Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34644 del 30/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2019, (ud. 03/10/2019, dep. 30/12/2019), n.34644

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10987/2017 R.G. proposto da:

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del direttore p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

Cointra s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Andrea Cutellè,

elettivamente domiciliata presso lo studio del proprio legale, in

Roma, viale Giulio Cesare, n. 95;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 6463/2016, depositata il 26 ottobre 2016.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 3 ottobre

2019 dal Cons. Salvatore Leuzzi.

Fatto

RILEVATO

che:

– La Cointra s.r.l., già Cointra s.p.a., in qualità di spedizioniere doganale, rappresentava in dogana la ditta “Compagnia Costume”, che commercializzava prodotti tessili importandoli da paesi extra UE;

– Lo spedizioniere veniva attinto da atti di contestazione e irrogazione di sanzioni, quale rappresentante indiretto della imporatrice, in ragione della rettifica, operata dall’ufficio, di bollette di importazione rispetto alle quali l’importatrice medesima dichiarava essersi verificato un errore di compilazione;

– Segnatamente i sei avvisi di accertamento emessi per maggiori diritti doganali dovuti afferivano, nella specie, la mancata congruità dei valori di transazione della merce importata ab initio riportati sulle bollette in questione;

– La CTP di Roma accoglieva il ricorso della contribuente, sul presupposto che lo spedizioniere fosse tenuto ad un mero controllo formale della documentazione, non anche ad un controllo sostanziale sulla congruità dei prezzi di vendita e dei valori dichiarati;

– La CTR del Lazio respingeva il gravame agenziale, sul medesimo, riassunto presupposto;

– Il ricorso per cassazione dell’Agenzia è affidato a un solo motivo;

– La contribuente si è costituita con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico mezzo di censura si lamenta la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del Reg. CE n. 2913 del 1992, artt. 29 e 201, nonchè del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11 e, infine, dell’art. 1176 c.c., per avere la CTR erroneamente ritenuto che lo spedizioniere, rappresentante indiretto, non sia tenuto ad un controllo sulla congruità del valore dichiarato;

Il motivo è fondato e merita accoglimento;

Giova premettere che nell’ordinamento comunitario è prevista dall’art. 5 C.D.C. la possibilità di farsi rappresentare presso l’autorità doganale, nelle forme della rappresentanza diretta ed indiretta (Cass. n. 7261 del 2019), una responsabilità per i dazi doganali inevasi può sorgere, in forza del combinato disposto dell’art. 201 e dell’art. 4, punto n. 18) C.D.C., anche in capo al rappresentante indiretto dell’importatore, il quale risponde in quanto dichiarante, a conferma che l’obbligazione doganale è legata al ruolo di dichiarante, ovvero di autore della dichiarazione doganale;

La centralità della figura del dichiarante è, poi, avvalorata dal Reg. (CEE) n. 2913 del 1992, art. 5, comma 4, secondo cui “la persona che non dichiari di agire a nome o per conto di un terzo o che dichiari di agire a nome o per conto di un terzo senza disporre del potere di rappresentanza è considerata agire a suo nome e per proprio conto”;

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte “In tema di tributi doganali, lo spedizioniere che presenta merci in dogana per conto terzi, ma in nome proprio, beneficiando dell’ammissione alla procedura semplificata di cui al D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 12, risponde, ai sensi del Reg. CEE n. 2913 del 1992, artt. 201 e 202 (Codice doganale comunitario), solidalmente col soggetto per conto del quale ha presentato la merce, di tutti i dazi, le imposte e gli accessori dovuti, a qualsiasi titolo, in relazione all’operazione commerciale, compresi gli interessi relativi, essendo tale figura di rappresentante indiretto in grado di valutare, anche per la propria preparazione professionale, la veridicità dei documenti trasmessigli e, quindi, consapevole dell’irregolarità dell’introduzione delle merci nel territorio della Comunità” (Cass. n. 15207 del 2019; Cass. n. 9973 del 2010);

Come già evidenziato da questa stessa Corte, di recente e condivisibilmente, in presenza di sottofatturazione, conseguente alla introduzione di merci con dichiarazione doganale redatta su dati rivelatisi falsi la quale, per effetto di indicazione di falsi quantitativi e falsi valori di transazione, abbia comportato la mancata riscossione anche solo parziale dei dati dovuti per legge, resta ferma la responsabilità del dichiarante a termini dell’art. 201, commi 2 e 3, CDC, essendo il fatto generatore dell’obbligazione doganale costituito dalla dichiarazione doganale accettata, laddove si rende applicabile l’art. 202 CDC nel solo caso in cui la merce importata non abbia alcuna relazione con quella oggetto della dichiarazione (v. Cass. n. 20589 del 2019);

Nel caso di specie la merce dichiarata era pacificamente proprio quella oggetto della dichiarazione, differendo, tuttavia, i valori di transazione; si versa, pertanto, nel caso dell’inserimento nella dichiarazione di dati relativi alla merce introdotta non rispondenti al vero, tali da comportare la erroneità della stessa in relazione ai valori di transazione applicabili, nel qual caso, l’inserimento nella dichiarazione doganale di dati non corrispondenti al vero, comporta la erroneità della dichiarazione doganale, per la quale non viene meno l’applicazione del regime di cui all’art. 201 CDC, ma al più si rende si rende applicabile l’art. 201 CDC, comma 3, che, ferma restando la responsabilità del dichiarante, estende la responsabilità tributaria anche alle persone che hanno fornito detti dati necessari alla stesura della dichiarazione e che erano o avrebbero dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della loro erroneità (Corte Giust. 19 ottobre 2017, C-522/16, punto 46);

Il primo motivo va, pertanto, accolto dovendosi ribadire il principio di diritto secondo cui, “in presenza di sottofatturazione, conseguente alla introduzione di merci con dichiarazione doganale redatta su dati rivelatisi falsi la quale, per effetto di indicazione di falsi quantitativi e falsi valori di transazione, abbia comportato la mancata riscossione anche solo parziale dei dati dovuti per legge, resta ferma la responsabilità del dichiarante a termini dell’art. 201 CDC, commi 2 e 3, essendo il fatto generatore dell’obbligazione doganale costituito dalla dichiarazione doganale accettata, laddove si rende applicabile l’art. 202 CDC nel solo caso in cui la merce importata non abbia alcuna relazione con quella oggetto della dichiarazione” (Cass. n. 5561 del 2019);

La CTR non si è attenuta a tali principi; la censura agenziale va, pertanto, accolta; la sentenza va cassata, con rinvio della causa per un nuovo esame alla CTR del Lazio, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla liquidazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa alla CTR del Lazio, per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione, il 3 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2019

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