Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34676 del 30/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2019, (ud. 24/10/2019, dep. 30/12/2019), n.34676

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17015-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.D., D.M.P., D.P.G.,

M.A., C.B.M., G.A., DE.PA.GA.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. DONATI 115, presso lo

studio dell’avvocato MARIA ANTONIETTA CAPONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato FRANCESCO LIBELLI;

– controricorrenti –

e contro

LU.MI., GR.PI., LI.MA.LU.,

DE.RA., E.G., P.A., ME.GI.RA.,

D.R.R., F.M., GU.MA.RO.,

C.D.R.F.R., R.A., GA.FR.MA.;

– intimati –

avverso sentenza n. 3339/2016 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LECCE, depositata il 27/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/10/2019 dal Conigliere Dott. MILENA BALSAMO.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. Con un unico ricorso, C.B.M., Lu.Mi., De.Pa.Ga. e D.P.G., Gr.Pi., Li.Ma.Lu., G.A., L.D., De.Ra., E.G., P.A., D.M.P., Me.Gi.Ra., De Raho Rosanna, F.M., Gu.Ma.Ro., C.D.R.F.R., R.A., M.A. e Ga.Fr.Ma. impugnavano gli avvisi di accertamento notificato loro nella qualità di proprietari degli immobili siti nel territorio leccese, con i quali l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato il classamento, con conseguente aumento delle rispettive rendite catastali.

I contribuenti opponevano la carenza motivazionale dell’avviso, nel quale era indicato che lo scostamento tra rapporto tra valore medio del mercato e corrispondente valore medio catastale e l’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, deducendo la mancanza a specifici interventi di riqualificazione urbana, alla misura in cui gli immobili risultavano avvantaggiati dal miglioramento dell’arredo urbano.

La CTP di Lecce, accoglieva i ricorsi, rilevando l’illegittimità degli avvisi di accertamento per difetto di motivazione.

Gli appelli proposti avverso le sentenze di primo grado, una volta riuniti, venivano respinto dalla CTR del Lazio, sul presupposto che “il classamento che ha origine da un atto generale del 29.11.2010, disponendo l’avvio dell’attività revisionale, non si esaurisce nel mero richiamo agli atti della fase prodromica, la quale costituisce la parte comune delle procedure individuali di classamento, con la conseguenza che la compiutezza e la conclusività della motivazione debba essere necessariamente valutata in relazione ai singoli atti finali di classamento”. Affermando di poi la genericità del rinvio a interventi di riqualificazione della viabilità interna e di arredo urbano nel centro storico ed alla mera conoscenza fondata su fatti notori.

L’Agenzia delle Entrate ricorre sulla base di tre motivi per la cassazione della sentenza n. 3339/2016 depositata il 27.12.2016.

C.B.M., De.Pa.Ga. e D.P.G., G.A., L.D., D.M.P., M.A. resistono con controricorso.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLA RAGIONI DI DIRITTO

2. Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), lamentando l’erroneità della decisione impugnata laddove ha ritenuto l’avviso di classamento privo d’idonea motivazione, avendo, al contrario, dato l’atto conto delle ragioni che hanno giustificato, nello specifico, il riclassamento effettuato.

3. Con il secondo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 295 e 39, avendo la sentenza impugnata erroneamente omesso di disporre la sospensione del processo, in considerazione della pendenza di altro giudizio dinanzi al Consiglio di Stato, riguardante la revisione di classamento di unità immobiliari ubicate nelle microzone (OMISSIS) e (OMISSIS) del territorio comunale di Lecce, per le quali era stato rilevato lo scostamento significativo.

4. Con la terza censura, l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione e della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), lamentando l’erroneità della decisione impugnata laddove ha ritenuto l’avviso di classamento privo d’idonea motivazione, avendo, al contrario, dato l’atto conto delle ragioni che hanno giustificato, nello specifico, il riclassamento effettuato.

