Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34656 del 30/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2019, (ud. 10/10/2019, dep. 30/12/2019), n.34656

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27060-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA ARCHIMEDE

28, presso lo studio dell’avvocato FERRUCCI FLAMINIA, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1021/2018 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 20/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/10/2019 dal Consigliere Dott. RUSSO RITA.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – P.G. ha impugnato l’avviso di accertamento emesso dalla Agenzia delle Entrate Ufficio di Roma con il quale sono stato riclassato un immobile che egli ha in comproprietà con la moglie, sito in Roma, nell’ambito di un procedimento per revisione parziale del classamento del centro storico ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335.

2. – Il contribuente lamenta il difetto di motivazione dell’avviso. La CTP accoglie parzialmente il ricorso attribuendo all’immobile una classe diversa. La CTR del Lazio, adita in appello dall’Agenzia, ne rigetta l’appello e accoglie invece l’appello incidentale del contribuente, ritenendo l’avviso privo di adeguata motivazione.

3. – La Agenzia ricorre per cassazione affidandosi ad un unico motivo. Resiste il contribuente con controricorso.

Diritto

RITENUTO

Che:

4.- Con l’unico motivo di ricorso, L’Agenzia in primo luogo eccepisce la mancata integrazione del contraddittorio nei gradi di merito perchè l’immobile è in comproprietà tra P.G. M.C. (moglie del P.), la quale ha proposto autonomo ricorso avverso il separato avviso che le è stato notificato, processo che ha avuto esito sfavorevole alla Agenzia e la cui sentenza è passata in giudicato, per mancanza di impugnazione. Secondo l’agenzia sussisterebbe un litisconsorzio necessario e la mancata integrazione del contraddittorio comporta la nullità della sentenza nonchè il rischio della contraddittorietà dei giudicati. Nel merito lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, deducendo l’avviso presenta tutti i requisiti richiesti dalla norma, che autorizza una revisione massiva, essendo sufficiente, ai fini del riclassamento previsto dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, indicare il presupposto della rettifica fare riferimento allo scostamento dei valori valore nella microzona.

Il motivo è infondato.

Deve qui premettersi che il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue, in particolare quando il ricorso appaia prima facie infondato (Cass. 2723/2010; Cass., n. 12515/2018; Cass. 16141/2019). Deve quindi ricordarsi che il litisconsorzio necessario in materia tributaria ha disciplina autonoma rispetto a quella del codice di procedura civile, perchè il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, non costituisce, come l’art. 102 c.p.c., una norma in bianco, ma individua espressamente nella inscindibilità della causa, determinata dall’oggetto del ricorso, il presupposto per l’operatività dell’istituto e colloca il litisconsorzio in una dimensione esclusivamente processuale, in quanto strutturalmente (e strettamente) collegato alla domanda proposta in giudizio (Cass. sez. un. 1052/2007).

Esaminando ora la dimensione processuale del caso di specie, si rileva che sebbene il bene sia in comproprietà, sono stati spediti due separati avvisi, separatamente impugnati e annullati entrambi per difetto di motivazione. La prima decisione, resa su impugnazione della comproprietaria del bene (moglie del P.), è già passata in giudicato. Anche l’avviso di opposto dal P. è stato annullato, in accoglimento dell’appello incidentale, per difetto di motivazione, e la impugnazione avverso questa decisione, proposta dalla Agenzia, come appresso si dirà, è infondata.

La questione è quindi delineata, avuto riguardo al thema decidendum della presente controversia e al decisum della sentenza resa nei confronti della moglie del ricorrente, come una questione che riguarda la adeguatezza della motivazione di due separati avvisi di accertamento. Sotto questo profilo non può paventarsi, per la mancanza in questo giudizio della comproprietaria, nè il rischio di una sentenza inutilter data nè una possibile contraddittorietà di giudicati. In particolare su quest’ultimo punto, la Corte ha già esaminato analoga questione, osservando che “l’annullamento dell’avviso di accertamento per un vizio di motivazione è una decisione che pur se passata in giudicato non estende i suoi effetti ad altre controversie, anche se tra le stesse parti, che riguardano il medesimo rapporto tributario, non involgendo il merito della pretesa tributaria (in arg. Cass. sez. un. 13916/2006) e pertanto non si crea contrasto con il giudicato -di merito- già intervenuto tra l’ente impositore e la comproprietaria” (Cass. 23051/2019). L’oggetto del presente ricorso è appunto la sufficienza o meno della motivazione dell’avviso di accertamento, atteso che, nella prospettazione del contribuente, accolta dalla CTR, l’Ufficio avrebbe dovuto evidenziare elementi specifici riferiti alle unità immobiliari in questione e non soltanto fare riferimento allo scostamento dei valori.

