Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34657 del 16/11/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/11/2021, (ud. 08/07/2021, dep. 16/11/2021), n.34657

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1522-2020 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

D.R.E.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4673/5/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata il 28/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE

CATALDI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza di cui all’epigrafe, con la quale, per quanto qui interessa, la Commissione tributaria regionale della Campania – sezione staccata di Salerno, oltre ad aver accolto l’appello principale erariale, ha parzialmente accolto l’appello incidentale condizionato di D.R.E. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Avellino, che aveva accolto il ricorso della stessa contribuente titolare di ditta individuale, contro l’avviso d’accertamento induttivo emesso, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, nei suoi confronti, per l’anno d’imposta 2011, in materia di Irpef, Irap ed Iva.

La contribuente è rimasta intimata.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo l’Agenzia ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19.

Assume infatti la ricorrente che il giudice a quo avrebbe erroneamente ritenuto legittima la detrazione Iva derivante da operazioni che ha qualificato come oggettivamente non controverse, nonostante non fosse stata presentata la relativa dichiarazione obbligatoria e la contribuente non avesse assolto agli obblighi rilevanti in materia, non avendo tenuto correttamente le fatture, non avendo registrato queste ultime e non avendo fatto la comunicazione dei dati Iva. Sostiene, in particolare, la ricorrente che la violazione degli obblighi in questione avrebbe avuto un’incidenza sostanziale sulla detrazione, in quanto non avrebbe consentito comunque di ritenere provati la liquidazione ed il pagamento dell’Iva da parte della contribuente e, quindi, le condizioni effettive che ne avrebbero giustificato la detrazione.

Il motivo è inammissibile.

Invero la sentenza impugnata, per quanto sinteticamente, ha dato atto di aver accertato in fatto, nonostante la mancata presentazione della dichiarazione Iva da parte della contribuente, che quest’ultima, con riferimento ad operazioni oggettivamente non controverse, aveva effettivamente versato l’imposta in questione nella misura in rapporto alla quale le è stato quindi riconosciuto il diritto alla detrazione. Esplicitamente, la CTR ha rilevato che, ai fini del predetto accertamento, fosse concretamente irrilevante l’omessa presentazione della dichiarazione.

Non è pertanto ammissibile in questa sede di legittimità la pretesa della ricorrente di rimettere in discussione tale valutazione in fatto del giudice di merito, poiché “E’ inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito.” (Sez. U -, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019).

Tanto premesso in fatto, in diritto la pronuncia della CTR si riporta ad un principio, in tema di rilevanza della prova del rispetto dei requisiti sostanziali in materia di Iva, già espresso da questa corte, secondo cui ” In tema di IVA, il diritto alla detrazione deve essere riconosciuto anche nel caso di violazione di requisiti formali di cui alla Dir. n. 77/388/CEE, (cd. sesta direttiva), artt. 18 e 22 – quali la mancata redazione delle dichiarazioni periodiche o di quella annuale, ovvero l’omessa tenuta del registro IVA acquisti – qualora il contribuente dimostri, mediante fatture o altra idonea documentazione contabile, il rispetto dei requisiti sostanziali di cui alla citata direttiva, art. 17, purché detto diritto venga esercitato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello nel quale è sorto ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8, comma 3″ (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 19938 del 27/07/2018).

2. Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la ricorrente agenzia deduce la nullità della sentenza impugnata, a causa della mera apparenza della sua motivazione, in ordine all’accoglimento dell’appello incidentale della contribuente in punto di costi deducibili, che la CTR ha riconosciuto in misura superiore a quella riconosciuta dall’ufficio nell’accertamento.

Il motivo è inammissibile.

Infatti, “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; conforme, ex multis, Cass., Sez. 3 -, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).

Nel caso di specie non ricorre alcuna delle predette fattispecie, in quanto la CTR, per quanto sinteticamente, ha motivato il riconoscimento di maggiori ricavi con riferimento ai costi essenziali di produzione e delle materie prime ed ai prezzi praticati.

La circostanza che, nella motivazione, il giudice d’appello abbia espresso i costi in termini percentuali non ne comporta peraltro necessariamente la determinazione meramente forfettaria ed equitativa, essendo finalizzata piuttosto a rendere conto della misura della discrasia con la valutazione operata già dall’Ufficio nell’accertamento, che infatti, nella parte precedente dello stesso punto di motivazione, la CTR ha prima espresso in quantitativo monetario e poi ha tradotto in percentuale.

In ogni caso, qualora la ricorrente avesse voluto censurare la legittimità del criterio utilizzato per giungere alla determinazione dei costi avrebbe dovuto censurare la decisione sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di legge; mentre, qualora avesse inteso criticare in fatto il relativo accertamento, avrebbe potuto farlo tramite il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nei ristretti ambiti in cui esso lo consente.

E’ invece inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Sez. U -, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019).

Ferma l’inammissibilità del motivo, va altresì sottolineato che nel caso di specie, nel quale la ricorrente ha rilevato l’omessa presentazione delle dichiarazioni obbligatorie da parte della contribuente, la determinazione, anche induttiva, pure dei costi costituisce una componente necessaria dell’accertamento. Infatti “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di omessa dichiarazione da parte del contribuente, l’Amministrazione finanziaria, i cui poteri trovano fondamento nel D.P.R. n. 600 del 1973 (cd. accertamento d’ufficio), non già nell’art. 38 (accertamento sintetico) o nell’art. 39 (accertamento induttivo), bensì nell’art. 41, può ricorrere a presunzioni cd. supersemplici, anche prive, cioè, dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, che comportano l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, ma deve, comunque, determinare, sia pure induttivamente, i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, senza che possano operare le limitazioni previste dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 (ora art. 109), in tema di accertamento dei costi, disciplinando tale norma la diversa ipotesi in cui una dichiarazione dei redditi, ancorché infedele, sia comunque sussistente.

L’Amministrazione finanziaria deve, quindi, ricostruire il reddito del contribuente tenendo conto anche delle componenti negative emerse dagli accertamenti compiuti ovvero, in difetto, determinate induttivamente, al fine di evitare che, in contrasto con il principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., venga sottoposto a tassazione il profitto lordo, anziché quello netto.” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 2581 del 04/02/2021).

La motivazione resa dalla CTR ha attinto quindi l’esito, in fatto, di tale legittima determinazione.

2. Nulla sulle spese, essendo rimasta intimata la contribuente.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2021

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