Deduce, in particolare, che la CTR avrebbe omesso di considerare che la norma in questione sarebbe stata volta a rendere uniforme il mancato aggiornamento delle rendite catastali, attenuando le sperequazioni fiscali all’interno di uno stesso Comune, così consentendo la revisione massiva dei classamenti degli immobili ivi ubicati; sarebbe dunque incorsa in errore di diritto la sentenza impugnata nella parte in cui, ai fini del soddisfacimento dell’obbligo motivazionale degli avvisi di accertamento impugnati, aveva ritenuto necessario che l’atto dovesse pur sempre tener conto dei fattori edilizio – posizionali propri dell’unità immobiliare oggetto di accertamento.

Assume, inoltre, che la CTR avrebbe erroneamente interpretato la norma in questione, volta a rendere uniforme il mancato aggiornamento delle rendite catastali, attenuando le sperequazioni fiscali all’interno di uno stesso Comune, così consentendo la revisione massiva dei classamenti degli immobili ivi ubicati; sarebbe dunque incorsa in errore di diritto la sentenza impugnata nella parte in cui, ai fini del soddisfacimento dell’obbligo motivazionale degli avvisi di accertamento impugnati, aveva ritenuto necessario che l’atto dovesse pur sempre tener conto dei fattori edilizio – posizionali propri dell’unità immobiliare oggetto di accertamento.

5. Preliminarmente occorre esaminare se l’irrituale notifica del ricorso per cassazione nei confronti di Lu.Mi., Gr.Pi., E.G., Me.Gi., D.R.R. e Ga.Fr.Ma., F.M. e R.A., avvenuta presso un difensore diverso da quello che li aveva patrocinati nel giudizio di appello, determina la necessità di integrare il contraddittorio.

Invero, il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per revocazione o per cassazione di una sentenza della Corte di cassazione ai sensi art. 391-bis c.p.c. “prima facie” infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti.(Cass. n. 16141/2019; 12515 del 21/05/2018).

6. Al contrario fondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposto dall’ente finanziario avverso la sentenza che concerne le posizioni di C.B.M. e De.Pa.Ga., vittoriosi nel giudizio di appello a seguito della declaratoria di inammissibilità del gravame proposto dall’Agenzia intempestivamente nei loro confronti.

Detta pronuncia di inammissibilità, difatti, non è stata attinta affatto dal ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia che, in tal modo, non ha colto la ratio decidendi posta a base della pronuncia impugnata anche nei confronti dei predetti.

7. Destituita di fondamento è l’eccezione di inammissibilità dei gravami proposti dall’amministrazione anche con riferimento alle sentenze che hanno interessato tutti i contribuenti, veicolata nel controricorso con una mera difesa, nonostante l’esplicita pronuncia della CTR che ha affermato la rituale impugnazione delle sentenze, evincibile dalla data di spedizione munita di attestazione dell’ufficio (e dunque dotata di fede privilegiata).

Appare necessario precisare che laddove la richiesta di revisione sia stata formulata dalla parte vittoriosa con riferimento al giudizio di merito, il controricorrente deve proporre ricorso incidentale avverso la pronuncia di ammissibilità degli appelli, impugnata dalla sola amministrazione finanziaria (Cass. n. 18648/2018; n. 25357/2018).

Il ricorso incidentale presuppone la soccombenza, la quale non sussiste, con conseguente inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, solo ove lo stesso verta su una parte della motivazione che non abbia dato luogo ad una pronuncia su questione, pregiudiziale di rito o preliminare di merito, sfavorevole alla parte totalmente vittoriosa.

8. Per ragioni di pregiudizialità logico giuridica va anteposto l’esame del secondo motivo che, stima la Corte, è destituito di fondamento.

