Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34717 del 30/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2019, (ud. 20/11/2019, dep. 30/12/2019), n.34717

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5768-2012 proposto da:

ALPEGISA DI S.G. SAS, elettivamente domiciliata in ROMA

VIALE GIUSEPPE MAZZINI 142, presso studio dell’avvocato VINCENZO

ALBERTO PENNISI, rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO ANTONIO

MARIA CACOPARDO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE PROVINCIALE DI CATANIA, in persona

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

E contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 15/2011 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. dl

CATANIA, depositata il 12/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/11/2019 dal Consigliere Dott. GIACOMO STALLA.

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. Alpegisa di G.S. & c. sas propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 15/17/11 del 12 gennaio 2011 con la quale la commissione tributaria regionale della Sicilia, in parziale riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo – sebbene con determinazione della sanzione nel minimo ai sensi del D.L. n. 223 del 2006 – l’avviso di irrogazione notificatole dall’agenzia delle entrate in relazione al verbale ispettivo 16 luglio 2003; verbale che aveva rilevato l’impiego di tre dipendenti non risultanti dalle scritture e dall’altra documentazione obbligatoria (D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3, convertito in L. n. 73 del 2002).

La commissione tributaria regionale ha ritenuto, in particolare, che: l’avviso di irrogazione fosse congruamente motivato con riferimento al verbale ispettivo Inps, noto alla società intimata; – il calcolo della sanzione, a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 144/05, dovesse prendere qui a riferimento il minimo della sanzione amministrativa prevista dal D.L. n. 223 del 2006 (modificativo dell’art. 3, comma 3, cit.), in rapporto al periodo intercorrente tra il 1^ gennaio 2003 (anno di constatazione) ed il 16 luglio 2003 (giorno del sopralluogo ispettivo); con esclusione delle giornate non lavorate, perchè festive o per altre ragioni.

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.

Il ricorso, già sospeso ai sensi del D.L. n. 50 del 2017, ex art. 11, comma 8, per eventuale proposizione (non verificatasi) di istanza di definizione, è stato fissato per la decisione in data odierna; in vista di ciò, parte ricorrente ha depositato memoria 9.11.19 chiedendo l’accoglimento del medesimo.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso la società lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3, conv. in L. n. 73 del 2002 come modificato dal D.L. n. 223 del 2006, art. 36 bis, comma 7, lett. a) e b), conv. in L. n. 248 del 2006. Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente applicato, nella specie, un mixtum compositum sanzionatorio risultante, da un lato, dalla disciplina sopravvenuta ex D.L. n. 223 del 2006 cit. e, dall’altro, dalla previgente presunzione assoluta di decorrenza del rapporto di lavoro irregolare dal 1^ gennaio dell’anno di constatazione (disposizione ritenuta illegittima dalla citata sentenza Corte Costituzionale n. 144/05). Sicchè l’illegittimità del criterio adottato dall’agenzia delle entrate (irrogazione del minimo pari al 200% del costo del lavoro, calcolato sulla base dei vigenti CCNL, per il periodo compreso tra il 1 gennaio 2003 e la formalizzazione della constatazione in data 13 novembre 2003) aveva trovato sostituzione con un diverso criterio parimenti illegittimo; perchè basato anch’esso sulla individuazione dell’inizio del rapporto di lavoro al 1 gennaio 2003, nonostante che tale inizio fosse stato determinato dall’Inps, nel verbale di accertamento in questione, in date successive (ricomprese, per i tre lavoratori, tra il 10 ed il 16 luglio 2003).

p. 2.1 Il motivo è fondato.

Il D.L. n. 223 del 2006, art. 36 bis, comma 7, lett. a), conv. in L. n. 248 del 2006, ha stabilito che: “Al D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, art. 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 aprile 2002, n. 73, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 3 è sostituito dal seguente: ‘3. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria è altresì punito con la sanzione amministrativa da Euro 1.500 a Euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di Euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L’importo delle sanzioni civili connesse all’omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a Euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertatà”.

Tale sanzione veniva a sostituire (anche a seguito e per effetto della citata sentenza Corte Cost. n. 144 del 2005) quella già prevista dal D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3, conv. in L. n. 73 del 2002 cit., secondo cui il medesimo illecito veniva punito “con la sanzione amministrativa dal 200 al 400 per cento dell’importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro calcolato sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per il periodo compreso tra l’inizio dell’anno e la data di constatazione della violazione”.

La commissione tributaria regionale ha applicato, nella specie, un trattamento sanzionatorio “misto” basato, da un lato, sulla “nuova” disciplina risultante dal D.L. n. 223 del 2006 cit. e, dall’altro, sulla “vecchia” presunzione assoluta di decorrenza del rapporto di lavoro irregolare dal 1^ gennaio dell’anno di constatazione.

Sennonchè, sulla base della normativa sopravvenuta, la sanzione amministrativa doveva essere applicata con riguardo alla durata effettiva, non presunta, del rapporto di lavoro irregolare; durata effettiva che presupponeva, da parte del giudice di merito, la verifica delle prove fornite dalla società intimata (a superamento della presunzione “relativa” instauratasi a seguito della citata sentenza della Corte Cost. n. 144 del 2005, che ha dichiarato illegittima la presunzione “assoluta” precedentemente desumibile dall’art. 3, comma 3, cit.) circa l’affermato decorso del rapporto da data di molto successiva a quella indicata dalla legge (1^ gennaio) ed asseritamente collocabile tra il 10 ed il 16 luglio 2003.