Invece, secondo l’Ufficio il mero riferimento alla microzona e al significativo scostamento tra i valori medi di mercato e il valore catastale, contenuto nell’avviso impugnato, sè una motivazione congrua e sufficiente ai fini della revisione del classamento operata in base alla L. n. 311/2004. Nell’avviso si legge infatti che il riclassamento è avvenuto “in considerazione della posizione dell’unità immobiliare all’interno della zona censuaria e microzona e della migliorata qualità del contesto urbano”.

4. -1 La fattispecie di cui si tratta è una specifica ipotesi di

revisione del classamento di un immobile urbano su iniziativa dell’amministrazione comunale, prevista dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, che così dispone: “La revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 339. L’Agenzia del territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del direttore dell’Agenzia medesima”.

Le sezioni unite di questa Corte (Cass. s.u. n. 7665/2016) hanno affermato che, quando si procede all’attribuzione di ufficio di un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, l’Agenzia competente deve specificare se il mutamento è dovuto ad una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare e, nel caso, indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano, trattandosi di uno dei possibili presupposti del classamento e cioè di uno dei possibili fattori che possono determinare un aumento straordinario (superiore alla media) del valore economico medio delle unità immobiliari presenti nella zona.

In particolare quando si tratta di un mutamento di rendita inquadrabile nella revisione del classamento delle unità immobiliari private site in microzone comunali ai sensi del citato comma 335, la ragione giustificativa non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, nè la mera richiesta del Comune, bensì l’accertamento di una modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure previste dal successivo comma 339 ed elaborate con la Det. direttoriale 16 febbraio 2005 (G.U. n. 40 del 18 febbraio 2005), cui sono allegate linee guida definite con il concorso delle autonomie locali. Ciò che rileva, ai fini che qui interessano, è il maggior incremento del valore medio di mercato di quella zona rispetto all’incremento del valore medio di mercato degli immobili nell’intero territorio comunale. Per effettuare tale valutazione comparativa degli incrementi di valore, la norma utilizza come termine di partenza il valore della rendita catastale, sulla base dell’implicito presupposto che essa sia stata determinata a suo tempo, per tutti gli immobili, in misura equivalente al rispettivo valore di mercato o comunque ad una pari quota di esso. In tal modo, la revisione di cui al comma 335 è funzionale alla presa in considerazione, a fini di perequazione e riallineamento, degli incrementi di valore di mercato interessanti l’intera microzona e quindi, indirettamente, le unità immobiliari in essa comprese e non anche a correggere eventuali errori di valutazione in sede di determinazione originaria della rendita catastale relativa alla singola unità immobiliare e neppure ad aggiornare il classamento di esse in dipendenza di migliorie edilizie ad esse apportate. Ne consegue che se l’amministrazione intende procedere alla revisione del classamento ai sensi dell’art. 1, comma 335, dovrà seguire un iter scomponibile, sul piano funzionale, in due fasi. Nella prima l’amministrazione – su cui grava sempre l’onere di dedurre e provare la causa petendi giustificativa dell’accertamento – ha l’onere di accertare, e preliminarmente, di specificare in modo chiaro, preciso e analitico, e quindi di provare i presupposti di fatto che legittimano nel caso di specie la c.d. riclassificazione di massa. Nella seconda fase l’amministrazione ha l’onere di dedurre e provare i parametri, i fattori determinativi ed i criteri per l’applicazione della riclassificazione alla singola unità immobiliare.

4.2. – La Corte costituzionale, con la sentenza n. 249 del 2017, nel respingere la eccezione di legittimità costituzionale avverso il peculiare strumento introdotto dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, afferma che l’obbligo della motivazione in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento. In particolare la Consulta ha osservato che “E’ bene ricordare, peraltro, che la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”.

Di conseguenza, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento in termini sintetici e quindi generici al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, senza specificare le fonti, i modi e i criteri con cui questi dati sono stati ricavati ed elaborati. Viceversa, l’atto deve contenere l’indicazione: a) degli elementi che hanno in concreto interessato una determinata microzona; b) di come essi incidano sul diverso classamento della singola unità immobiliare.