La questione, posta con il secondo motivo – riguardante l’asserita pregiudizialità del giudizio pendente dinanzi al Consiglio di Stato sull’appello avverso la sentenza del giudice amministrativo, che ha annullato i presupposti atti amministrativi generali (T.a.r. Puglia, sez. Lecce, 11 luglio 2013, n. 1621)- è, difatti, logicamente e giuridicamente irrilevante, attesa l’infondatezza del secondo motivo e la conseguente invalidità del nuovo classamento per irrimediabile vizio genetico di motivazione.

Inoltre, la sentenza impugnata è stata pubblicata il 24 febbraio 2017, allorquando, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 156 del 2015, non ricorreva più un’ipotesi di sospensione necessaria, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., essendo eventualmente applicabile l’art. 337 c.p.c., comma 2, che, in caso di impugnazione di una sentenza la cui autorità sia stata invocata in un separato processo, prevede soltanto la possibilità della sospensione facoltativa di quest’ultimo (Sez. 6-5, n. 29553 del 11/12/2017): di conseguenza, anche a voler superare la considerazione che il vizio denunciato non censura l’art. 337 c.p.c., comma 2, resta il fatto che tale articolo non obbliga il giudice a procedere alla sospensione. Il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 39, comma 1 bis – aggiunto dall’art. 9, comma 1, lett. o), a decorrere dal 1^ gennaio 2016 – (La commissione tributaria dispone la sospensione del processo in ogni altro caso in cui essa stessa o altra commissione tributaria deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa”) non è evidentemente applicabile al caso di specie, essendo la pregiudizialità invocata rispetto al Consiglio di Stato.

5. Il primo ed il terzo motivo, che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto involgono le medesime questioni, sono destituiti di fondamento.

9. La disposizione normativa della quale, com’è incontroverso, nella fattispecie è stata fatta applicazione, prevede che “La revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138 e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 339. L’Agenzia del territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del direttore dell’Agenzia medesima.” (L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335).

La sopra riportata disposizione si inserisce quindi nella più ampia cornice regolativi di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138 che, a sua volta, dispone nei seguenti termini:

– – “1. La zona censuaria rappresenta una porzione omogenea di territorio provinciale, che può comprendere un solo comune o una porzione del medesimo, ovvero gruppi di comuni, caratterizzati da similari caratteristiche ambientali e socio-economiche. L’ambito territoriale del comune ovvero della zona censuaria, qualora costituisca porzione dello stesso, è ulteriormente articolato in microzone, con le modalità di cui all’art. 2.” (art. 1, commi 1 e 2);

– “1. La microzona rappresenta una porzione del territorio comunale o, nel caso di zone costituite da gruppi di comuni, un intero territorio comunale che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socio-economici, nonchè nella dotazione dei servizi ed infrastrutture urbane. In ciascuna microzona le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalenti; essa individua ambiti territoriali di mercato omogeneo sul piano dei redditi e dei valori, ed in particolare per l’incidenza su tali entità delle caratteristiche estrinseche delle unità immobiliari.

2. I comuni provvedono a delimitare nell’ambito del proprio territorio, le microzone, in base ai criteri definiti nel presente articolo e nelle norme tecniche allegate al presente regolamento, con la lett. A….

Qualora siano intervenute significative variazioni nel tessuto edilizio-urbanistico, ovvero nella dotazione di servizi ed infrastrutture, i comuni, sentiti i competenti uffici del dipartimento del territorio ovvero su richiesta dei suddetti uffici, possono procedere ad una nuova delimitazione delle microzone, con deliberazione del consiglio comunale, da comunicare al competente ufficio provinciale del dipartimento del territorio nei termini e con le modalità di cui al comma La deliberazione ha effetto dal 1 gennaio dell’anno successivo.” (art. 2, commi 1, 2 e 5);

– “1. Per ciascuna zona censuaria i competenti uffici del dipartimento del territorio compilano un quadro di qualificazione e classificazione, nel quale sono indicate, con riferimento al quadro generale di cui all’allegato B, tutte le categorie riscontrate nella zona censuaria stessa ed il numero delle classi in cui ciascuna categoria è suddivisa. Per la definizione delle classi gli uffici si avvalgono dei dati rilevati dall’osservatorio dei valori immobiliari del dipartimento del territorio, istituito con decreto 23 dicembre 1992 del Ministro delle finanze, delle informazioni contenute nelle schede previste dalle norme tecniche di cui all’art. 2, comma 2, nonchè dei risultati delle indagini di mercato svolte in sede locale.

