 1376 c.c., per cui la proprietà può trasferirsi
solo a mezzo di atti a tanto idonei per legge, integra la
violazione di principi di ordine pubblico.
1.2.- Col secondo mezzo, i ricorrenti si dolgono della
violazione o falsa applicazione dell’ art. 829, 3 0 coma,
ultimo inciso c.p.c., in conseguenza della violazione o
falsa applicazione degli artt. 2934, 1 ° comma, 2935, 2936,
2937, 2946, 2962, 2963, 1325 n.2, 1418, 2 ° comma, c.c.
I fratelli Caprotti deducono di avere chiesto agli Arbitri
di accertare che al momento in cui il padre ha compiuto

l’atto finalizzato a recuperare la proprietà delle azioni
intestate ai figli, il diritto potestativo di intestare a
sé le azioni si era estinto per prescrizione; che gli
Arbitri hanno disatteso detta eccezione, ritenendo che nel

rapporto fiduciario senza predeterminazione di tempo spetta
12

al fiduciante valutare discrezionalmente il venir meno
della

causa fiduciae;

che la Corte d’appello ha

erroneamente ritenuto inammissibile l’impugnazione sul
punto, ritenendo richiesto il riesame del merito, mentre
gli impugnanti avevano posto la quaestio iurls e non facti

meno della

della decorrenza del termine prescrizionale con il venir
causa fiduciae come definita convenzionalmente

tra le parti, e quindi della regola sull’inizio del decorso
del termine di prescrizione, che è da ritenersi quale
disciplina di ordine pubblico.
Secondo i ricorrenti, la regola espressa nella pronuncia
del S.C. 14375/2001 si attaglia solo al caso in cui il
diritto del fiduciante alla restituzione implica
necessariamente la cooperazione del fiduciario, mentre è
inapplicabile al negozio fiduciario caratterizzato dalla
natura potestativa del diritto del fiduciante, in cui i
fiduciari sono in posizione non di obbligo ma di
soggezione, e non si applica nel caso, in cui le parti
hanno chiaramente previsto la funzionalità
dell’attribuzione fiduciaria al riassetto societario del
gruppo, compiutosi il 12 dicembre 1996, con il
perfezionamento del riassetto societario del gruppo
mediante le programmate fusioni, o al più 11 23/6/98, data
in cui fu sottoscritto l’ultimo aumento di capitale, da cui
consegue che il termine prescrizionale decennale era
decorso quando Bernardo Caprotti ha esercitato, con le
13

istruzioni

date ad Unione

Fiduciaria,

il

diritto

potestativo attribuitogli dalle scritture del 1996.
1.3.- Col terzo mezzo,

i ricorrenti denunciano la

violazione delle norme sulla competenza e/o la violazione

e falsa applicazione degli artt.9, 806 e 808 c.p.c.(nelle
formulazioni anteriori al d.lgs. 40/06), 101, 102, 816
quater, 817, 819 ter, 829 c.p.c.
Sostengono che il lodo ha deciso in via principale in
relazione ad un atto( le istruzioni di Bernardo Caprotti),
in esecuzione di mandati diversi dalle scritture private
del 1996, contenenti clausola arbitrale diversa, ed
intervenuto tra soggetti differenti (Bernardo Caprotti e
Unione Fiduciaria) dalle parti della convenzione
d’arbitrato (Bernardo Caprotti ed i suoi figli).
Inoltre, il lodo ha accertato in via principale gli effetti
degli atti compiuti da Bernardo Caprotti quale mandante di
Unione Fiduciaria, in forza del nuovo mandato a questa
conferito personalmente il 10/2/2011, contenente differente
clausola compromissoria per arbitrato irrituale di diritto.
Più nello specifico, secondo i ricorrenti la Corte
d’appello ha erroneamente ritenuto non travalicati i limiti
della competenza arbitrale, mentre tale superamento risulta
palese dal dispositivo del lodo, che accerta la validità,
l’efficacia e la legittimità di atti e negozi diversi da
quelli contenenti la convenzione arbitrale, intercorsi tra
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soggetti diversi, che non possono neanche considerarsi atti
di esecuzione delle scritture del 1996.
Inoltre, secondo la difesa dei fratelli Caprotti, il lodo
ha deciso su di un rapporto plurisoggettivo, di cui erano
litisconsorti necessari anche Unione Fiduciaria,

