Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3471 del 11/02/2011

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2011, (ud. 20/12/2010, dep. 11/02/2011), n.3471

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.M.E.T. s.r.l., in amministrazione straordinaria, in persona dei

commissari liquidatori pro tempore, con domicilio eletto in Roma, via

Valadier n. 44, presso l’Avv. Andrea Maria Azzaro che la rappresenta

e difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ATISA-AERO TERMICA s.p.a., con domicilio eletto in Roma, via Ennio

Quirino Visconti, presso l’Avv. Petracca Nicola che la rappresenta e

difende, come da procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma n.

2715/09 depositata il 6 luglio 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 20 dicembre 2010 da Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli;

sentito l’Avv. Massimo Tucci per la ricorrente.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La S.M.E.T. s.r.l., in amministrazione straordinaria, ricorre per cassazione nei confronti della sentenza in epigrafe della corte d’appello che, confermando la decisione del Tribunale di Velletri, ha rigettato la sua domanda di revocatoria fallimentare di pagamenti per complessive L. 1.335.000.000.

Resiste l’intimata con controricorso.

La causa è stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso, nella parte in cui si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere omesso la Corte d’appello di pronunciarsi su parte della domanda, è inammissibile.

Si premette che, come emerge dalla narrazione dei fatti di causa riferiti nell’atto di citazione e riportati pedissequamente nel ricorso, l’Amministrazione straordinaria della S.M.E.T. s.r.l. ha richiesto la revoca di due diverse tipologie di atti solutori asseritamente anomali effettuati in favore della Atisa Aero-Termica Italiana s.p.a.: il pagamento di tre assegni postdatati (al 27.11.1992, al 15.12.1992, al 29.12.1992) per complessive L. 800.000.000 effettuato direttamente dalla stessa società insolvente che li aveva rilasciati; il pagamento di lire 535.000.000 effettuato alla predetta Atisa da parte di RBM s.r.l. in relazione ad un debito della S.M.E.T. Benchè nell’atto di appello la reiezione della domanda da parte del Tribunale fosse stata fatto oggetto di censura in relazione a tutti i pagamenti, come risulta dai motivi riportati in ricorso e come è confermato dalla narrazione dei fatti di causa della stessa sentenza impugnata che riferisce in ordine alla richiesta di revoca per complessive L. 1.335.000.000, la Corte d’appello si è pronunciata, di fatto, unicamente con riferimento al pagamento di L. 535.000.000 effettuato dalla RBM, posto che motiva unicamente in ordine ai presupposti per la revocabilità dell’atto solutorio effettuato dal terzo e tale omissione è censurata sotto il profilo della violazione dell’art. 112 c.p.c. Ciò posto, tuttavia, il ricorrente risulta carente di interesse all’esame del motivo dal momento che, una volta accertata la violazione, la Corte, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, dovrebbe procedere all’esame del merito della domanda e rigettarla posto che “L’assegno postdatato, considerato nella sua obbiettiva idoneità strumentale a costituire mezzo di pagamento equivalente al denaro, non perde le sue caratteristiche di titolo di credito, per cui gli atti estintivi di debiti effettuati con assegni post-datati non costituiscono mezzi anormali di pagamento, e non sono pertanto soggetti alla revocatoria prevista dalla L. Fall., art. 67, comma 1, n. 2 (R.D. 16 marzo 1942, n 267) (Sez. 1, Sentenza n. 4033 del 06/12/1974) e il rilascio degli stessi risale ad oltre un anno prima della dichiarazione di fallimento (intervenuta il 29.3.1994), essendo ratione temporis applicabile l’art. 67 nella formulazione anteriore alle modifiche apportate con il D.L. n. 35 del 2005.

Manifestamente infondato, quando non inammissibile, è anche il motivo nella parte in cui deduce l’omessa motivazione in ordine alla sussistenza di un piano di rientro concordato tra Atisa, S.M.E.T. ed altri di cui si sarebbe avvantaggiata la prima mediante il pagamento da parte di un terzo. A parte infatti l’irritualità di conglobare in un unico motivo profili di censura in diritto e di difetto di motivazione in ordine a circostanze di fatto (Cassazione civile, sez. 1^, 23 luglio 2008, n. 20355) e la rilevanza della questione (di cui infra), sul punto il giudice del merito si pronunciato negando la circostanza e quindi non sussiste la denunciata omissione.

Il secondo motivo di ricorso con il quale si deduce violazione della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 2, e carenza di motivazione in relazione alla ritenuta insussistenza dell’anormalità dei mezzi di pagamento è manifestamente infondato.

Prescindendo dalla censura relativa ai pagamenti con assegni postadati effettuati dalla debitrice che è inammissibile in quanto, come rilevato esaminando il primo motivo, sul punto il giudice del merito non si è pronunciato, la Corte d’appello ha correttamente ritenuto non revocabile il pagamento di un debito della impresa insolvente effettuato da un terzo (la RBM) con denaro proprio (circostanza non contestata) e senza esercizio dell’azione di rivalsa prima della dichiarazione di insolvenza, posto che nessuna lesione del patrimonio dell’insolvente si è verificata dal momento che è solo intervenuta la sostituzione di un creditore con un altro senza modifica dell’ammontare dell’esposizione debitoria: “Nel caso in cui un debito del fallito sia stato saldato da un terzo, la revocabilità del pagamento deve essere esclusa allorchè il terzo abbia impiegato mezzi propri; tanto a condizione che egli non abbia esercitato azione di rivalsa nei confronti del debitore prima ancora del fallimento.

Laddove risulti provato (onere che incombe sul curatore fallimentare) che egli abbia eseguito il pagamento attingendo alla provvista del debitore fallito, la revocabilità è invece indiscussa, purchè ricorrano le ulteriori condizioni postulate dal disposto della L. Fall., art. 67, comma 2” (Cassazione civile, sez. 1^, 12 agosto 2009, n. 18234). Del tutto irrilevante, in proposito, è l’eventuale preventivo accordo sulla modalità di pagamento (circostanza peraltro esclusa dal giudice del merito) dal momento che quand’anche grazie a tale progetto la creditrice Atisa si sia avvantaggiata rispetto ad altri creditori, la circostanza non assume rilievo in subiecta materia, posto che l’operazione non ha coinvolto il patrimonio della debitrice.

Il terzo motivo di ricorso con cui si censura l’impugnata decisione ancora per violazione della L. Fall., art. 67, per avere addossato all’attrice la prova della sussistenza in capo alla creditrice soddisfatta dello stato di insolvenza della debitrice è inammissibile in quanto di una tale affermazione non è traccia nella decisione impugnata.

Il ricorso deve dunque essere rigettato con le conseguenze di rito in ordine alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in complessivi Euro 6.000, di cui Euro 5.900 per spese, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011

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