Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3480 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3480 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 23936-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

PERROTTA DELFINA, elettivamente domiciliata in ROMA
VIA GUIDO RENI 2, presso lo studio dell’avvocato
SARACINI MARINA, che la rappresenta e difende giusta
delega a margine;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 14/02/2014

t

avverso la sentenza n. 43/2008 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 12/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/12/2013 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;

riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per l’accoglimento del l ° motivo di ricorso.

udito per il ricorrente l’Avvocato DE BONIS che si

23936-08

Svolgimento del processo
La commissione tributaria provinciale di Roma respingeva
un ricorso di Delfina Perrotti avverso una cartella di
pagamento di maggiori imposte di registro e Invim
conseguenti a un atto di conferimento di immobili a favore

di una società avente sede in Inghilterra. Osservava che
non era stato impugnato l’avviso di accertamento
presupposto, sicché le questioni di merito, dalla
ricorrente fatte valere avverso la cartella, dovevano
considerarsi precluse.
Su appello della contribuente, la commissione tributaria
regionale del Lazio, con sentenza in data 12 maggio 2008,
riformava la decisione nella parte afferente la domanda di
applicazione dell’imposta di registro in misura fissa,
anziché proporzionale.
L’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per
cassazione, contro la sentenza di secondo grado,
articolando tre motivi.
L’intimata ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
I. – Col primo motivo la ricorrente, deducendo violazione
e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., censura la
sentenza per aver omesso di statuire su un’eccezione di
inammissibilità dall’ufficio sollevata in appello, atteso
che la cartella era stata emessa a seguito di accertamento
divenuto definitivo per mancata impugnazione, e che la

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contribuente non aveva impugnato la corrispondente ratio
della sentenza di primo grado.
In

definitiva,

l’amministrazione

lamenta

che

la

commissione abbia deciso nel merito della debenza e della
commisurazione del tributo non pronunciandosi
sull’inammissibilità del ricorso eccepita dall’ufficio e

accolta dal giudice di primo grado.
Col secondo motivo, in via gradata, per l’eventualità in
cui, di contro, si dovesse ritenere implicitamente
disattesa l’eccezione detta da parte del giudice
d’appello, l’agenzia denunzia la violazione e la falsa
applicazione dell’art. 21 del d.lgs. n. 546-92, sostenendo
che erroneamente la commissione aveva accolto
l’impugnazione nella parte afferente la commisurazione
dell’imposta di registro, giacché tale questione, non
essendo stata fatta valere avverso l’atto impositivo, non
potevasi dedurre nel giudizio relativo alla cartella
esattoriale.
Col

terzo

mezzo,

infine,

viene

dedotta

la

contraddittorietà e l’insufficienza della motivazione
della sentenza d’appello, sul rilievo che la stessa
sentenza aveva dato atto, in parte motiva, che l’ufficio
aveva in effetti già applicato in misura fissa l’imposta
di registro ai sensi dell’art. 4, nota IV, della tariffa,
parte I.
II. – I motivi sono suscettibili di unitario esame in
quanto tra loro connessi.

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E’ fondato, nei termini di seguito esposti, il secondo
motivo, mentre va disatteso il primo.
L’accoglimento del secondo mezzo determina l’assorbimento
di ogni altra questione.
III. – La sentenza ri ferisce che la cartella esattoriale
era stata notificata a seguito di un avviso di

conferito;

avviso

che

la

commissione

accertamento in rettifica del valore finale del compendio
tributaria

provinciale aveva accertato non essere stato impugnato.
Trattavasi quindi – e tanto rileva a dispetto di quanto
segnalato dalla ricorrente nel terzo motivo – di imposta
complementare.
La sentenza ancora riferisce che l’appello – per quanto di
interesse – era stato consegnato alla doglianza circa “la
mancata applicazione dell’imposta di registro in misura
fissa già applicata in sede di liquidazione dell’imposta
principale”, e che l’ufficio aveva sul punto controdedotto
eccependo che “quando la fase di accertamento si è
conclusa ed è subentrata la fase di riscossione non sono
più opponibili le eccezioni di merito del tipo di imposta
che si sarebbe dovuta applicare”.
IV.

Ora

la

commissione

tributaria

regionale,

disattendendo siffatta eccezione (e dunque pronunciandosi
su essa, diversamente da quanto sostenuto nell’attuale
primo motivo di ricorso), ha invece affermato che la
richiesta di applicazione dell’imposta di registro in
misura fissa doveva essere accolta “in quanto, allo stato
degli atti, il contribuente ha saputo che era stata

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applicata l’imposta proporzionale solo con la notifica
dell’avviso di pagamento mentre la liquidazione
dell’imposta complementare doveva seguire l’imposta
applicata in sede di registrazione”.
Così decidendo, tuttavia, la commissione è incorsa
nell’errore denunciato, per quanto l’errore attenga in

verità all’art. 19, più che all’art. 21 del d. lgs. n.
546-92 tichíamato dalia ricotrénte.
Difatti

principiti generale, dettate ) dall’art. 19, che

ogni atto autonomamente impugnabile (come nella specie la
cartella esattoriale) può essere impugnato solo per vizi
propri, a meno che non sia accertata la mancata
notificazione di atti presupposti, autonomamente a loro
volta impugnabili, adottati precedentemente a quello.
Nel caso di specie è essenziale notare che dalla sentenza
risulta che in appello non era stata censurata la
specifica affermazione della decisione di primo grado,
secondo la quale la cartella era conseguita a un avviso di
accertamento non impugnato. Pertanto, diversamente da
quanto ritenuto dalla commissione regionale, ogni
questione àfferente l’imposta complamcntaro (1v1 comP~a
quella relativa alla sua deAMIZUtazi01 -10, eluù i ii
fissa o proporzionale) dovevasi considerare preclusa

nel

giudizio avverso la cartella.
La cartella di pagamento, in quanto atto consequenziale
all’avviso di accertamento, assolve una funzione
equivalente a quella del precetto; funzione, in tal senso
a carattere necessario, che consiste nell’accertare il

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mancato pagamento del debito tributario e nell’intimare al
contribuente l’effettuazione del versamento dovuto entro
un termine ristretto.
Solo ove non preceduta dalla regolare notifica dell’avviso
di accertamento la cartella assume anche una funzione di
tipo sostanziale, consistente nel portare a conoscenza del

contribuente per la prima volta la pretesa erariale. E
solo in tale eventualità la stessa può essere impugnata
dal contribuente – ove in tal senso interessato (v. sez.
un. n. 10958-05 e sez. un. n. 5791-08, nonché, più di
recente, Cass. n. 9873-11) – anche sul merito della
pretesa tributaria.
V. – La sentenza va quindi cassata in accoglimento del
secondo motivo.
La causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di
fatto, può essere decisa nel merito ai sensi dell’art.
384, ult. co ., c.p.c., con pronuncia di rigetto del
ricorso a suo tempo proposto contro la cartella.
Le spese del giudizio di merito possono essere dal
collegio compensate per giusti motivi, desumibili
dall’essere stata la controversia instaurata prima del
citato arresto delle sezioni unite.
Quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.(1«m.
La Corte rigetta il primo motivo; accoglie il secondo;
dichiara assorbito il terzo; cassa l’impugnata sentenza e,
decidendo nel merito, rigetta l’impugnazione proposta
contro la cartella esattoriale; compensa le spese

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processuali relative ai gradi del giudizio di merito e
condanna l’intimata al pagamento di quelle relative al
giudizio di legittimità, che liquida in euro 12.000,00 per
compensi, oltre le spese prenotate a debito.

Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta

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