Supermarkets e Villata, sia nella prospettiva della
simulazione che anche a ritenere validamente spiegata la
domanda di accertamento del trasferimento di proprietà (e
quindi Giuseppe e Violetta interposti reali e non fittizi
del padre); dette società non sono parti della clausola
compromissoria di cui alle scritture private del 1996, e
gli Arbitri, che si sono pronunciati correttamente per
l’inammissibilità degli interventi, avrebbero altresì
dovuto dichiarare la propria incompetenza o
l’improcedibilità dell’arbitrato.
1.4.- Col quarto mezzo, i ricorrenti denunciano i vizi ex
art.360 nn. 3 e 4 c.p.c., per avere la Corte del merito
rigettato la doglianza relativa all’accoglimento da parte
degli Arbitri della domanda tardivamente proposta, con ciò
violando il principio del contraddittorio, e dopo averla
inammissibilmente riformulata d’ufficio.
Inoltre, secondo i ricorrenti, la Corte d’appello non si
sarebbe pronunciata sulla doglianza della parte, intesa a
far valere il vizio ex art.829,1 ° comma, n.4 c.p.c., per
essere incorso il lodo in un vizio di ultra/extrapetizione,
avendo nei fatti sostituito altra e diversa domanda
15

rispetto a quella proposta da Bernardo Caprotti, vizio che
la parte aveva fatto valere anche come violazione
dell’ordine pubblico processuale ex art. 829,3 ° comma,
c.p.c.
2.1.- I ricorrenti, nella premessa ai motivi di ricorso,

hanno dato conto dell’ordine seguito, e quindi della
trattazione dei motivi di carattere sostanziale con
precedenza rispetto a quelli di carattere processuale,
nella consapevole inversione dell’ordine logico-giuridico
della questioni, ritenendo tale ordine idoneo a soddisfare
più pienamente il proprio interesse, che, come osserva la
parte, costituisce la ragione ultima del potere di
impugnazione.
Ed alla stregua di detta consapevole ed argomentata scelta
difensiva, vanno valutati i motivi di ricorso nell’ordine
seguito dalla parte.
Ciò posto, si reputa opportuno dare conto della non
incidenza nel caso della questione rimessa alle S.U. con le
ordinanze 25039, 25040 e 25662 del 2015, relativa
all’ammissibilità dell’impugnazione per la violazione di
regole di diritto secondo il dettato di cui all’art.829, 2 °
coma, c.p.c. nel testo anteriore all’entrata in vigore del
d.lgs.40/2006, nel caso del lodo pronunciato, nel
procedimento arbitrale instaurato dopo la riforma, alla
stregua di una clausola compromissoria stipulata in
precedenza, questione quindi relativa all’interpretazione
16

dell’art.27, 4 ° coma, del d.lgs. 40/2006, correlato alla
specificità della disposizione di cui all’art.829, 2 °
comma, c.p.c. nel testo ante riforma.
Nel caso che qui interessa, invece, si tratta di un

arbitrato rituale di equità, la cui impugnazione, alla
stregua della disposizione transitoria di cui all’art.27
del d.lgs. cit., è regolata dall’art.829 c.p.c. nel testo
riformato.
Tanto premesso, va esaminato il primo motivo di ricorso.
Il primo profilo di inammissibilità, prospettato dalla
difesa del contro ricorrente, va disatteso.
Secondo detta difesa, nel motivo i ricorrenti avrebbero
dovuto far valere

l’error in procedendo,

atteso che

l’effettiva censura della parte sarebbe attinente
all’omessa pronuncia sul merito del sesto motivi di
impugnazione.
Detta prospettazione è infondata, atteso che i ricorrenti
hanno correttamente denunciato l’erroneità della decisione
della Corte di Appello di inammissibilità della censura, né
si sarebbe potuto far valer il vizio di omessa pronuncia,
essendosi il giudice del merito pronunciato proprio con la
declaratoria di inammissibilità.
Nel resto, vale il riferimento al principio espresso nella
pronuncia delle S.U. 17931/2013, secondo cui “nel giudizio
per cassazione – che ha ad oggetto censure espressamente e
tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., coma l – il
17

