Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 347 del 10/01/2011

Cassazione civile sez. II, 10/01/2011, (ud. 23/11/2010, dep. 10/01/2011), n.347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – rel. Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12723-2005 proposto da:

T.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA OSTIENSE 183, presso lo studio dell’avvocato TESTA CARLO,

rappresentata e difesa dall’avvocato LENZI LUISA;

– ricorrente –

contro

QUATTRO DI ROVIGATTI FERNANDA & C DITTA SAS (OMISSIS), in persona

del socio R.F., elettivamente domiciliata in ROMA,

CORSO TRIESTE 87, presso lo studio dell’avvocato ANTONUCCI ARTURO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato POLA DANTE;

– controricorrente –

e contro

B.M.T. ((OMISSIS));

– intimata –

avverso la sentenza n. 1038/2004 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 15/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/11/2010 dal Consigliere Dott. GOLDONI Umberto;

udito l’Avvocato POLA Dante, difensore della resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso,

in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 1996, T.F., comproprietaria di un capannone in (OMISSIS), convenne di fronte a pretore di Ferrara la ditta Quattro di Rovigatti Fernanda e c. sas per ottenere declaratoria del proprio diritto di passaggio, pedonale e carraio, sul terreno della convenuta, su cui si stavano eseguendo opere che ne avrebbero impedito l’utilizzazione e per ottenerne la condanna all’arretramento fino alla distanza legale dei manufatti eseguiti, oltre che al risarcimento dei danno, precisando che fin da 1965 il dante causa della stessa convenuta aveva consentito la costruzione di manufatti ed il transito pedonale per raggiungere la via pubblica. La società convenuta resisteva alla domanda e chiedeva comunque di essere autorizzata alla chiamata in causa della dante causa B.M.T., la quale, nel costituirsi, negava che dagli atti di acquisto dei suoi danti causa emergessero servitù passive a carico del fondo alienato.

Con sentenza del 2000, il tribunale di Ferrara rigettava la domanda e regolava le spese: avverso tale decisione proponeva appello la T., cui resistevano le controparti.

Con sentenza in data 27.4/15.7.2004, l’adita Corte di appello di Bologna rigettava l’impugnazione e regolava le spese; osservava la Corte petroniana che l’atto di donazione e vendita dell'(OMISSIS) non riguardava affatto il fondo dell’appellante, mentre non venne costituita alcuna servitù, tanto meno a favore del fondo della T. che a quella regolamentazione negoziale rimase estraneo. Il riferimento ad una licenza di costruzione rilasciata per la costruzione di una tettoia era assolutamente ininfluente ai fine della soluzione della controversia.

Quanto al dedotto uso pacifico, continuato ed ininterrotto per oltre ventri anni dell’area in questione, le prove testimoniali raccolte non avevano suffragato tale asserto, essendosi l’occupazione protratta tino al fallimento della falegnameria del padre della T., inoltre a titolo di locazione. Non rilevava ai fini del possesso che i manufatti fossero rimasti in piedi fino al 1995, atteso che gli stessi non erano più funzionali all’attività del predetto.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di tre motivi, la T.; resiste con controricorso la Quattro sas, mentre l’altra intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo si lamenta vizio di motivazione si di un punto decisivo della controversia; in particolare, si adduce che nell’atto di donazione- vendita dell'(OMISSIS), si era costituita una servitù di passo a favore del fondo della T., come emergeva dalla lettura, complessiva dell’atto; tale conclusione, tratta da una lettura del documento de quo, riportato solo in parte nel ricorso, contrasta in modo palese con le conclusioni che, dallo stesso atto, erano state tratte dalla sentenza impugnata, che aveva evidenziato come il fondo della T. non fosse stato minimamente toccato dal citato rogito, atteso che lo stesso si trovava a confine con la particella 27/a, a cui carico, come emergeva dall’atto di frazionamento allegato alla suddetta pattuizione, non era stata sancita alcuna servitù. Le considerazioni svolte di seguito in ricorso a tale riguardo appaiono tutte conseguenti a tale vizio di lettura dell’atto de quo e vengono pertanto travolte dalla constatazione di cui si è detto e che dimostra l’insussistenza di una costituzione volontaria della servitù di passaggio. Il motivo non può essere pertanto accolto.

2) Con il secondo mezzo, si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1140 e seg. c.c. in relazione agli artt. 1158 e seg. c.c. ed alla L. Fall., art. 42; si sostiene all’uopo che l’intervenuto fallimento del T. non poteva interrompere l’esercizio del possesso da parte di questi sulla servitù di passaggio e sui manufatti edificati sul terreno della controparte, e che, conseguentemente, sia l’uno che gli altri erano stati acquisiti nel patrimonio della T. per intervenuta usucapione ultraventennale.

I la correttamente argomentato la Corte petroniana sul punto che il terreno era stato concesso al T. in locazione e che successivamente al di lui fallimento, i capannoni strettamente funzionali all’attività di falegnameria, e quindi del tutto abbandonati, erano stati utilizzati dal comune di Scortichino per i festeggiamenti del Carnevale, conseguentemente allo stato di abbandono degli stessi.

3) A prescindere dalla, ritualità o meno della domanda di usucapione proposta dalla T., rimane la constatazione secondo cui il fondo era stato concesso in locazione, mentre la concessione edilizia per la costruzione di una tettoia, funzionale all’esercizio della falegnameria, nulla aggiunge o toglie alla situazione, che solo in (orza di una locazione consentiva il passaggio e l’utilizzo di manufatti tra cui l’erigenda tettoia) al T., senza che le prove testimoniali raccolte avessero provato alcunchè nè in ordine alla interversione nel titolo del possesso, nè in ordine alla durata dello stesso, comunque riferita come infraventennale da parte di tutti i testi, all’in fuori del T., la cui posizione familiare, non poteva non renderlo quanto meno poco attendibile; anche tale motivo non può pertanto trovare accoglimento.

4) Con il terzo mezzo si lamenta violazione dell’art. 91 c.p.c. e omessa motivazione, con riferimento alla condanna della odierna appellante alle spese nei confronti della chiamata in garanzia, assumendosi che tale statuizione era erronea, non avendo mai, nell’intero corso de giudizio di merito, la T. (avanzato domanda alcuna nei confronti della predetta. La doglianza non è fondata;

risulta dalla stessa logica processuale che chi avanza una domanda che induca ragionevolmente la controparte a chiamare altri in garanzia, ove la domanda stessa venga respinta, deve provvedere a rifondere le spese a favore di chi, chiamato in garanzia, siasi costituito per rispondere quale garante, alla infondata pretesa attorea, come da pregressa giurisprudenza di questa Corte (Cass. 1.3.1995, n. 2330 ed altre). Anche tale motivo non merita pertanto accoglimento.

5) Il ricorso deve essere pertanto respinto; le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese a favore della contro ricorrente, che liquida in 2.200,00 Euro, di cui 2.000,00 Euro per onorari, oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2011

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