Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3477 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3477 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 2975-2010 proposto da:
OLIVA FILOMENO nq di titolare della Ditta individuale,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91,
presso lo studio dell’avvocato LUCISANO CLAUDIO, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MANGANO NATALE giusta delega a margine;
– ricorrente –

2013
3644

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 14/02/2014

- controricorrente nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFICIO DI TORINO l;
– intimato –

avverso la sentenza n. 65/2008 della COMM.TRIB.REG. di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/12/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO
CHINDEMI;
udito per il controricorrente l’Avvocato DE BONIS che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

TORINO, depositata il 18/12/2008;

R.G. 2975/2010
Fatto
La Commissione tributaria regionale del Piemonte, con sentenza n. 65/30/08 , depositata il
18.12.2008 , confermava la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Torino n.
30/14/2006 che accoglieva parzialmente il ricorso di Oliva Filomeno, titolare della ditta
individuale Birreria garibaldi, avverso l’ avviso di irrogazioni sanzioni, relativo all’anno 2003„ ai
sensi dell’art. 3 1. 73/2002, a seguito di accesso Inps in data 18.11.2003 per l’impiego di 10

lavoratori, riducendo le sanzioni in relazione ad altri tre lavoratori, confermando le sanzioni per gli
altri.
Proponeva ricorso per cassazione la società deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 2 D.Igs 546/1992, in relazione all’art. 360, n. 1, c.p.c.
rilevando, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 14/5/2008, n. 130, il difetto di
giurisdizione del giudice tributario sulle controversie relative alle sanzioni irrogate dagli uffici
finanziari per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie;
b) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in combinato disposto con
l’art. 2697 cc, in relazione all’art. 360, n. tre, c.p.c., e all’art. 62, comma 1, D.Igs 546/1992
rilevando come, il verbale dell’organo ispettivo costituiva elemento sufficiente ai fini della prova
contraria idonea vincere la presunzione di legge di inizio del rapporto di lavoro dal 1 gennaio
dell’anno dell’ispezione
c) vizio di motivazione, in relazione all’art. 360,n. 5 c.p.c. ,avendo i giudici di apepllo omesso di
valutare gli elementi probatori contenuti nel verbale ispettivo che avrebbero consentito di
addivenire alla esatta individuazione del periodo di lavoro irregolare per ciascun dipendente.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 13.12.2013, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo è infondato.
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 130 del 2008, con cui è stata dichiarata la
illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 (come sostituito dalla L. n. 448 del
2001, art. 12, comma 2) nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie
relative a tutte le sanzioni irrogate dagli Uffici finanziari, anche quando conseguano a violazione di

1

lavoratori subordinati non iscritti nei libri obbligatori, ritenedolo fondato con riferimento a due

disposizioni non aventi natura fiscale(quali quelle in esame), la presente controversia appartiene alla
giurisdizione del giudice ordinario (Cass. S.U. 15846/2008).
Tuttavia la pronuncia del giudice delle legge non può incidere su una situazione già esaurita, quale
– nella specie – il giudicato implicito sulla giurisdizione formatosi a seguito della decisione di merito
pronunciata in primo grado e non impugnata in sede d’appello in punto di difetto di giurisdizione,
sebbene tale difetto fosse stato già rilevato dalla Corte Costituzionale con le ordinanze n. 34 e 35
del 2006 e 395/2007, che avevano sottolineato l’imprescindibile collegamento tra la giurisdizione

L’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche
d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia
processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”),
della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e
dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo
essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto
della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. (Cass. Sez. U, Sentenza n.
24883 del 09/10/2008; cfr anche Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2067 del 28/01/2011; Cass. Sez. U,
Sentenza n. 26019 del 30/10/2008; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008;
La questione sul difetto di giurisdizione del giudice tributario in tema di sanzioni ex art. 3 , comma
3, 1.n. 73/2002 non è mai stata sollevata dall’odierna ricorrente nei pregressi gradi di giudizio.
Il principio costituzionale della durata ragionevole del processo consente,quindi, come nella
fattispecie, di escludere la rilevabilità davanti alla Corte di cassazione, del difetto di giurisdizione
qualora sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della implicita pronuncia sul
merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello.
È, quindi, inammissibile l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di
legittimità dalla parte che, soccombente nel merito in primo grado, aveva appellato la sentenza del

del giudice tributario e la natura tributaria del rapporto.

giudice tributario senza formulare alcuna eccezione sulla giurisdizione, così ponendo in essere un
comportamento incompatibile con la volontà di eccepire il difetto di giurisdizione e prestando
acquiescenza al capo implicito sulla giurisdizione della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art.
329, comma 2 cod. proc. civ..