ricorso deve essere articolato in specifici motivi
immediatamente ed inequivocabilmente riconducibili ad una
delle cinque ragioni di impugnazione previste dalla citata
disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule
sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle

predette ipotesi”, considerato che nel caso l’espositiva
del motivo è chiarissima nel far valere l’erronea
ricostruzione da parte della Corte ambrosiana del motivo e
quindi l’erroneità della pronuncia di inammissibilità, da
cui l’omessa decisione della questione effettivamente posta
dalla parte.
Gli ulteriori profili di inammissibilità del motivo fatti
valere da Bernardo Caprotti sono sostanzialmente incentrati
sul rilievo che i ricorrenti tenderebbero ad ottenere il
riesame del fatto, ovvero dell’interpretazione degli
accordi del 1996 da parte degli Arbitri, che hanno
accertato che è avvenuto il trasferimento della proprietà
delle azioni in ragione del contenuto degli accordi del
1996, e quindi col consenso dei figli.
La questione, che evidentemente segna il discrimine tra il
profilo preliminare e quello di merito, è dirimente ed è
oggetto di specifica ed approfondita illustrazione da parte
dei ricorrenti, costituendo proprio il fondo del motivo
fatto valere.
I ricorrenti hanno posto la questione non dell’
interpretazione degli atti dell’8 febbraio 2011 (istruzione
18

di Bernardo Caprotti ad Unione Fiduciaria, di estinguere il
mandato fiduciario dei figli alla Fiduciaria, relativo alle
azioni di cui si tratta, avvalendosi della procura
conferita dai figli al padre ad esercitare i diritti
spettanti in virtù di detto mandato; apertura di un nuovo

mandato fiduciario da parte di Bernardo Caprotti a proprio
nome, relativo a dette azioni), ma della idoneità degli
stessi ( a prescindere dal compimento in nome dei figli in
forza della procura rilasciata da questi) a produrre
l’effetto giuridico del trasferimento della proprietà delle
azioni dai figli al padre, sostenendo che l’accensione di
un mandato fiduciario germanistico non può ritenersi idoneo
al trasferimento della proprietà al fiduciante, che deve
essere invece già proprietario in forza di un diverso atto
traslativo.
E, sempre nella prospettazione dei ricorrenti, è di ordine
pubblico il principio sotteso al sistema di circolazione
della proprietà dei beni, secondo cui la proprietà non può
essere trasferita se non nei modi previsti dalla legge, e
quindi in forza di un titolo giuridicamente idoneo a
produrre l’effetto traslativo, titolo che, nel campo degli
acquisti a titolo derivativo tra vivi, sostanzialmente si
identifica col contratto, basato sul consenso delle parti
ex art. 1376 c.c.

19

Quindi, il lodo avrebbe violato il principio di ordine
pubblico dell’inammissibilità del trasferimento della
proprietà in assenza di atto a ciò idoneo.
E che occorra detto trasferimento è pacifico, atteso che,

per quanto tra le ultime espresso nella pronuncia
17785/2015, in senso conforme alle precedenti 146595/2015 e
11314/2010, il negozio fiduciario si realizza mediante il
collegamento di due negozi, parimenti voluti, l’uno di
carattere esterno, efficace verso i terzi, e l’altro,
“inter partes”

ed obbligatorio, diretto a modificare il

risultato finale del primo, da ciò conseguendo che
l’intestazione fiduciaria di quote di partecipazione
societaria integra gli estremi dell’interposizione reale di
persona, per effetto della quale l’interposto acquista
(diversamente dal caso d’interposizione fittizia o
simulata) la titolarità delle quote, pur essendo, in virtù
di un rapporto interno con l’interponente, tenuto ad
osservare un certo comportamento, convenuto in precedenza
con il fiduciante, ed a ritrasferirgliele ad una scadenza
concordata, ovvero al verificarsi di una situazione che
determini il venir meno del rapporto fiduciario.
Pertanto, essendo i figli proprietari delle azioni,
l’esercizio da parte del padre del diritto al trasferimento
non poteva avvenire con un mero fatto appropriativo, ma
richiedeva l’atto a ciò idoneo, posto in essere per volontà
dei fiduciari.
20