2. I quadri di qualificazione e classificazione di cui al comma 1 possono essere oggetto di revisione da parte degli uffici del dipartimento del territorio in conseguenza di intervenute variazioni socio-economiche, ambientali ed urbanistiche di carattere permanente nella zona censuaria.” (art. 4, commi 1 e 2);

– “1. Al fine di determinare la redditività media ordinariamente ritraibile dalle unità immobiliari urbane, al netto delle spese e perdite eventuali, si procede alla revisione delle tariffe d’estimo attualmente vigenti, facendo riferimento ai valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare, con esclusione dei regimi locativi disciplinati per legge. Non sono da assumere, come termini di riferimento, valori e redditi occasionali ovvero singolari.

La revisione delle tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria consiste nella determinazione, per ogni zona censuaria, categoria e classe, della rendita catastale per unità di superficie, di cui all’art. 3, da effettuarsi sulla base:

a) dei canoni annui ordinariamente ritraibili, con riferimento ai dati di mercato delle locazioni. Si applicano le disposizioni di cui al Reg. per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano, artt. da 14 a 26, approvato con D.P.R. 1^ dicembre 1949, n. 1142;

b) dei valori di mercato degli immobili, determinandone la redditività attraverso l’applicazione di saggi di rendimento ordinariamente rilevabili nel mercato edilizio locale per unità immobiliari analoghe, e con l’osservanza del Reg. richiamato nella lett. a), artt. da 27 a 29.

Le tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria sono determinate come media dei valori reddituali unitari individuati con i criteri stabiliti nel presente articolo e con riferimento all’epoca censuaria 1996-1997.” (art. 5, commi 1, 2 e 3);

– “1. Il classamento consiste nell’attribuire alle unità immobiliari a destinazione ordinaria la categoria e la classe di competenza e a quelle a destinazione speciale la sola categoria, con riferimento ai quadri di qualificazione e classificazione di cui all’art. 4.

2. La categoria è assegnata in base alla normale destinazione funzionale per l’unità immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali.

3. La classe, rappresentativa del livello reddituale ordinario ritraibile dall’unità immobiliare nell’ambito del mercato edilizio della microzona, dipende dalla qualità urbana ed ambientale della microzona in cui l’unità stessa è ubicata, nonchè dalle caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende. Per qualità urbana si intende il livello delle infrastrutture e dei servizi; per qualità ambientale si intende il livello di pregio o di degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici ancorchè determinati dall’attività umana.

Nelle procedure valutative di cui al comma 4, la qualità urbana ed ambientale e le caratteristiche edilizie sono espresse attraverso il fattore posizionale ed il fattore edilizio.

Il fattore posizionale è il parametro rappresentativo dei caratteri della microzona, descritti nell’art. 2, nonchè dello stato e della qualità dei luoghi circostanti il fabbricato con particolare riferimento a quelli aventi destinazione pubblica e semprechè siano permanenti e significativi ai fini del classamento.

Il fattore edilizio è il parametro rappresentativo dei seguenti caratteri distintivi del fabbricato e dell’unità immobiliare:

a) dimensione e tipologia;

b) destinazione funzionale;

c) epoca di costruzione;

d) struttura e dotazione impiantistica;

e) qualità e stato edilizio;

f) pertinenze comuni ed esclusive;

g) livello di piano.

I fattori posizionale ed edilizio, espressi in appropriate scale di misura, concorrono alla identificazione del parametro globale d’apprezzamento del livello reddituale per metro quadrato della superficie catastale dell’unità immobiliare.” (art. 8).

