Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3468 del 11/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 11/02/2021, (ud. 18/11/2020, dep. 11/02/2021), n.3468

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta M.C. – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25810-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ALELA 89 UNO SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO

2, presso lo studio dell’avvocato GUGLIELMO FRANSONI, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCESCO PADOVANI,

PASQUALE RUSSO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4954/2014 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 30/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/11/2020 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO.

 

Fatto

RILEVATO

che con sentenza n. 4954/28/14 la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l’appello proposto dalla Alela UNO s.r.l. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 284/21/12 che aveva rigettato il ricorso proposto da detta società avverso i provvedimenti di irrogazione di sanzioni n. (OMISSIS) e (OMISSIS) con i quali l’Agenzia delle Entrate aveva irrogato sanzioni in relazione ad omesso pagamento dell’IVA in occasione di vendite immobiliari per gli anni di imposta 2004 e 2005;

che la Commissione tributaria regionale ha considerato l’omessa motivazione dei provvedimenti impugnati già dedotta dal contribuente in sede amministrativa e non considerata dal primo giudice che si era limitato a rilevare la motivazione degli atti impugnati che fa solo riferimento a dichiarazioni di terzi acquirenti degli immobili circa il titolo di acconto e non di caparra delle somme corrisposte ed oggetto della mancata applicazione dell’IVA;

che l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo con il quale si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento alle motivazioni degli atti contestati che fanno rinvio anche al PVC e non solo alle dichiarazioni di terzi come invece affermato dalla sentenza impugnata;

che l’Alba 89 UNO s.r.l. resiste con controricorso eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso proposto oltre il termine di legge.

Diritto

CONSIDERATO

che va preliminarmente esaminata l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso proposto il 30 ottobre 2015 come da relata di notifica in atti, oltre il termine di un anno dal 30 luglio 2014 data di pubblicazione della sentenza impugnata;

che l’eccezione è fondata; la sentenza impugnata è stata oggetto di procedimento di correzione di errore materiale deciso con ordinanza del 5 maggio 2015, ma tale procedimento non vale a rimettere nei termini la ricorrente ai sensi dell’art. 288 c.p.c., comma 4, che prevede la decorrenza del termine di impugnazione delle sentenze dalla data di notifica dell’ordinanza di correzione solo relativamente alle parti corrette;

che questa Corte ha più volte affermato il principio secondo cui detta disposizione – in virtù della quale le sentenze assoggettate alla procedura di correzione possono essere impugnate, relativamente alle parti corrette, nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione – è legittimamente riferibile alla sola ipotesi in cui l’errore corretto sia tale da determinare un obbiettivo dubbio sull’effettivo contenuto della decisione, e non già quando l’errore stesso, consistendo in una discordanza chiaramente percepibile tra il giudizio e la sua espressione, possa essere agevolmente eliminato in sede di interpretazione del testo della sentenza, poichè, in tale ultima ipotesi, un’eventuale correzione dell’errore non sarebbe idonea a riaprire i termini dell’impugnazione (Cass., 11 settembre 2009, n. 19668; Cass., 26 novembre 2008, n. 28189; Cass. 20 ottobre 2014, n. 22185). Il ricorso in esame censura la sentenza impugnata non certo in relazione alla parte corretta che riguarda una parola del dispositivo (“legittimi” anzichè “illegittimi”), mentre la sentenza è inequivocabile sia nella motivazione che nello stesso dispositivo che fa riferimento all’accoglimento dell’appello ed alla condanna dell’appellata al pagamento delle spese del grado, ma proprio con riferimento all’accoglimento dell’appello ed al contenuto della motivazione, e non ricorrono dunque i presupposti per l’impugnazione ex art. 288 c.p.c., comma 4;

che il ricorso va conseguentemente dichiarato inammissibile;

che le spese di questo giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso; Condanna l’appellante al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 5.600,00 per onorari, Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15 per cento per rimborsi forfettari, IVA e CAP.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2021

 

 

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