Ciò posto, anche ad aderire alla prospettazione dei
ricorrenti, e quindi a ritenere di ordine pubblico le norme
sul trasferimento della proprietà, va rilevato come, nella
stringente argomentazione della propria tesi, i ricorrenti
tendano a segmentare quello che è un complesso negoziale ed

a darne una lettura sostanzialmente frammentata, mentre,
posto che gli Arbitri hanno accertato il consenso dei figli
al trasferimento al padre quale effetto immediato del
diritto potestativo a questi attribuito al punto 5 delle
scritture dell’aprile 1996 (“Bernardo Caprotti potrà, in
qualsivoglia tempo, far procedere o procedere- anche senza
alcun avviso o preavviso_ alla intestazione a sé medesimo o
alla cessione a terzi delle azioni e dei finanziamenti alla
Bellefin s.p.a. che figureranno così fiduciariamente
intestati alle Società fiduciarie_ utilizzando, se del
caso, anche la procura generale che Giuseppe(Violetta)
Caprotti va in data odierna a rilasciare_”), e ribadito
nelle coeve dichiarazioni sottoscritte da Giuseppe e
Violetta Caprotti indirizzate al padre, le istruzioni del
2011 ad Unione Fiduciaria valgono quale applicazione di
quanto convenuto nel 1996, e quindi integrano l’atto idoneo
al trasferimento della proprietà delle azioni.
Con l’esercizio del diritto potestativo, che non poteva che
manifestarsi nei confronti della Fiduciaria, essendo a

7

questa intestate le azioni, Bernardo Caprotti ha pertanto
21

attuato il trasferimento della proprietà delle azioni a suo
favore.
E, come si è sopra accennato, risulta chiaramente alle
pagine 14-15 della memoria ex art.378 c.p.c. dei ricorrenti

l’eccessiva segmentazione degli atti, e quindi dei loro
effetti, secondo la scansione strettamente fattuale,
individuandosi, nell’ordine, come atti tutti inidonei a
trasferire la proprietà a Bernardo Caprotti, l’estinzione
del mandato fiduciario germanistico, l’estinzione del
negozio fiduciario padre-figli, l’accensione del mandato
fiduciario germanistico a nome del padre, mentre il
complesso negoziale ai fini che qui interessano si sviluppa
con l’uso da parte del padre dei poteri rappresentativi dei
figli di cui alla procura generale del 1996 (sul punto, vi
è l’accertamento del lodo), la volontà di trasferire a sé
le azioni, avvalendosi del diritto potestativo
attribuitogli dalle scritture del 1996, quindi col consenso
dei figli, da cui la produzione degli effetti traslativi
direttamente tra i fiduciari ed il fiduciante.
Né in detta ricostruzione svolge un ruolo determinante la
convinzione di Bernardo Caprotti di essere da sempre
proprietario delle azioni per la ritenuta simulazione
dell’intestazione ai figli, esclusa dagli Arbitri con
statuizione intangibile per effetto del giudicato.
2.2.- Il secondo motivo è infondato.

‘n
22

Il controricorrente ha fatto valere, tra gli altri, e sia
pure in subordine, il profilo di inammissibilità del
secondo motivo dei ricorrenti, non essendo configurabile
l’errore della Corte d’appello ex artt.360 n.3 e 829, 3 °

comma, c.p.c., per non costituire la pretesa violazione
delle norme in tema di prescrizione violazione di norme di
ordine pubblico.
Secondo la difesa dei ricorrenti, detta eccezione è
inammissibile, in quanto nuova, mai fatta valere nel
giudizio di impugnazione.
La questione in tali termini non può ritenersi
correttamente posta, atteso che ai fini dell’ammissibilità
dell’impugnazione del lodo reso secondo equità la norma
processuale prevede che sia denunciata la violazione’ di
norma di ordine pubblico, di talchè costituisce base e
presupposto dell’impugnabilità ex art.829 c.p.c. del lodo
di equità che di tale natura partecipi la violazione
denunciata( e la norma novellata codifica il principio
giurisprudenziale seguito nella legislazione previgente, di
ammissibilità dell’impugnazione per

errores in judicando

nel caso di inosservanza di norme fondamentali e cogenti di
ordine pubblico, dettate a tutela di interessi generali e
perciò non derogabili dalla volontà delle parti né
suscettibili di formare oggetto di compromesso: in tal
senso, tra le ultime, le pronunce 16755/2013 e 1183/06).