7. I dati normativi sopra riassunti, – per come interpretati dallo stesso Giudice delle leggi (Corte Cost., 1^ dicembre 2017, n. 249), esplicitano, quindi, che la revisione “parziale” del classamento delle unità immobiliari consegue, nella fattispecie, dalla specifica (ed esclusiva) valorizzazione del cd. fattore posizionale (art. 8, commi 5 e 6, cit.), qui inteso in riferimento ad “una modifica del valore degli immobili presenti in una determinata microzona” che “abbia una ricaduta sulla rendita catastale” nonchè del fattore edilizio (Corte Cost. n. 249 del 2017, cit.).

La revisione del classamento delle unità immobiliari è dunque correlato in primo luogo alla individuazione della microzona, la quale individua ambiti territoriali di mercato omogeneo sul piano dei redditi e dei valori all’incidenza su tali entità delle caratteristiche ad esso estrinseche (da individuarsi nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socio-economici, nonchè nella dotazione dei servizi ed infrastrutture urbane) (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 1).

Il presupposto della revisione di classamento (esclusivamente) consegue dal mutato assetto di valori (di mercato e catastale) nel rapporto tra microzone comunali, – ove, peraltro, lo stesso corretto accertamento del presupposto in questione implica, al momento della loro determinazione, un’effettiva omogeneità delle microzone (“nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socio-economici, nonchè nella dotazione dei servizi ed infrastrutture urbane”; D.P.R. n. 138 del 1998, art. 2, comma 1), con conseguente uniformità delle unità immobiliari (“per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalenti”) e omogeneità di “ambiti territoriali di mercato… sul piano dei redditi e dei valori, ed in particolare per l’incidenza su tali entità delle caratteristiche estrinseche delle unità immobiliari.” (art. 2, comma 1, cit.).

Come rimarcato (anche) dalle Sezioni Unite della Corte che hanno rilevato che “ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, la ragione giustificativa non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, nè la mera richiesta del Comune, bensì l’accertamento di “una modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona”, attraverso le procedure previste dal successivo comma 339 ed elaborate con la determinazione direttoriale del 16 febbraio 2005 (G.U. n. 40 del 18 febbraio 2005) cui sono allegate linee guida definite con il concorso delle autonomie locali.” (così Cass. Sez. U., 18 aprile 2016, n. 7665).

Laddove, però, (anche) l’indicazione delle “caratteristiche edilizie del fabbricato” (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 7) torna ad assumere (col fattore cd. posizionale) una sua specifica rilevanza per il profilo della motivazione dell’atto (logicamente conseguente a quello che ne identifica i suoi presupposti e) volto a giustificare l’adozione della stima comparativa (avuto riguardo alla cd. unità tipo; v. il D.P.R. 1^ dicembre 1949, n. 1142, art. 61; v. Cass., 6 marzo 2017, n. 5600) in sede di attribuzione della classe e della rendita catastale (D.P.R. n. 138 del 1998, art. 2, comma 1 e art. 8; v., altresì, il D.L. 14 marzo 1988, n. 70, art. 11, comma 1, conv. in L. 13 maggio 1988, n. 154); e, del resto, va ribadito che il valore di mercato rilevante, quale presupposto per la richiesta di riclassamento, non è quello di un singolo immobile bensì il valore medio di mercato di una intera microzona così che, una volta giustificato quest’ultimo (secondo i rapporti di valore posti dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335), rimangono pur sempre da spiegare le ragioni in forza delle quali si sia prodotta una ricaduta (ed in quali termini di classamento e di rendita catastale) sulla specifica unità immobiliare oggetto di riclassamento. Dunque, del detto fattore edilizio deve tenersi conto quale concorrente criterio di determinazione della classe, e della conseguente rendita catastale, attribuiti all’unità immobiliare.

