Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3475 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3475 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 18096-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

ACROBATIKA DI GIRARDI SIMONE & QUADRIO DOMENICO SNC
IN LIQUIDAZIONE;
– intimato –

avverso la sentenza n. 61/2008 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 09/06/2008;

Data pubblicazione: 14/02/2014

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/12/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO
CHINDEMI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso

per il rigetto del ricorso.

R.G. 18096/2009
Fatto
La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con sentenza n. 61/37/08, depositata il
9.6.2008, confermava la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Varese n.
35/12/2007, annullando, nei confronti della società Acrobatika di Girardi Simone & Quadrio
Domenico s.n.c. in liquidazione, l’avviso di irrogazioni sanzioni , per E 47.499,00, a seguito di
ispezione Inps in data 23.11.2004, relativa all’anno 2004, ai sensi dell’art. 3 1. 73/2002, per

Proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo i seguenti motivi:
a) violazione dell’art. 360, n. 1, c.p.c. rilevando, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale
14/5/2008, n. 130, il difetto di giurisdizione del giudice tributario sulle controversie relative alle
sanzioni irrogate dagli uffici finanziari per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture
obbligatorie;
b) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in combinato disposto con
l’art. 2697 cc, in relazione all’art. 360, n. tre, c.p.c.,rilevando come, a seguito della sentenza della
Corte Costituzionale n. 14472005, era onere del datore di lavoro produrre documentazione idonea a
provare che i lavoratori sorpresi a lavorare presso di lui non erano suoi dipendenti;
c) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, nel testo vigente ratione temporis, D.L.
22/2/2002, n.12, convertito con modificazioni in 1. 23/4/2002, n. 73, in combinato disposto con gli
artt. 2697 e 2700 cc, in relazione all’art. 360, n. tre, c.p.c.,non avendo fornito la società alcuna
prova circa il giorno in cui il lavoratore irregolare ha effettivamente iniziato a lavorare presso la
stessa, non potendo assurgere ad elementi di prova le sole dichiarazioni verbali, rese in via
extraprocessuale, dai lavoratori in nero;
d) omessa motivazione circa un punto decisivo è controverso, ai sensi dell’articolo 360, numero
cinque, c.p.c.,con riferimento alla ritenuta durata temporale degli irregolari rapporto di lavoro,
ritenendo apodittica e del tutto dimostrata l’affermazione secondo cui la situazione patrimoniale
della società datrice di lavoro non avrebbe consentito di assumere due lavoratori dipendenti a tempo
pieno dall’inizio dell’anno.
La società intimata si è costituita con controricorso.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 13.12.2013, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è parzialmente fondato.
1

l’impiego di due lavoratori subordinati non iscritti nei libri obbligatori.

In relazione al primo motivo, se è vero infatti che a seguito della sentenza della Corte
Costituzionale n. 130 del 2008, con cui è stata dichiarata la illegittimità costituzionale del D.Lgs. n.
546 del 1992, art. 2 (come sostituito dalla L. n. 448 del 2001, art. 12, comma 2) nella parte in cui
attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative a tutte le sanzioni irrogate dagli
Uffici finanziari, anche quando conseguano a violazione di disposizioni non aventi natura
fiscale(quali quelle in esame), la presente controversia appartiene alla giurisdizione del giudice
ordinario (Cass. S.U. 15846/2008), la pronuncia del giudice delle legge non può incidere su una

seguito della decisione di merito pronunciata in primo grado e non impugnata in sede d’appello in
punto di difetto di giurisdizione, sebbene tale difetto fosse stato già rilevato dalla Corte
Costituzionale con le ordinanze n. 34 e 35 del 2006 e 395/2007, che avevano sottolineato
l’imprescindibile collegamento tra la giurisdizione del giudice tributario e la natura tributaria del
rapporto.
L’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione “è rilevato, anche
d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo”, deve tenere conto dei principi di economia
processuale e di ragionevole durata del processo (“asse portante della nuova lettura della norma”),
della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e
dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo
essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto
della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. (Cass. Sez. U, Sentenza n.
24883 del 09/10/2008; cfr anche Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2067 del 28/01/2011; Cass. Sez. U,
Sentenza n. 26019 del 30/10/2008; Cass. Sez. U, Sentenza n. 26019 del 30/10/2008;
Il principio costituzionale della durata ragionevole del processo consente,quindi, come nella
fattispecie, di escludere la rilevabilità davanti alla Corte di cassazione, del difetto di giurisdizione
qualora sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della implicita pronuncia sul
merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello.
È, quindi, inammissibile l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di
legittimità dalla Agenzia che, soccombente nel merito in primo grado, aveva appellato la sentenza
del giudice tributario senza formulare alcuna eccezione sulla giurisdizione, così ponendo in essere
un comportamento incompatibile con la volontà di eccepire il difetto di giurisdizione e prestando
acquiescenza al capo implicito sulla giurisdizione della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art.
329, comma 2 cod. proc. civ.
Con riferimento alla dedotta inammissibilità del ricorso in primo grado per tardiva presentazione
dello stesso, la censura, oltre ad essere inammissibile in quanto non dedotta con autonomo motivo
2

situazione già esaurita, quale – nella specie – il giudicato implicito sulla giurisdizione formatosi a