23

Ne consegue che la valutazione della natura di ordine
pubblico della norma in tesi violata dagli Arbitri (e che,
come tale, verrebbe a costituire vizio della sentenza
impugnata) non introduce affatto un campo d’indagine nuovo,
né è oggetto di una vera e propria allegazione difensiva

della controparte, determinando la stessa ammissibilità
dell’impugnazione.
Ciò posto, si reputa di dare continuità a quanto ritenuto
nella pronuncia 1084/2011, che, nell’ ampia ricostruzione
di quel che oggi deve intendersi l’istituto della
prescrizione, si è interrogata su quale esigenza di
certezza possa ritenersi esaudita da una fattispecie ”
cui meccanismi – operando, oltretutto, sul piano sia
sostanziale che processuale postulino, a tacer d’altro,
una disponibilità dell’effetto estintivo di un diritto
soggettivo potenzialmente destinata a perpetuarsi a tempo
pressoché indeterminato, al di là del (solo apparentemente
decisivo) decorso “del tempo previsto dalla

legge”;

ha

evidenziato come, secondo parte della dottrina, la ritenuta
finalità pubblicistica difficilmente appare sostenibile con
le ipotesi previste dalle legge, nelle quali la
prescrizione non opera; ha finito col convenire con quella
parte della dottrina (individuando altresì principio non
dissimile nella sentenza delle S.U. 10955/2002), che,
” nonostante l’esplicito riferimento contenuto nella
Relazione al codice e l’autorevolezza della contrapposta
24

dottrina schierata a difesa della natura pubblicistica
dell’istituto

ha

realisticamente

colto,

nella

prescrizione, più pragmatiche finalità di tutela di un
interesse sostanzialmente privato, quello, cioè, da un

canto, del soggetto passivo di un rapporto giuridico a
ritenersi libero da vincoli in conseguenza del decorso “del
tempo stabilito dalla legge”, dall’altro, del soggetto
attivo portatore di una incomprimibile facoltà di impedire
il realizzarsi dell’effetto estintivo attraverso una

inequivoca dichiarazione/manifestazione di volontà (qual
che essa sia) dimostrativa dell’intento di esercitare il
proprio diritto.”
Le norme sulla prescrizione pertanto non possono essere
considerate di ordine pubblico, e tale rilievo assorbe ogni
ulteriore valutazione sulle censure fatte valere nel
motivo.
2.3.- Il terzo motivo è infondato.
Vanno rapidamente respinte le eccezioni di inammissibilità
del motivo, richiamandosi l’orientamento delle S.U. di cui
alla citata pronuncia 17931/2013, rilevandosi come
nell’espositiva siano chiaramente evidenziate le censure
relative alla violazione dei limiti oggettivi e soggettivi
della convenzione arbitrale.
E’ altresì opportuno rilevare che la Corte ambrosiana, nel
respingere le eccezioni avanzate sul punto dalla difesa di
Bernardo Caprotti, ha condivisibilmente inteso la censura
25

di violazione dei limiti oggettivi della clausola
compromissoria come vizio di competenza e non di merito,
attenendo alla ripartizione della potestas ludicandi tra
arbitri e giudici ordinari, in adesione ai principi
enunciati nella pronuncia delle S.U. 24153/2013, che,

superando l’orientamento che faceva capo alla sentenza,
resa sempre a sezioni unite, 527/2000, si è espressa nel
senso di ritenere che la decisione se una controversia
rientri nell’ambito oggettivo della clausola compromissoria
non integra una questione di merito, ma di competenza, da
cui l’ impugnabilità del lodo per nullità ex art. 829, l’
comma, n. 4 c.p.c.
Il vizio fatto valere pertanto avanti alla Corte d’appello
è di natura processuale e tale è quello denunciato a
riguardo dagli odierni ricorrenti, da cui il potere di
procedere all’apprezzamento diretto del fatto processuale.
Ciò posto, si deve rilevare che i ricorrenti denunciano
l’esorbitanza del lodo rispetto a quanto oggetto della
clausola compromissoria, seguendo uno schema rigido di
successione tra gli atti (estinzione dei mandati fiduciari e
solo successivamente esercizio del diritto di intestarsi le
azioni), attribuendo alle istruzioni di estinzione dei
mandati fiduciari conferiti ad Unione Fiduciaria natura
funzionale e non accessoria ed esecutiva della scrittura
del 1996, mentre il lodo riconduce il trasferimento della
proprietà delle azioni all’esercizio del diritto
26