8. In questa prospettiva, ritiene allora la Corte di dover precisare che, come si è più volte osservato, il presupposto della revisione di classamento (esclusivamente) consegue dal mutato assetto di valori (di mercato e catastale) nel rapporto tra microzone comunali, – ove, peraltro, lo stesso corretto accertamento del presupposto in questione implica, al momento della loro determinazione, un’effettiva omogeneità delle microzone (“nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socio-economici, nonchè nella dotazione dei servizi ed infrastrutture urbane”; D.P.R. n. 138 del 1998, art. 2, comma 1), con conseguente uniformità delle unità immobiliari (“per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalenti”) e omogeneità di “ambiti territoriali di mercato… sul piano dei redditi e dei valori, ed in particolare per l’incidenza su tali entità delle caratteristiche estrinseche delle unità immobiliari.” (art. 2, comma 1, cit.) (v., ex plurimis, Cass., 26 settembre 2018, n. 23129; Cass., 21 giugno 2018, n. 16378; Cass., 29 settembre 2017, n. 22900; Cass., 17 febbraio 2015, n. 3156).

La stessa Corte Costituzionale, – nel rilevare che i criteri di determinazione delle tariffe di estimo e delle rendite catastali, che non costituiscono “atti di imposizione tributaria”, debbono ispirarsi a principi di ragionevolezza, potendosi altrimenti integrare “le premesse per l’incostituzionalità delle singole imposte che su di essi si fondino” (così Corte Cost. n. 249/2017; v., altresì, Corte Cost., 24 giugno 1994, n. 263), – ha inteso richiamare al rispetto dell’obbligo di motivazione che, quanto agli “elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare”, “proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento” (Corte Cost. n. 249/2017, cit.).

9. Va, ancora, considerato, – al di là dello stesso ricordato monito del Giudice delle Leggi, – come questa Corte abbia interpretato in termini di modularità la generale portata precettiva dell’obbligo di motivazione, termini, questi, qual correlati alle specifiche discipline di ciascun tributo, alla funzione assolta da ciascun atto impositivo e, conclusivamente, alla maggiore o minore articolazione della medesima fattispecie costitutiva del potere (v., ex plurimis, Cass., 17 maggio 2017, n. 12251; Cass., 16 marzo 2015, n. 5190; Cass., 28 novembre 2014, n. 25329; Cass., 20 giugno 2013, n. 15495; Cass., 3 agosto 2012, n. 14027; Cass., 10 giugno 2009, n. 13335; Cass., 7 maggio 2008, n. 11082; Cass., 16 dicembre 2005, n. 27758).

Ed è, giustappunto, (anche) in tale prospettiva che vanno letti, qui con riferimento all’obbligo di motivazione rigorosa delle “concrete ragioni che giustificano il provvedimento” che costituisce esito di un’operazione a “carattere “diffuso” (Corte Cost. n. 249/2017, cit.), – i progressivi arresti che sono venuti emergendo nella giurisprudenza della Corte quanto alla congruità della motivazione; congruità riconosciuta in relazione alla stessa dichiarazione di accatastamento presentata dal contribuente (rispetto alla quale si è ritenuta sufficiente l’indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’Ufficio tecnico e della classe conseguentemente attribuita all’immobile; v. Cass., 3 aprile 1992, n. 4085 cui adde Cass., 30 giugno 2011, n. 14379; Cass., 11 gennaio 2006, n. 333; Cass., 1 luglio 2004, n. 12068), ovvero alla dichiarazione presentata secondo la procedura cd. Docfa (anche qui rilevando come sufficiente l’indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’ufficio e della classe conseguentemente attribuita all’immobile; v., ex plurimis, Cass., 9 luglio 2018, n. 17971; Cass., 3 febbraio 2014, n. 2268; Cass., 21 luglio 2006, n. 16824; Cass., 7 giugno 2006, n. 13319), salvo l’obbligo di motivazione, nel contesto di detta procedura Docfa, della rettifica dei dati esposti nella dichiarazione, con conseguente necessità di una motivazione più approfondita volta ad evidenziare le ragioni della immutazione degli “elementi di fatto” indicati nella proposta formulata dalla parte (v., ex plurimis, Cass., 22 maggio 2019, n. 13778; Cass., 7 dicembre 2018, n. 31809; Cass., 23 maggio 2018, n. 12777; Cass., 16 giugno 2016, n. 12497; Cass., 24 aprile 2015, n. 8344; Cass., 31 ottobre 2014, n. 23237).

