Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34646 del 30/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 30/12/2019), n.34646

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21684-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

S.V.M., elettivamente domiciliata in ROMA VIA DI

TORRE SPACCATA 161, presso lo studio dell’avvocato ANNA CLAUDIA

SALLUZZO, rappresentata e dall’avvocato DANIELE GUZZETTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1458/2016 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CATANIA, depositata il 13/G4/2016;

L la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dei

09/10/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.

Fatto

RILEVATO

Che:

l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza n. 1458/34/2016, depositata il 13.04.2016 dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Sez. Staccata di Catania, con la quale, confermando la decisione del giudice tributario di primo grado, era riconosciuto a S.V.M. il diritto al rimborso nella misura del 90% delle imposte versate negli anni 1990/1992, in applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, regolante la definizione agevolata dei rapporti fiscali dei residenti delle province di Siracusa, Ragusa e Catania, colpite dal sisma del 13 e del 16 dicembre 1990, così annullando il silenzio rifiuto opposto dalla Amministrazione.

Ha riferito che il contenzioso traeva origine dalla richiesta di rimborso delle imposte già versate dal S. e dall’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dalla Agenzia. Con sentenza n. 704/02/2013 la Commissione Tributaria Provinciale di Catania, per la parte che qui interessa, aveva accolto la domanda del contribuente e, con la sentenza ora impugnata, la Commissione Tributaria Regionale aveva rigettato l’appello dell’Ufficio, riconoscendo al contribuente anche il diritto alla percezione degli interessi sugli importi riconosciuti a rimborso.

L’Agenzia censura la sentenza con due motivi:

con il primo per violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, secondo periodo, nonchè della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, dell’art. 14 preleggi, in relazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto sussistenti le condizioni per la concessione del rimborso;

con il secondo per violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, nn. 2 e 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per essere viziata da motivazione inesistente o apparente, e pertanto nulla.

Ha chiesto pertanto la cassazione della sentenza, con ogni conseguente statuizione.

Si è costituito il contribuente, che preliminarmente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, per essere stata decisa la questione di diritto dal giudice regionale in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di legittimità. Ha peraltro eccepito l’inammissibilità del ricorso anche in riferimento alla violazione delle prescrizioni previste nell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, per difetto di autosufficienza. Nel merito “ha contestato le ragioni del ricorso dell’Ufficio, di cui ne ha chiesto il rigetto.

Il contribuente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Esaminando per ordine logico l’eccezione preliminare sollevata dal controricorrente, essa è infondata perchè l’ipotesi di inammissibilità ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, non trova applicazione con riguardo al secondo motivo di ricorso. Peraltro, al momento della sua proposizione, mentre risultava ormai pacifico l’orientamento della giurisprudenza di legittimità con riguardo al diritto al rimborso, non altrettanto consolidate erano le soluzioni relative alla legittimazione della richiesta di rimborso nel rapporto tra sostituto d’imposta e sostituito.

Neppure fondata è l’eccezione di inammissibilità per difetto degli elementi richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6. A differenza di quanto rilevato dalla difesa del controricorrente il ricorso osserva correttamente i contenuti richiesti dalla norma, con chiara esposizione dei fatti di causa e specificità dei riferimenti agli atti processuali, senza che possa denunciarsi il difetto di autosufficienza.

Venendo al ricorso, deve preliminarmente esaminarsi la denunciata nullità della sentenza, che se fondata assorbirebbe l’esame del primo motivo.