I

potestativo ex punto 5 degli accordi del 1996, contenenti
il patto arbitrale.
Ancora, i ricorrenti evidenziano come il lodo nel
dispositivo neppure menzioni gli accordi del 1996, e come
lo stesso addirittura attribuisca “validità, efficacia e

legittimità” alle istruzioni già impartite ed addirittura a
quelle del 16 e 17 maggio 2011, posteriori all’asserita
estinzione delle scritture private contenenti la clausola
compromissoria.
A riguardo, premesso che anche per il lodo vale il
principio secondo cui la volontà del giudice va intesa nel
suo complesso, e quindi con individuazione della portata
precettiva alla stregua del dispositivo e della
motivazione, così da interpretare l’unica statuizione che
in realtà essa contiene( in tal senso, tra le ultime, la
pronuncia 2216/2007),si deve di contro ribadire che il lodo
chiaramente evidenzia il collegamento dell’atto dell’8
febbraio 2011 con gli accordi del 1996 e, nel ricondurre il
titolo acquisitivo della proprietà delle azioni al
meccanismo di cui si è detto, non attribuisce alcun ruolo
traslativo alle istruzioni alla Unione Fiduciaria, che,
come già rilevato dalla Corte d’appello, si palesano come
disposizione meramente esecutiva, di presa d’atto della
mutata situazione sostanziale.
Nel resto, non sfugge che la valutazione del profilo in
oggetto intercetta quanto già rilevato nel primo motivo,
27

per cui la reiezione di questo finisce con l’assorbire la
censura di cui si tratta.
Per concludere sul punto, per la natura processuale del
vizio denunciato, va ritenuta l’irrilevanza della doglianza

avanzata alle pagine 88-89 del ricorso, intesa a far
valere un vizio “autonomo” della sentenza per avere
ritenuto che il giudicato relativo alla domanda avente ad
oggetto la proprietà delle azioni

coprek tutti i possibili

fatti genetici del diritto.
Infondato è anche il profilo della censura relativo alla
violazione dei
arbitrale,

limiti

soggettivi della convenzione

sul presupposto della sussistenza di un

litisconsorzio necessario.
Deve a riguardo in primis rilevarsi che tale valutazione va
circoscritta alla domanda basata sull’interposizione reale,
atteso che quella basata sulla simulazione relativa
soggettiva, respinta dagli Arbitri e non impugnata, è
coperta da giudicato, quindi non fa più parte del giudizio,
e deve essere condotta alla stregua della prospettazione
fatta valere da Bernardo Caprotti (per la parte che sopra
si è individuata).
La difesa dei ricorrenti evidenzia correttamente come
l’esistenza di un litisconsorzio, in conformità al disposto
di cui all’art.102 c.p.c., dipenda non dalla proposizione o
meno di domande nei confronti dell’asserito litisconsorte,
ma dalla “conformazione della situazione sostanziale
28

dedotta”, e , nella valutazione concreta della fattispecie,
reitera il ruolo causativo di Unione Fiduciaria nella
produzione degli effetti costitutivi, ripropone l’incidenza
degli accertamenti richiesti nei confronti della
Fiduciaria, mentre, per come si è già detto, la situazione

fatta valere riguarda solo il rapporto tra Bernardo
Caprotti ed i figli, nessun effetto costitutivo-estintivo
fa capo al terzo, la cui posizione viene in gioco in
relazione agli accordi del 1996, sotto il profilo
dell’esecuzione dell’esercizio del diritto potestativo
attribuito dal punto 5 della scrittura del 1996.
Con la domanda fatta valere,Bernardo Caprotti non ha
pertanto prospettato né chiesto il trasferimento delle
azioni per effetto delle istruzioni al terzo o alcuna
modificazione della situazione sostanziale coinvolgente il
terzo: non sussiste pertanto quella configurazione della
situazione giuridica dedotta in giudizio strutturalmente
comune a più soggetti, da cui consegue che la decisione non
possa conseguire il proprio scopo

se

non resa nel

contraddittorio di tutti i soggetti (vedi sul principio, tra
le ultime, le pronunce 4951/07 e 121/05).
Sono infine evidentemente irrilevanti i profili di mero
fatto che pure i ricorrenti invocano, quali la denuntlatio
ai terzi, l’intervento e l’impugnazione del lodo da parte
degli stessi.
2.4.- Anche il quarto motivo va respinto.
29