Soltanto all’esito eventualmente negativo di tale verifica e, dunque, della ritenuta inidoneità probatoria degli elementi forniti dalla società a dimostrazione di tale successiva instaurazione del rapporto, avrebbe potuto la commissione tributaria regionale legittimamente applicare il nuovo regime sanzionatorio tenendo ferma – al contempo – la data presuntiva iniziale del 1^ gennaio. Là dove, all’opposto, qualora la società avesse effettivamente raggiunto la prova così posta a suo carico (circostanza che la ricorrente assume essersi verificata, emergendo la data successiva di instaurazione del rapporto dalle risultanze di causa, e dallo stesso verbale di accertamento Inps), la “nuova” disciplina doveva applicarsi non dall’inizio dell’anno, ma soltanto dalla data così comprovata.

In definitiva, l’aver fatto decorrere la sanzione qui applicabile dal 1^ gennaio 2003 non è dipeso da una valutazione probatoria negativa del giudice di merito circa la data di effettiva decorrenza del rapporto nella concretezza della fattispecie, bensì dalla meccanica applicazione della presunzione legale assoluta esistente prima della citata sentenza della Corte Costituzionale; e da questa eliminata con effetto retroattivo sui rapporti non ancora esauriti.

In ciò è effettivamente ravvisabile la violazione normativa denunciata, considerato che la decorrenza del rapporto da data successiva al 1 gennaio costituiva, come riferisce la stessa sentenza impugnata, oggetto di specifico motivo di appello della società.

p. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso la società lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – nullità della sentenza per insanabile contrasto tra dispositivo e motivazione. Ciò perchè, nel dispositivo, la sentenza impugnata aveva disposto la sanzione ai sensi del cit. D.L. n. 223 del 2006 nella misura minima (Euro 1500 per ciascun lavoratore, con esclusione della maggiorazione di Euro 150,00 per ogni giorno di lavoro effettivo) là dove, nella motivazione, risultava invece l’applicazione altresì di quest’ultima maggiorazione giornaliera.

p. 3.2 Il motivo è infondato.

Il lamentato contrasto non sussiste, dal momento che la disposta applicabilità della sanzione nella misura “minima” ai sensi del D.L. n. 223del 2006 non implicava affatto – come chiaramente evincibile dalla motivazione della sentenza impugnata – l’espunzione della maggiorazione giornaliera prevista dalla legge, appunto contenuta anch’essa dal giudice di appello nel “minimo” edittale di Euro 150. L’integrazione di dispositivo e motivazione rendevano dunque inequivocabile il decisum, così da escludere la lamentata nullità della sentenza; sussistente solo quando il provvedimento risulti effettivamente inidoneo a consentire l’individuazione del concreto comando giudiziale e, conseguentemente, del diritto o bene riconosciuto alle parti (tra le molte, Cass. 26077/15).

p. 4.1 Con il terzo motivo di ricorso la società lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione di legge e carenza di motivazione. Per avere la commissione tributaria regionale ritenuto adeguatamente motivato l’avviso di irrogazione, nonostante che quest’ultimo mancasse dell’indicazione dei meccanismi di calcolo determinativi del costo unitario del lavoro integrante la sanzione.

p. 4.2 Nemmeno questa doglianza può trovare accoglimento.

La commissione tributaria regionale ha preso in esame il motivo di appello concernente l’insufficiente motivazione dell’avviso di irrogazione; e l’ha respinto sul presupposto che quest’ultimo contenesse, al contrario, l’indicazione di tutti gli elementi costitutivi essenziali dell’illecito e del quantum sanzionatorio. In particolare, si afferma che l’avviso di irrogazione si era posto all’esito di una verifica condotta secondo le procedure di accertamento d’imposta e, soprattutto, sulla base di un verbale Inps che, ancorchè non materialmente allegato all’avviso stesso, era ben noto alla società, perchè redatto in sede amministrativa nei confronti di quest’ultima a seguito della pregressa verifica della Guardia di Finanza.

Tale convincimento non appare censurabile nella presente sede di legittimità, anche considerato che dalla stessa descrizione operata dalla società si evince che l’avviso in questione conteneva comunque esplicito richiamo essenziale ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche dell’irrogazione, con la specificazione del criterio di calcolo adottato nella determinazione della sanzione. Ciò deve valere anche per quanto riguarda il richiamo al CCNL applicabile nella specie; vale a dire, ad un atto di natura paranormativa integrante l’ordinamento giuridico e di generale accessibilità e conoscibilità.

Va del resto considerato come la società intimata sia stata in grado ab initio di espletare idonea difesa giurisdizionale, nella piena e completa rappresentazione di tutti i suddetti elementi costitutivi dell’illecito, come emergenti dal verbale ad essa noto.

p. 5. Ne segue, in definitiva, l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con rigetto del secondo e del terzo.

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, la quale rideterminerà la sanzione nella specie applicabile sulla base dei principi su indicati (D.L. n. 223 del 2006, in rapporto alla data effettiva, e non presunta, di insorgenza dei tre rapporti di lavoro irregolari,

e fino alla data già definitivamente accertata del 16 luglio 2003).

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente

procedimento.

PQM

La Corte:

– accoglie il primo motivo di ricorso, respinti il secondo ed il terzo;

– cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Sicilia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2019

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