Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34733 del 30/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 30/12/2019, (ud. 10/07/2019, dep. 30/12/2019), n.34733

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6930/2017 proposto da:

OSSERVATORIO INTERREGIONALE PER LA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio

dell’avvocato ALESSIO PETRETTI, rappresentato e difeso dall’avvocato

FABIO DE MASSIS;

– ricorrente –

contro

P.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AMITERNO 3,

presso lo studio dell’avvocato STEFANO NOTARMUZI, rappresentata e

difesa dall’avvocato FEDERICO CINQUE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 808/2016 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 06/10/2016 R.G.N. 902/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/07/2019 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ALESSIO PETRETTI per delega Avvocato FABIO DE

MASSIS;

udito l’Avvocato FEDERICO CINQUE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. P.G. convenne in giudizio l’Osservatorio Interregionale della Cooperazione allo Sviluppo (O.I.C.S.) deducendo di aver lavorato per la convenuta in virtù di un contratto di collaborazione a progetto stipulato il l’ottobre 2010 che avrebbe dovuto durare per tutta la durata del progetto, terminato nel 2013. Espose che l’O.I.C.S. era receduto dal rapporto anticipatamente il 5 marzo 2012 e, deducendo l’illegittimità del recesso, chiese la condanna della convenuta al pagamento, a titolo risarcitorio delle retribuzioni spettanti fino alla naturale scadenza del rapporto (Euro 29.319,42 oltre accessori dalle scadenze al saldo) ovvero, in subordine, al pagamento dei compensi relativi al periodo gennaio marzo 2012 (Euro 10.261,43 oltre accessori dovuti per legge).

2. Il Tribunale di L’Aquila respinse la domanda mentre la Corte di appello di L’Aquila, investita del gravame da parte della P., accolse il ricorso e condannò l’O.I.C.S. al pagamento della somma di Euro 25.000,00 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo avendo accertato che il contratto a progetto sottoscritto dalla P. con l’O.I.C.S. ancorava il tacito rinnovo dello stesso “per tutta la durata del Programma” al “tacito rinnovo della convenzione tra la Regione Abruzzo – AdG e l’O.I.C.S.”. Escluse che avesse alcun rilievo la circostanza che le convenzioni sottoscritte facessero riferimento quanto all’esigenza di assumere collaboratori “alle necessità che si presentano” ritenendo che ove un diverso assetto fosse stato necessario questo sarebbe dovuto risultare dalla convenzione stipulata ed osservò che lo stanziamento per il personale era rimasto nel tempo invariato. Escluse infine che il recesso fosse legittimo ai sensi dell’art. 7 del contratto a progetto, evidenziando che dalla clausola si evinceva che la risoluzione anticipata era possibile solo in caso di giusta causa ovvero per impedimenti che rendevano impossibile il regolare svolgimento dell’incarico, tutte circostanze neppure allegate in giudizio. Conseguentemente ritenne che in relazione al solo anno 2012 alla lavoratrice dovesse essere corrisposto l’importo lordo di Euro 25.000,00 mentre nulla era dovuto per il periodo successivo al 31.12.2012 non risultando in atti che la convenzione fosse stata rinnovata per l’anno 2013.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’O.I.C.S. articolando sei motivi ulteriormente illustrati da memeria. Resiste con controricorso P.G.. Fissata per la decisione in adunanza camerale la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per la fissazione in pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c.. Sostiene l’OICS che la Corte di appello, nell’accertare il diritto della P. al risarcimento del danno nella misura liquidata, sarebbe incorsa nella denunciata violazione poichè avrebbe accolto la domanda fondandosi su elementi e circostanze tardivamente prospettate solo in appello, così mutando i fatti costitutivi del diritto azionato e introducendo nuovi temi di indagine. Ad avviso dell’Osservatorio ricorrente la lavoratrice, in primo grado, aveva fondato la sua pretesa sull’esistenza di un contratto a progetto il cui oggetto era il Programma di Cooperazione Transfrontaliera IPA Adriatica 2007-2013 con scadenza 31.12.2016 in forza dell’interpretazione degli artt. 56 e 89 del Regolamento CE 1085/06 o in subordine fino al 31.12.2013 (Euro 129.303,42 e Euro 54.315,52). Nel gravame, invece, l’attenzione era stata spostata sulla convenzione intercorsa tra la Regione Abruzzo e l’O.I.C.S., in attuazione del programma di Cooperazione Transfrontaliera IPA Adriatica 2007-2013 del 31.11.2011 con scadenza al 31.12.2013 ed era stato così modificato il tema di indagine.