Superato rapidamente il profilo di inammissibilità fatto
valere dal controricorrente col richiamo alla citata
pronuncia delle S.U. 17931/2013, va rilevato in via
dirimente che la Corte d’appello, nel respingere il motivo,

Caprotti aveva allegato la diversa

ha evidenziato che già nella prima memoria, Bernardo
causa petendi

dell’intervenuto trasferimento in forza dell’esercizio del
diritto potestativo, ulteriore titolo acquisitivo del
diritto autodeterminato di proprietà, e che quindi si
trattava di una lecita emendati°,

a fronte della quale la

controparte ben avrebbe avuto la possibilità di difendersi,
aggiungendo che Violetta e Bernardo Caprotti già con la
prima memoria avevano dedotto la propria proprietà
fiduciaria ed eccepito che il diritto del padre
all’acquisto delle partecipazioni, ove mai venuto ad
esistenza, si era estinto per prescrizione.
I ricorrenti, come chiaramente evidenziato nella memoria ex
art.378 c.p.c., pag. 43, hanno inteso denunciare la
violazione del contraddittorio e della corrispondenza tra
il chiesto ed il pronunciato, e non già la violazione del
regime delle preclusioni nel procedimento arbitrale.
Ciò posto, va richiamato il principio affermato nella
pronuncia 28660/2013,
arbitrale

l’omessa

secondo
osservanza

cui
del

nel procedimento
principio

del

contraddittorio (sancito dall’art. 816 bis, primo comma, c.
p. c., già in precedenza ricondotto all’art. 816 c. p. c.)
30

t

non è un vizio formale, ma di attività; ne consegue che, ai

fini della declaratoria di nullità, è necessario accertare
la concreta menomazione del diritto di difesa, tenendo
conto della modalità del confronto tra le parti (avuto

riguardo alle rispettive pretese) e delle possibilità, per
le stesse, di esercitare, nel rispetto della regola
“audiatur et altera pars”,

su un piano di uguaglianza le

facoltà processuali loro attribuite.
Atteso l’ambito di operatività nel giudizio arbitrale del
principio del contraddittorio, il richiamo della Corte
d’appello alla stessa difesa assunta da Violetta e Giuseppe
Caprotti nella prima memoria, che induce a ritenere che la
questione dell’interposizione reale appartenesse già al
giudizio, vale a privare di incisività la difesa degli
odierni ricorrenti, che, oltre che ad evidenziare la
proposizione da parte di Bernardo Caprotti di una vera e
propria seconda domanda, si sono limitati a lamentare
genericamente che non sarebbe stato permesso loro di
replicare alla nuova e tardiva domanda, essendo stato
concesso termine di soli otto giorni per la terza memoria
di replica prima dell’udienza di discussione e trattazione
finale, in un procedimento in cui gli Arbitri non hanno
concesso termini “sfalsati” né proroghe.
Deve infine ritenersi inammissibile l’ulteriore denuncia di
omessa pronuncia da parte della Corte del merito sul vizio
..

ex art.112 o.p.c. contestato agli Arbitri per avere
31

”sostituito” nei fatti altra e diversa domanda; ed infatti,
ove anche ritenuta la denunciabilità ex art. 829 c.p.c. del
vizio in oggetto, dalla sentenza impugnata non risulta che
Violetta e Giuseppe Caprotti avessero fatto valere tale

è limitata a ritenere che il vizio di pronuncia del lodo su
domanda nuova e quindi inammissibile, rientra nel motivo di
nullità ex art.829, l ° coma, n.4 c.p.c.), di talchè
sarebbe stato onere della parte indicare dove e come avesse
denunciato il profilo in oggetto nel giudizio di merito.
3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso.
La complessità delle questioni trattate giustifica la
compensazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; compensa le spese del
presente giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio del 14 gennaio 06
nte

vizio ( ed a pag.21 della pronuncia, la Corte d’appello si

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