2. Gli ulteriori motivi di ricorso, esaminati congiuntamente in quanto logicamente connessi, vanno
disattesi.
La sentenza della Corte Cost. 12.4.2005 n. 144 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in
relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, l’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 1992,
n. 12, convertito in legge dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 72, nella parte in cui non ammette
2
//’

la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al
primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione.
L’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 3, comma 3, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, conv. in
legge 23 aprile 2002, n. 73 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 36 bis del d.l. 4
luglio 2006, n. 223, conv. in legge 24 agosto 2006, n. 248) non richiede, da parte
dell’Amministrazione, alcun onere di dimostrare l’effettiva durata del rapporto di lavoro irregolare,
essendo sufficiente il mero accertamento dell’esecuzione di prestazione lavorativa da parte di

È, invece, specifico onere del datore di lavoro dimostrare l’effettiva durata della prestazione
lavorativa per evitare che l’entità della sanzione pecuniaria sia determinata “ex lege”, “per il periodo
compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione (Sez. 5, Sentenza n. 21778
del 20/10/2011)
Fermo restando il divieto di ammissione della prova testimoniale posto dall’art. 7 del d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, nel processo tributario, sussiste il potere di introdurre, per entrambe le parti,
dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale – con il valore probatorio proprio degli elementi
indiziari, i quali, possono concorrere a formare il convincimento del giudice, per garantire il
principio della parità delle armi processuali nonché l’effettività del diritto di difesa.
I verbali di accertamento dell’ispettorato del lavoro e dei funzionari ispettivi degli enti previdenziali,
in materia di omesso versamento di contributi, fanno fede, fino a querela di falso, sulla loro
provenienza dal pubblico ufficiale che li ha formati, nonche sui fatti che il medesimo attesti
avvenuti in sua presenza o da lui compiuti e possono,altresi, fornire utili elementi di giudizio,
liberamente apprezzabili, in ordine agli altri fatti che i verbalizzanti abbiano dichiarato di aver
desunto o attinto dall’inchiesta da essi svolta, ivi comprese le dichiarazioni di terzi tra cui vanno
ricomprese anche le dichiarazioni dei lavoratori oggetto di indagine ispettiva. (Cass. Sez. L,
Sentenza n. 14158 del 02/10/2002)

soggetto che non risulti da scritture o da altra documentazione obbligatoria.

Peraltro il verbale ispettivo da contezza unicamente della situazione riscontrata dagli ispettori al
momento dell’accesso e non è finalizzato a individuare la durata dell’illecito ai fini della sanzione
in questione, stante la presunzione (relativa) di retrodatazione dell’assunzione (superabile dal
datore di lavoro), essendovi una evidente differenza tra i comparti normativi che regolano il
recupero dei contributi previdenziali, la repressione degli illeciti connessi all’assunzione e le
sanzioni di contrasto alla c.d economia sommersa.
Tuttavia non è sufficiente a provare la data di inizio del rapporto di lavoro la sola dichiarazione del
dipendente, in mancanza di ulteriori elementi di prova che facciano ritenere plausibile tale

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affermazione, apparendo la motivazione sopra riportata del tutto insufficiente a dimostrare la data
di effettivo inizio del rapporto di lavoro (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1960 del 10/02/2012)
Nella fattispecie non emergono elementi probatori ulteriori rispetto alle dichiarazioni dei lavoratori
o della parte stessa riportati nel verbale inps
In conclusione, il ricorso va rigettato
L’evolversi della giurisprudenza in epoca successiva alla presentazione del ricorso costituisce
giusto motivo per la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

Rigetta il ricorso.
Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità
Così deciso in Roma, il 13.12.2013

PQM

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