5. La censura è inammissibile. Al fine di rappresentare l’avvenuta modificazione in appello degli elementi di fatto posti a fondamento della domanda sin dal primo grado il ricorrente avrebbe dovuto, in ossequio al principio di specificità della censura dettato dall’art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6, riprodurre il contenuto della domanda formulata in primo grado ed il testo del motivi di gravame in modo da consentire al Collegio, sin dalla lettura degli atti, di apprezzare compiutamente i termini delle domande e di verificare la fondatezza o meno della censura formulata. Ed infatti nel giudizio di legittimità, il ricorrente che censuri la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, quali quelle processuali, deve specificare, ai fini del rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione (cfr. Cass. 13/05/2016 n. 9888).

5.1. Orbene, nel caso in esame la censura non riproduce le domande formulate nel ricorso di primo grado nè tantomeno riporta gli esatti termini della censura articolata nel giudizio di appello e si limita a riassumerne in estrema sintesi il contenuto rinviando all’atto di appello che tuttavia non risulta allegato al ricorrso nè vi è dimostrazione dell’avvenuta richiesta dei fascicoli d’ufficio dei gradi precedenti.

6. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione del R.D. 18 novembre 1923, n. 244, art. 16 e degli artt. 1321 e 1350 c.c., in relazione all’accertamento dell’avvenuta proroga del contratto in forma tacita nell’ambito della disciplina dei contratti con l’amministrazione. Sostiene l’OICS che la proroga avrebbe dovuto essere scritta e non può essere desunta da fatti o atti essendo per legge escluso il tacito rinnovo del contratto.

7. Il motivo è infondato. La Corte territoriale, interpretando la clausola del contratto, ha accertato che la possibilità di prorogarne la durata era prevista per iscritto con clausola aperta che sarebbe stata integrata per effetto della mera conclusione della convenzione. In disparte la qualificazione dell’Osservatorio interregionale per la Cooperazione allo Sviluppo – associazione privata di enti pubblici senza scopo di lucro che persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale nel campo della cooperazione internazionale senza distribuzione di utili (cfr. art. 2 dello Statuto) la cui natura di ente privato sgombrerebbe il campo da ogni questione qui controversa – va rilevato che anche a volerne ammettere la natura pubblica, se è vero che la volontà dell’amministrazione di obbligarsi non può essere desunta per implicito da fatti o atti ma deve essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l’atto scritto “ad substantiam”, di tal che nei confronti dell’amministrazione non è configurabile il rinnovo tacito del contratto nè rileva, per la formazione del contratto stesso, un mero comportamento concludente, anche se protrattosi per anni, tuttavia quando la rinnovazione dell’originario contratto stipulato in forma scritta sia prevista da apposita clausola nello specifico subordinata al rinnovarsi della convenzione tra la Regione Abruzzo e l’OICS – nella specie pacificamente intervenuta come accertato dal giudice di appello – si deve ritenere verificata la condizione cui la clausola contrattuale assoggettava la proroga del contratto già concluso con la P.. Non si tratta infatti di una rinnovazione tacita, per facta concludentia, idonea ad eludere il divieto previsto per i contratti conclusi con un soggetto pubblico (cfr. Cass. 30/03/2012 n. 5192 ed ivi le richiamate 01/04/2010 n. 8000 12/02/2002 n. 1970) ma piuttosto dell’integrazione della condizione già specificatamente prevista ed individuata nell’originario contratto.

8. Con il terzo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 162 del 2006, art. 57, comma 7 e degli artt. 1340 e 1362 c.c., con riguardo, ancora una volta al rinnovo automatico del contratto. Sostiene l’OICS che la sentenza nell’interpretare il contratto sarebbe incorsa nella denunciata violazione di legge avendo trascurato di considerare che la disposizione ricordata (D.Lgs. n. 162 del 2006, art. 57, comma 7) costituisce attuazione di un vincolo comunitario discendente dal Trattato e valevole per tutti gli atti negoziali della P.A.. Osserva al riguardo che con la L. n. 62 del 2005, art. 23, comma 1, era stato eliminato la L. n. 537 del 1993, art. 6, comma 2, come modificato dalla L. n. 724 del 1994, art. 44, comma 1, che prevedeva la rinnovazione del contratto per mezzo di una mera comunicazione e sostiene che, pertanto, la clausola contrattuale avrebbe dovuto essere dichiarata nulla.

9. Con il quarto motivo di ricorso, poi, è denunciata la violazione degli artt. 1340,1362,1655 c.c., ed, ancora, del D.Lgs. n. 162 del 2006, art. 57, comma 7 e del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 67. Deduce la ricorrente che la Corte avrebbe trascurato di compiere una indagine complessiva del testo contrattuale nel ricercare la volontà delle parti. Sostiene che, se vi avesse proceduto, avrebbe accertato che in base all’art. 2, comma 1,della convenzione tra la Regione Abruzzo e l’OICS i poteri di determinazione del fabbisogno del servizio appartenevano al committente al quale era demandata l’individuazione del fabbisogno di personale in sede di rinnovo della convenzione. Ribadisce inoltre l’esistenza di un divieto di tacito rinnovo del contratto di lavoro.