Inoltre è importante che sia specificata la data alla quale fa riferimento la rilevazione della media dei valori medi catastali e la data della rilevazione della media dei valori di mercato. Senza una piena coincidenza delle date di rilevazione, le comparazioni tra zona e zona ipotizzate dalla norma perdono di significato e non dimostrano la capacità contributiva all’attualità.

Questa Corte (Cass. n. 10403/2019) ha già affermato che “anche la procedura prevista dal comma 335 cit., pur a fronte del relativo presupposto, non può sottrarsi all’applicazione dei parametri previsti, in via ordinaria, dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 154, lett. e), il quale impone che si tenga conto, nel medesimo contesto cronologico, dei caratteri specifici di ciascuna unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l’unità è sita, siccome tutti incidenti comparativamente e complessivamente alla qualificazione della stessa (Cass. n. 4712 del 09/03/2015). Ne consegue che non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, allorchè da questi ultimi non risultino gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) incidenti, in concreto, sul diverso classamento (Cass. n. 3156 del 17/02/2015, Cass. n. 22900 del 29/09/2017)”.

Sussiste quindi la necessità che nell’avviso di accertamento l’obbligo motivazionale sia assolto in modo rigoroso, con la precisazione delle ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a modificare d’ufficio il classamento originario e non già facendo richiamo agli astratti presupposti normativi che hanno giustificato l’avvio della procedura (ex multis: Cass. 3156/2015, Cass. 22900/2017; Cass. 16368/2018; Cass. n. 361/2019) L’amministrazione comunale è tenuta ad indicare in modo dettagliato quali siano stati gli interventi e le trasformazioni urbane che hanno portato l’area alla riqualificazione non essendo sufficiente far richiamo ad espressioni di stile del tutto avulse dalla situazione concreta (cfr. Cass. n. 3156/2015).

4.2. – In definitiva, il contribuente, assoggettato all’iniziativa dell’ente, rivolta a modificare un quadro già stabilizzato di definizione della capacità contributiva, deve essere posto in condizione di poter compiutamente controllare e se del caso contestare – sul piano giuridico oltre che sul piano fattuale – la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della revisione del classamento di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335. Ciò comporta un obbligo di motivazione che non può ritenersi assolto quando il provvedimento è motivato solo con riferimento al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento. Così di recente questa Corte si è espressa: “l’obbligo di motivazione assume una connotazione più ampia anche quando l’Agenzia del territorio muta d’ufficio il classamento ad un’unità immobiliare che ne risulti già munita; in tal caso la dilatazione della componente motivazionale si giustifica per il fatto che, andando ad incidere su valutazioni che si presumono già verificate in termini di congruità, è necessario mettere in evidenza gli elementi di discontinuità che ne legittimano la variazione” (Cass. 19990/2019).

Giova anche evidenziare che la motivazione dell’atto di riclassamento non può essere integrata dall’Amministrazione finanziaria nel giudizio di impugnazione avverso lo stesso (vedi da ultimo Cass. n. 25450/2018 e n. 6065/ 2017), nè il fatto che il contribuente abbia potuto svolgere le proprie difese vale a rendere sufficiente la motivazione, al fine di non legittimare un inammissibile giudizio ex post della sufficienza della motivazione, argomentata dalla difesa svolta in concreto dal contribuente, piuttosto che un giudizio ex ante basato sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione a consentire l’effettivo esercizio del diritto di difesa.

Ciò vale anche per i mutamenti di classe perchè, se è vero che l’attribuzione di una determinata classe è indubbiamente correlata alla qualità urbana del contesto in cui l’immobile è inserito (infrastrutture, servizi, eccetera), e alla qualità ambientale (pregio o degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici) della zona di mercato immobiliare in cui l’unità stessa è situata, tali caratteristiche generali vanno sempre individuate in concreto, in riferimento alla specifica porzione di territorio in cui sì inserisce la revisione, individuando gli effettivi interventi urbanistici e le attività realmente incidenti sulla migliore qualità dell’utilizzo degli immobili della zona (v. Cass. 19990/2019).

Così fissati i principi, il ricorso della Agenzia non può essere accolto.

Quanto alle spese di giudizio, il contribuente è vittorioso, ma il progressivo consolidamento della giurisprudenza in materia giustifica la integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Compensa le spese

Così deciso in Roma, camera di consiglio, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2019

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