Con il secondo motivo in particolare l’Agenzia si duole della motivazione apparente della sentenza del giudice regionale. Vi è apparente motivazione della sentenza ogni qual volta il giudice di merito ometta di indicare su quali elementi abbia fondato il proprio convincimento, nonchè quando, pur indicandoli, a tale elencazione ometta di far seguire una disamina almeno chiara e sufficiente, sul piano logico e giuridico, tale da permettere un adeguato controllo sull’esattezza e logicità del suo ragionamento. Ebbene, nel caso di specie la Commissione Tributaria Regionale ha motivato la decisione con argomentazioni che, ancorchè sintetiche, si rivelano chiare ed esaustive, inquadrando la vicenda, ossia la richiesta di rimborso del 90% delle imposte già pagate per gli anni 1990/1992, e riconoscendo la tempestività della domanda presentata dal Saluzzo ed il suo diritto al rimborso per le imposte versate nella misura superiore al 10%. Nè l’Agenzia ha anche solo riferito eventuali altre ragioni di impugnazione sollevate avverso la sentenza di primo grado e non trattate dal giudice d’appello. Il motivo non trova dunque accoglimento.

E’ infondato anche il primo motivo, con il quale l’Ufficio sostiene l’erroneità della decisione, insistendo sulla insussistenza delle condizioni per la concessione del rimborso ai contribuenti che abbiano già versato le imposte. A tal fine si dilunga sia sulla natura della agevolazione fiscale concessa, a suo dire, ai soli contribuenti che non avevano ancora regolarizzato il rapporto d’imposta relativo agli anni 1990/1992 nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa, sia sulla esclusione dalla agevolazione dei lavoratori dipendenti, che le imposte le avevano già versate, sia sul diritto riconoscibile a favore dei soli sostituti d’imposta.

Il motivo è infondato per le numerose ragioni e per gli interventi normativi che hanno definitivamente chiarito l’ampiezza delle categorie dei soggetti beneficiati dalla disciplina agevolativa introdotta con la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17.

Con principio ormai consolidato questa Corte ha affermato che in tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991 e 1992, prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, la definizione può avvenire in due simmetriche possibilità: in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10% del dovuto; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90% di quanto versato a medesimo titolo. Ciò per effetto dell’intervento normativo citato, cui va riconosciuto il carattere di ius superveniens favorevole al contribuente, tale da rendere quanto già versato non dovuto ex post (Cass., sent. 20641/2007; 9577/2012; 4291/2018).

Non è neppure condivisibile la prospettazione difensiva della ricorrente, secondo cui erroneamente la Commissione Regionale ha riconosciuto il diritto al rimborso al Saluzzo, nonostante, per essere un dipendente, il versamento delle imposte fosse stato eseguito dal sostituto d’imposta e non da lui. Anche su tale questione questa Corte ha avuto modo di affermare, superando l’opposta prospettazione dell’Ufficio, che in tema di misure a sostegno dei soggetti colpiti dal sisma del dicembre 1990 nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa, previste dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17 – come in seguito precisato sul piano normativo dalla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, nel testo novellato dalla L. n. 123 del 2017, art. 16 – octies, comma 1, lett. b), di conv., con modificazioni, del D.L. n. 91 del 2017 – anche il percettore di reddito da lavoro dipendente può esercitare il diritto al rimborso delle somme indebitamente ritenute alla fonte e versate dal datore di lavoro, in virtù della regola generale enunciata dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, che legittima alla presentazione della relativa richiesta anche il cd. sostituito, quale effettivo beneficiario del provvedimento agevolativo (Cass., ord. n. 4291/2018; cfr. anche 17472/2017).

Il diritto al rimborso trova peraltro conferma nella L. n. 190 del 2014, art. 1 comma 665, che costituisce norma di interpretazione autentica, sicchè i soggetti colpiti dal sisma del 1990 nelle citate province siciliane, i quali hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10%, previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, hanno diritto al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso entro il termine di due anni decorrente dalla data di entrata in vigore della L. n. 31 del 2008 di conversione del D.L. n. 248. Nel caso di specie l’Agenzia non ha contestato la tardività della domanda, ma tout cour, il diritto steso al rimborso.

In conclusione il ricorso è infondato e va integralmente rigettato. Alla soccombenza della ricorrente segue la condanna alla rifusione delle spese sostenute dal controricorrente, che si liquidano nella misura specificata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia alla rifusione delle spese del giudizio, che liquida in Euro 5.000,00, oltre spese nella misura forfettaria del 15% e accessori come per legge dovuti.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2019

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