Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 347 del 13/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 13/01/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 13/01/2021), n.347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11340/2014 R.G. proposto da:

Innova S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’avv. Mauro Maltese, presso cui

elettivamente domicilia in Roma alla via Flaminia n. 388;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t,. rappresentata e

difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è

domiciliata, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 277-21-13 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, pronunciata il 24 settembre 2013, depositata il

14 novembre 2013 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 20 ottobre

2020 dal Consigliere Dott.ssa Giudicepietro Andreina;

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Innova S.p.A. ricorre con un unico motivo avverso l’Agenzia delle entrate per l’annullamento della sentenza n. 277-21-13 della Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito C.t.r.), pronunciata il 24 settembre 2013, depositata il 14 novembre 2013 e non notificata, che ha rigettato l’appello in riassunzione della società contribuente, in controversia relativa all’impugnazione dell’avviso di accertamento per l’anno di imposta 1989, con cui l’amministrazione finanziaria, per quanto ancora di interesse, aveva escluso la deducibilità di perdite e sopravvenienze passive non adeguatamente documentate;

l’Agenzia delle entrate si costituisce e resiste con controricorso;

il ricorso è stato fissato per la Camera di Consiglio del 20 ottobre 2020, ai sensi dell’art. 375, u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;

la società ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 39 e 40, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

secondo la ricorrente, non vi sarebbero stati i requisiti previsti dalla richiamata normativa per giustificare il recupero a tassazione delle componenti negative di reddito, in quanto sarebbe stato onere dell’Ufficio dimostrare la carenza probatoria delle perdite e sopravvenienze passive portate in deduzione;

il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato;

sicuramente inammissibile la doglianza, formulata, per altro, in termini assolutamente generici, relativa alla insufficienza e contraddittorietà della motivazione, secondo la previsione del vecchio art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

costituisce un principio definitivamente affermato quello secondo cui “le disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ed i limiti d’impugnazione della “doppia conforme” ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., u.c., si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, non ha connotazioni di specialità. Ne consegue che il D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3-bis, quando stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546″, si riferisce esclusivamente alle disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di merito” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014);

nel caso di specie il ricorso è del 2014, per cui non può nutrirsi alcun dubbio sull’applicazione della nuova formulazione dell’art. art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, secondo cui può esse oggetto del sindacato di legittimità solo l’omesso esame di un fatto decisivo ed oggetto di discussione tra le parti, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. S.U. 22.9.2014 nr 19881; Cass. S.U. 7.4.2014 n. 8053);

inoltre, in relazione alla contestata violazione di legge, il motivo è anche infondato, perchè ricade sulla contribuente l’onere della prova della deducibilità delle componenti negative di reddito;

nel caso di specie, la contribuente, riportando l’avviso di accertamento, ha evidenziato che il recupero a tassazione riguardava poste passive, che l’amministrazione finanziaria ha ritenuto non fossero deducibili perchè non documentate;

come è stato detto, “in tema di imposte sul reddito d’impresa, in presenza di contestazione dell’Amministrazione finanziaria relativa all’insussistenza di una posta passiva iscritta a bilancio, è onere del contribuente dimostrare l’esistenza e l’ammontare della stessa, oltre che l’inerenza all’attività di impresa esercitata ai fini della deduzione” (Cass. sez. trib., 15/07/2020, n. 14999);

nè risulta contrario al principio sopra riportato quanto affermato dalla C.t.r., che ha ritenuto onere del contribuente dimostrare la deducibilità delle componenti negative di reddito, una volta che l’Ufficio, abbia contestato, con procedimento deduttivo congruamente motivato, l’inattendibilità dei dati relativi ad alcune poste di bilancio;

non si ravvisa, quindi, la violazione di legge denunciata dalla ricorrente;

il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a pagare all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4000,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021

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