Laddove, allora, a fronte di una più complessa articolazione delle fattispecie costitutive del potere (di riclassamento delle unità immobiliari), qual’è quella in trattazione, si è venuto a delineare, in termini speculari, un più esteso ambito delle ragioni giustificative dell’esercizio del potere stesso e, con queste, della motivazione che le racchiude; motivazione, questa, che allora deve estendersi agli (specifici) presupposti giustificativi del riclassamento, ed alle conseguenti ricadute, non potendosi più risolvere nella sola indicazione della consistenza, della categoria e della classe attribuita all’unità immobiliare oggetto di riclassamento (v., con riferimento alla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 58, Cass., 23 ottobre 2017, n. 25037; Cass., 6 febbraio 2015, n. 2184; Cass., 30 luglio 2014, n. 17322; Cass., 20 settembre 2013, n. 21532; in relazione alla L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 335 e 336, v., altresì, Cass., 31 ottobre 2014, n. 23247; Cass., 3 luglio 2013, n. 16643; Cass., 8 marzo 2013, n. 5784; Cass., 13 giugno 2012, n. 9629).

10. Il motivo di ricorso in trattazione non considera, pertanto che, – sia pur esplicitate le ragioni fondative (ed i relativi dati fattuali) della procedura di revisione delineata dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, – l’atto attributivo della nuova rendita catastale (qual conseguente alla diversa classe identificativa del superiore “livello reddituale ordinario ritraibile dall’unità immobiliare”; D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, comma 3) deve esso stesso indicare in quali termini il mutato assetto dei valori medi di mercato e catastale (recte del loro rapporto), nel contesto delle microzone comunali previamente individuate, abbia avuto una ricaduta sul singolo immobile (sulla sua classe e rendita catastale), “così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare” (Corte Cost., n. 249/2017).

E, nella fattispecie, la gravata sentenza da conto (correttamente, sul punto) di un radicale difetto di motivazione dell’atto impugnato, (per analoghe conclusioni, sulla specifica vicenda in trattazione, v., poi, Cass., 8 aprile 2019, n. 9770; Cass., 10 dicembre 2018, n. 31829; Cass., 5 novembre 2018, n. 28076; Cass., 2 novembre 2018, n. 28035).

Il tenore dell’atto impugnato, per come riassunto nella sentenza d’appello ed indicato nei suoi tratti essenziali nello stesso ricorso, non risponde affatto proprio a quei requisiti primi e indefettibili sopra indicati. Nella specie mancano proprio quei dati primigeni ed essenziali del peculiare procedimento valutativo delineato dal comma 335 e dalle fonti normative integrative, apprestandosi da parte del fisco un compendio motivazionale affidato a formule stereotipate e di stile, se non meramente riproduttive di precetti normativi. Il che dà luogo a una motivazione sostanzialmente figurativa e praticamente apparente, che, nel caso specifico, non può nemmeno essere etero-integrata con riferimento ad elementi resi comunque disponibili ovvero conoscibili (L. 7 agosto 12.G. 4157/2018 -5- 1990, n. 241, art. 3, comma 3), attesa la laconicità della presupposta determinazione direttoriale del 28 novembre 2010 (G.U., n. 286 del 07/12/2010; v. legge finanziaria 2008, art. 1, comma 361).

Il vizio motivazionale dell’atto impugnato è, dunque, genetico e di per se stesso di gravità tale da invalidarlo nella sua interezza.

11. In considerazione dell’evoluzione giurisprudenziale, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese del presente giudizio.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1 – quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2019

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