di ricorso e senza formulazione del relativo quesito di diritto, difetta di autosufficienza, non avendo
la ricorrente allegato o riprodotto le parti della memoria in primo grado in cui veniva sollevata tale
eccezione, né i motivi di ricorso in appello con viene censurata la decisione esplicita o implicita
relativa alla tardività del ricorso originario.
2. Gli ulteriori motivi, stante la loro connessione logica, sono essere esaminati congiuntamente.
La sentenza della Corte Cost. 12.4.2005 n. 144 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, in
relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, l’art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 1992,

la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al
primo gennaio dell’anno in cui è stata constatata la violazione.
L’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 3, comma 3, del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, conv. in
legge 23 aprile 2002, n. 73 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 36 bis del d.l. 4
luglio 2006, n. 223, conv. in legge 24 agosto 2006, n. 248) non richiede, da parte
dell’Amministrazione, alcun onere di dimostrare l’effettiva durata del rapporto di lavoro irregolare,
essendo sufficiente il mero accertamento dell’esecuzione di prestazione lavorativa da parte di
soggetto che non risulti da scritture o da altra documentazione obbligatoria.
È, invece, specifico onere del datore di lavoro dimostrare l’effettiva durata della prestazione
lavorativa per evitare che l’entità della sanzione pecuniaria sia determinata “ex lege”, “per il periodo
compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione (Sez. 5, Sentenza n. 21778
del 20/10/2011)
Fermo restando il divieto di ammissione della prova testimoniale posto dall’art. 7 del d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, nel processo tributario, sussiste il potere di introdurre, per entrambe le parti,
dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale – con il valore probatorio proprio degli elementi
indiziari, i quali, possono concorrere a formare il convincimento del giudice, per garantire il
principio della parità delle armi processuali nonché l’effettività del diritto di difesa.
I verbali di accertamento dell’ispettorato del lavoro e dei funzionari ispettivi degli enti previdenziali,
in materia di omesso versamento di contributi, fanno fede, fino a querela di falso, sulla loro
provenienza dal pubblico ufficiale che li ha formati, nonché sui fatti che il medesimo attesti
avvenuti in sua presenza o da lui compiuti e possono,altresì, fornire utili elementi di giudizio,
liberamente apprezzabili, in ordine agli altri fatti che i verbalizzanti abbiano dichiarato di aver
desunto o attinto dall’inchiesta da essi svolta, ivi comprese le dichiarazioni di terzi tra cui vanno
ricomprese anche le dichiarazioni dei lavoratori oggetto di indagine ispettiva. (Cass. Sez. L,
Sentenza n. 14158 del 02/10/2002)

3

n. 12, convertito in legge dall’art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 72, nella parte in cui non ammette

Peraltro il verbale ispettivo da contezza unicamente della situazione riscontrata dagli ispettori al
momento dell’accesso e non è finalizzato a individuare la durata dell’illecito ai fini della sanzione
in questione, stante la presunzione (relativa) di retrodatazione dell’assunzione (superabile dal
datore di lavoro), essendovi una evidente differenza tra i comparti normativi che regolano il
recupero dei contributi previdenziali, la repressione degli illeciti connessi all’assunzione e le
sanzioni di contrasto alla c.d economia sommersa.
Tuttavia non è sufficiente a provare la data di inizio del rapporto di lavoro la sola dichiarazione del

affermazione, apparendo la motivazione sopra riportata del tutto insufficiente a dimostrare la data
di effettivo inizio del rapporto di lavoro (cfr Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1960 del 10/02/201 .2) ,
p ~/0″Nella fattispecie i giudici di merito hanno fondato la decisione, con riferimento a^ oltre che sulle
dichiarazioni dei lavoratori anche su elementi di carattere fattuale e logico
La CTR ha, infatti, motivato la decisione ritenendo che il sig. Padovani non avrebbe potuto
intrattenere un rapporto di lavoro in data precedente al novembre 2004, in quanto la sua attività
prevalente di coltivatore diretto, attestata anche dalla dichiarazione dei redditi gli avrebbe impedito
di esercitare altra professione
Trattasi di valutazione di merito non illogica e, come tale, incensurabile in sede di legittimità.
Nessun ulteriore elemento di prova viene, invece, rilevato con riferimento al lavoratore Gulli
Alessio, in aggiunta alle sue dichiarazioni.
4. In conclusione va cassata l’impugnata sentenza con riferimento al Gulli e non essendo necessari
ulteriori accertamento di merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso della società nei
confronti del predetto lavoratore.
Rigetta il ricorso dell’Agenzia con riferimento al lavoratore Padovani Matteo.
L’evolversi della giurisprudenza in epoca successiva alla presentazione del ricorso costituisce
giusto motivo per la compensazione delle spese dell’ intero giudizio
PQM
Accoglie parzialmente il ricorso, cassa l’impugnata sentenza con riferimento al lavoratore Gulli
Alessio e, decidendo nel merito, rigetta, nei confronti del predetto il ricorso introduttivo della
contribuente.
Rigetta il ricorso dell’Agenzia con riferimento al lavoratore Padovani Matteo
Dichiara compensate le spese dell’intero giudizio
Così deciso in Roma, il 13.12.2013

dipendente, in mancanza di ulteriori elementi di prova che facciano ritenere plausibile tale

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