Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 348 del 10/01/2011

Cassazione civile sez. II, 10/01/2011, (ud. 23/11/2010, dep. 10/01/2011), n.348

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12981-2005 proposto da:

A.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA SEBINO 16 SCALA 5 INT. 9, presso lo studio dell’avvocato

SCORDINO GIUSEPPA RITA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.B. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DIEGO ANGELO 95, presso lo studio dell’avvocato FRANCO

MARIA MILENA, rappresentato e difeso dall’avvocato ALVARO ANTONIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 75/2004 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 27/04/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/11/2010 dal Consigliere Dott. BURSESE Gaetano Antonio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 20.12.1982 T.B. conveniva A.L. dinanzi al Tribunale di Locri e, premesso di avere al medesimo commissionato con due distinti contratti d’appalto, la costruzione di due edifici nei comuni di (OMISSIS), nonchè di avere a lui venduto un autocarro; che il convenuto, dopo aver iniziato l’esecuzione delle opere commissionategli, non le portava a compimento, omettendo inoltre di effettuare il versamento delle somme di cui esso T. era creditore; tutto ciò premesso chiedeva l’attore che fosse dichiarato risolto il rapporto contrattuale di cui alla scrittura privata del 29.10.80, per inadempimento del convenuto, con la condanna del medesimo al pagamento dei danni per la mancata esecuzione delle opere relativa al fabbricato di (OMISSIS), oltre al pagamento della penale per ritardata consegna delle opere stesse, nonchè di ulteriori somme per l’omessa realizzazione di altre opere concordate (scavo di fondazione e trave in c.a. del telaio di base) ovvero per la demolizione di altre opere ancora costituenti pericolo per l’intero corpo di fabbrica della propria abitazione sita in (OMISSIS).

Si costituiva in giudizio l’ A., contestando al domanda avversaria, deducendo di non essere responsabile dei lamentati ritardi ed inconvenienti, in quanto il T. non gli aveva mai fornito copia dei progetti e delle relative concessioni di talchè i lavori erano proceduti su suggerimenti ed ordini dello stesso committente. Sosteneva inoltre che, essendo emerso che le opere erano abusive, esso convenuto sarebbe stato ritenuto corresponsabile di un’attività criminosa. Spiegava pertanto domanda riconvenzionale al fine di ottenere il pagamento dei lavori eseguiti in (OMISSIS) (L. 26.000.000) e in (OMISSIS) (L. 18.000.000), nonchè il risarcimento dei danni subiti per l’impossibilità di ultimare le costruzioni, nonchè quelli nascenti dalla responsabilità penale a cui era stato esposto in conseguenza delle mendaci dichiarazioni del T., oltre interessi e rivalutazione monetaria nonchè alla revisione dei prezzi per le opere eseguite secondo gli indici ufficiali del settore.

Il tribunale adito, previo espletamento di CTU, con sentenza in data 20.1/17.7.1992, dichiarava risoluto ex art. 1453 c.c. il contratto di cui alla scrittura privata de 29.10.1980 per inadempimento dei convenuto, limitatamente ai lavori non eseguiti, che condannava al pagamento della complessiva somma di L. 16.365.266, oltre agli interessi legali. Il tribunale inoltre riteneva non provata o comunque abbandonata la domanda relativa al risarcimento dei danni proposta dall’ A..

Avverso tale decisione l’ A. proponeva appello, chiedendo l’accoglimento di quanto da lui richiesto anche in via ricovenzionale, nonchè il rigetto della domanda avanzata dal committente e la condanna del medesimo al pagamento della somma di L. 45.000.000 per i lavori eseguiti e al risarcimento del danno, in subordine chiedeva che fosse disposta CTU per l’accertamento dei danni che assumeva di aver subiti.

L’adita Corte d’Appello di Reggio Calabria, con sentenza n. 75/04 depositato in data 27.4.2004, rigettava l’appello, condannando l’ A. al pagamento delle spese del grado. Ribadiva in specie che l’appellante non aveva in alcun modo provato che il mancato completamento delle opere era dipeso dal blocco delle opere stesse da parte dell’autorità competente a seguito di sequestro penale, non risultando comunque agli atti tale circostanza.

A.L. ricorre per la cassazione della predetta statuizione con ricorso fondato su n. 3 censure; resiste con controricorso il T..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei ricorsi Con il primo motivo del ricorso principale l’esponente denuncia ” il vizio di omessa pronuncia per violazione dell’art. 112 c.p.c.”.

Deduce il mancato esame da parte del giudice a quo della propria domanda riconvenzionale diretta ad ottenere il pagamento dei lavori eseguiti sui due fabbricati e “il risarcimento dei danni subiti per effetto dell’impossibilità di ultimare i lavori (stante l’abusivismo delle opere e l’inadempienza del T.), nonchè quelli nascenti dalla responsabilità penale cui era stato sottoposto a causa delle mendaci dichiarazioni del T. “circa l’abusività dell’erigende costruzioni. La censura non ha fondamento, non ravvisandosi la violazione di legge contestata, in quanto vi è stata la pronuncia della Corte anche se implicita su tutte le domande suddette.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ad integrare gli estremi della omessa pronuncia “non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, essendo necessario che sia completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile in riferimento alla soluzione del caso concreto: il che non si verifica quando la decisione adottata, in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10696 del 10/05/2007; Cass. n. 553 dell’8.3.2007).

Ciò posto, sembra evidente che l’accoglimento della domanda del T. implica necessariamente il rigetto delle pretese dell’ A. circa li pagamento dei lavori eseguiti. Quanto poi agli asseriti danni conseguenti al fermo delle opere, la Corte ha chiaramente detto che era del tutto carente il presupposto della domanda stessa, perchè a prescindere da qualsiasi altra considerazione l’ A. non ha minimamente provato che il mancato completamento delle opere commesse sia stato dovuto al fatto che le stesse fossero state bloccate dall’Autorità competente, non risultando comunque ciò dagli atti. Con il secondo motivo l’esponente denuncia l’omessa insufficiente, motivazione e critica la valutazione della CTU in ordine alla presunte difformità poste in essere dall’ A. nella realizzazione delle opere commissionate; in particolare nella CTU mancherebbe il confronto tra il progetto esecutivo dell’opera e l’opera concretamente realizzata, per cui la valutazione economica delle pretese difformità risulterebbe viziata per mancanza di dati essenziali. La doglianza è inammissibile in quanto non rispondente al criterio dell’autosufficienza, non avendo l’esponete riportato le criticate conclusioni del ctu e le correlazioni con il progetto esecutivo, di cui peraltro lo stesso CTU ha tenuto conto nella sua risposta al quesito postogli dal giudice.

Con il terzo motivo infine il ricorrente denunzia l’omessa insufficiente, motivazione; mancato esame della Corte dell’istanza istruttoria proposta dall’ A. di disporre CTU volta ad accertare il danno subito dallo stesso per l’incompleta esecuzione dei lavori per opera del T.. Tale censura rimane assorbita, avendo la Corte di merito negato in radice l’esistenza della denunciata responsabilità del committente su tale specifico punto.

In conclusione l’infondatezza delle suddette censure comporta il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 2.000,00, di cui Euro 1.800,00 per onorario, oltre spese ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2011

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