10. Le censure possono essere esaminate congiuntamente e sono infondate.

10.1. Nel richiamare le considerazioni già svolte con riguardo al secondo motivo di ricorso, va in primo luogo osservato che il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 57, comma 7 e ss.mm. (codice dei contratti pubblici abrogato con D.Lgs. n. 50 del 2016) di cui si assume la violazione facendosene derivare la nullità della clausola contrattuale, disciplinava “i contratti delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatori, aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere” (art. 1, comma 1) e trovava applicazione “ai contratti pubblici aggiudicati nei settori della difesa e della sicurezza, ad eccezione dei contratti cui si applica il decreto di attuazione della direttiva 2009/81/CE e dei contratti di cui all’art. 6 dello stesso D.Lgs. di attuazione” (art. 1, comma 1 bis). Con il D.Lgs. citato era disciplinato “l’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture” (art. 2) che deve avvenire “nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza; l’affidamento deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonchè quello di pubblicità”. I “contratti” o i “contratti pubblici” a norma dell’art. 3 “sono i contratti di appalto o di concessione aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, o di forniture, ovvero l’esecuzione di opere o lavori, posti in essere dalle stazioni appaltanti, dagli enti aggiudicatori, dai soggetti aggiudicatori”. L’art. 57, comma 7, evocato a fondamento della nullità della proroga vieta “il rinnovo tacito dei contratti aventi ad oggetto forniture, servizi, lavori” è norma di chiusura di una disposizione che regolamenta la “Procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara” inserito Parte II intitolata ai “Contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori ordinari”, titolo I che riguarda i “contratti di rilevanza comunitaria”, Capo III che disciplina “oggetto del contratto, procedure di scelta del contraente e selezione delle offerte” sezione I che regola nel dettaglio “oggetto del contratto e procedure di scelta del contraente”. Si tratta di disposizioni che sono del tutto estranee alla disciplina del rapporto di lavoro con la conseguenza che le richiamate disposizioni non possono costituire un parametro per la valutazione della nullità delle clausole apposte al contratto la cui validità va verificata in base alle regole proprie del particolare contratto di lavoro intercorso tra le parti.

10.2. Per gli altri profili le censure, sebbene rubricate come violazioni di legge, si risolvono nella richiesta di una diversa interpretazione delle clausole contrattuali secondo una ricostruzione più favorevole senza che tuttavia emerga l’errore di interpretazione che si assume essere stato compiuto dalla Corte di merito la quale si è limitata, correttamente, a verificare che la convenzione conteneva una clausola aperta e ad accertare, in fatto, che lo stanziamento era rimasto nel tempo invariato desumendone la persistenza delle condizioni per la rinnovazione del contratto con la P..

11. Il quinto motivo di ricorso con il quale è denunciata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 61 e 67, ed il travisamento delle risultanze istruttorie di primo grado è inammissibile. Premesso che la Corte di merito ha chiarito le ragioni per le quali non ha tenuto conto di alcune dichiarazioni mentre ha valorizzato l’elemento oggettivo della persistenza di uno stanziamento economico per il personale rimasto invariato nel tempo, va qui ribadito che appartene al giudice di merito la scelta delle risultanze istruttorie da porre a fondamento della sua decisione e che per tale aspetto la sentenza è censurabile solo sotto il profilo del vizio di motivazione nel testo risultante dalla novella dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella specie neppure denunciato.

12. Quanto al sesto motivo di ricorso – con il quale è denunciata la violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 67, comma 2, come sostituito dalla L. n. 92 del 2012, per avere la Corte di merito travisato la durata del contratto intercorso tra la P. e l’OICS e riconosciuto un risarcimento del danno commisurato all’intero anno 2012 invece che ad un solo trimestre stante la durata trimestrale dell’originario contratto – va rilevato rilevato che la Corte territoriale nell’interpretare il contratto e nel ritenere ammissibile la proroga ancorata alla durata della convenzione ha coerentemente ritenuto che proprio tale durata, che accertava in fatto essersi protratta per un anno, costituiva il parametro da utilizzare per la liquidazione del danno. Si tratta di ricostruzione che non viola le disposizioni di legge denunciate ed anzi procede ad una interpretazione degli atti coerente con il tenore delle norme contrattuali da applicare, di tal che la censura deve essere rigettata.

13. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2019

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